Venerabili cretini/Quando la realtà copia i film

Tutti quelli come me appassionati di cinema avevano già visto le immagini che ieri sera provenivano da Capitol Hill. Come tutti quelli che hanno amato la serie americana “Homeland” aspettavano di veder comparire Carrie Mathison  e Saul Berenson, i due protagonisti, agenti della Cia, per sbrogliare la matassa. Invece vedevamo dei poliziotti molto simili a vigili urbani chiamati a presidiare una seduta del consiglio comunale di Vattelapesca, travolti da un’orda di energumeni tra i quali non riuscivi a distinguere il folklore dai violenti. Dal genio visionario di Matt Groening (I Simpson) nel 1999 era già stata creata la scena che ieri ha ferito l’immagine della democrazia americana: nel primo episodio dell’undicesima stagione (Oltre la sfera della cantonata) appare un Mel Gibson che, con l’aiuto di Homer Simpson, parte all’assalto del Congresso riunito, seminando terrore e distruzione con un fucile semiautomatico. Un senatore viene ucciso da Gibson, che lo infilza alle spalle con una bandiera americana. Nel 1996, in un altro episodio, venne presentato lo scenario inquietante dell’assalto a Capitol Hill: l’episodio parte dalle immagini televisive, seguite con attenzione dai Simpson in salotto, in cui manifestanti salgono le scale del Congresso in stile far west, sparando in aria all’impazzata, mentre qualcuno mostra una poderosa bomba a mano. Insomma, tutte le nostre fantasie più tragiche, i nostri incubi peggiori, le nostre paure più profonde che l’arte ci ha da sempre consentito di scaricare in una dimensione onirica, si stanno ora materializzando. Gli incubi divengono reali e se domani mattina troveremo un’astronave di alieni davanti a casa nostra non ci chiederemo più se siamo impazziti, ci faremo il segno della croce. La democrazia, nonostante tutti i film che l’hanno esaltata, non è una conquista definitiva degli uomini. Noi uomini siamo capaci di tutto, anche di tornare nel 2021 all’età della pietra. Questa piccola verità che abbiamo appreso in tutto il 2020 io l’ho declinata in maniera semplice e comprensibile, e vorrei che diventasse patrimonio comune dell’umanità (!!) Se al potere mandiamo cretini ( o narcisisti maligni o psicopatici è lo stesso), essi sono capaci di tutto. Ho scritto un monologo per comici stand up che parla di questo, si chiama “Venerabili cretini”, e parla di Hitler, Mussolini e di tutti i cretini che sono andati al potere e hanno combinato guai. Quello che dobbiamo ancora capire è il fatto che essi sono andati al potere attraverso le elezioni. Dunque, ecco il mio pensiero, se al potere o al governo mandiamo incapaci, essi saranno capaci di tutto. Gli Stati Uniti avevano già avuto un Presidente scemo (Bush jr) ma allora ci fu Dick Cheney come deus ex-machina, ci fu  l’ascesa dell’uomo “nell’ombra”  che a poco a poco prende in mano le redini del gioco (come Casalino con Conte). Quanto ai brogli elettorali, non si deve mai dimenticare che nell’epoca della post-verità una bugia ripetuta sempre ha il suo effetto. Prendiamo un altro imprenditore fallito, e perciò sceso in politica, Berlusconi. Tutti ricorderanno quale fosse ad ogni elezione il suo mantra: la sinistra imbroglia, se io perderò sarà a causa dei brogli. Trump ha portato alle estreme conseguenze questa tecnica di comunicazione che è vecchia quanto il mondo: se perdi la partita dai la colpa all’arbitro

DAL CORRIERE DELLA SERA
Come si chiama quella cosa che succede quando un capo di Stato rifiuta di riconoscere una sconfitta patita in libere elezioni e invita i suoi a marciare a migliaia sul Parlamento, e loro vi irrompono fino a costringere i rappresentanti scelti dal popolo, in altrettanto libere elezioni, a barricarsi e farsi proteggere — tragicamente — dalle armi, indossare maschere antigas e farsi scortare in un posto sicuro, mentre il suddetto capo di Stato non pronuncia una sola parola di condanna, anzi dice a chi ha violato il più sacro dei palazzi di una democrazia “vi amo, siete persone speciali”? E poi twitta “questo è ciò che succede quando una vittoria ampia e sacrosanta viene sottratta a dei patrioti”? In qualsiasi parte del mondo quella cosa la si chiamerebbe tentativo di colpo di Stato. Ma qui parliamo degli Stati Uniti d’America, del Campidoglio e una definizione del genere suona, forse, come un’enormità.

Ma un’enormità è quella che è successa ieri pomeriggio a Washington. Ed è un’enormità che la democrazia più potente del mondo e tutte le democrazie, soprattutto quelle meno potenti al mondo, pagheranno per anni, forse per sempre. Qualche commentatore statunitense lo diceva mentre ancora scorrevano le immagini della folla assiepata sulle scalinate del palazzo del Congresso: con che faccia l’America potrà criticare, d’ora in avanti, un Putin, un Lukashenko, uno Xi Jinping? Quanto facile sarà, di fronte alla minima critica (tipo sui 53 oppositori arrestati ieri a Hong Kong), ribattere che, parola di presidente americano, — e alla faccia di sentenze su sentenze che hanno certificato la regolarità dei conteggi — sono gli Stati Uniti, faro dell’Occidente, il Paese dove si rubano le elezioni e si truffano i patrioti?

“La cosa più importante, adesso — ha detto alla Cnn un ex consigliere di Obama — è capire se questa giornata è la fine di qualcosa, o l’inizio di qualcosa di peggio”. E a deciderlo non potrà che essere il partito repubblicano: sceglierà di tornare ad essere il partito della legge, dell’ordine, della difesa patriottica dei valori americani, o seguirà Trump nell’opera di distruzione sistematica di quell’America che prometteva di rifare grande? Starà con i Ted Cruz e le menzogne sul voto rubato, o con gli Arnold Schwarzenegger che ammoniscono  “i nostri nipoti ricorderanno i nomi di chi si è mosso contro il grande esperimento americano e la volontà degli elettori”? Chi ha votato contro Trump (da ultimo in Georgia, dove entrambi i seggi al Senato sono andati, contro ogni previsione, ai democratici) una risposta l’ha già data. Ora è chi ha votato per Trump a doverla dare. E in fretta. “L’America saprà reggere”, dice l’analista Charles Kupchan a Andrea Marinelli. Speriamo non si sbagli.

Il Congresso, nella notte italiana, si è già riunito di nuovo per certificare la vittoria di Biden. “A chi oggi ha seminato il panico nel nostro Campidoglio dico: non avete vinto. La violenza non vince mai, la libertà vince. E questa è ancora la casa del popolo” ha detto il vicepresidente americano, Mike Pence (a cui Trump aveva invano chiesto di non certificare il voto del Collegio elettorale, cosa che il vicepresidente non ha il potere di fare). “Non ci piegheremo all’illegalità o all’intimidazione. Siamo di nuovo ai nostri posti” gli ha fatto eco il capo dei senatori repubblicani, Mitch McConnell, parlando di “insurrezione fallita”. Forse sono i primi mattoni, per la ricostruzione.