Umbria, l’unica governatrice che non appare in tv

(Flavia Perina) Qui si racconterà lo strano caso dell’unico governatore che non abbiamo mai visto in tv, nelle dirette social, negli assalti contro le ragazzine plutoniche che vogliono andare a scuola, i missionari africani che si impicciano della sanità, i cinesi mangiatopi, i vecchi improduttivi. Qui si racconterà lo strano caso di Donatella Tesei, l’unico governatore donna del nostro Paese (d’ora in poi: governatrice) e anche il solo assente dalla lite tra galli vista nelle ultime settimane a proposito delle misure anti-Covid.

La Tesei governa l’Umbria. L’ha candidata la Lega, ma è una leghista fuori dal canone. Non si è accodata al fronte Toti-Fontana nel rifiuto polemico del lockdown, né a quello Fedriga-Bonaccini-Giani nel tentativo di schivare la Zona Rossa con misure regionali tanto creative quanto inutili, né tantomeno ai governatori-rockstar modello De Luca e al loro uso spregiudicato dei dati sull’epidemia.

In controtendenza rispetto a tutti i suoi colleghi maschi, anziché usare l’emergenza per rafforzare la sua forza politica e la sua visibilità mediatica ha cercato il dialogo con l’opposizione, ne ha ottenuto l’appoggio e ha costruito in Umbria un minuscolo esempio di gestione condivisa della crisi.

L’ultima risoluzione della Regione sulla lotta al virus è stato approvata qualche giorno fa con i voti di tutti, Centrodestra, Pd, Movimento Cinque Stelle e liste civiche. «Lavoro comune contro un nemico comune», c’è scritto. Il resoconto del dibattito fa sgranare gli occhi: consapevole, educato, giustamente allarmato per le conseguenze sanitarie ed economiche della crisi, solidale nel rifiuto di cercare capri espiatori per quel che non si è fatto o per quel che si poteva fare, preciso nell’indicazione delle priorità.

Cronache marziane, se confrontate a quel che abbiamo visto in Parlamento o nelle altre assemblee consiliari. Magari gli intenti unitari finiranno in cenere, magari la zuffa è dietro l’angolo. Ma lo strano caso di Donatella Tesei merita comunque attenzione perché contiene il germe di un sospetto, di una possibilità, largamente indagata sulla scena internazionale e assai meno da noi: e se le donne fossero i veri “uomini forti” del momento?

Uno studio di Forbes del giugno scorso aveva confermato l’opzione, mettendo a confronto il successo delle azioni contro il virus in Paesi con caratteristiche demografiche e socio-economiche simili. Ne aveva ricavato una oggettiva supremazia delle leadership femminili: nelle 19 nazioni governate da donne si sono visti meno contagi, meno morti, meno crisi, con punte di eccellenza assoluta nella Nuova Zelanda di Jacinda Ardern, dell’Islanda di Katrin Jakobsdottir e della Finlandia di Sanna Marin.

In Italia il potere femminile è troppo rarefatto per fare statistica – di governatrice ne abbiamo una sola – e tuttavia la gestione bipartisan dell’emergenza umbra, caso unico in Italia, autorizza l’interrogativo.

Donatella Tesei, peraltro, non è simpatica al mondo femminista. Esordì con uno scivolone (qualcuno dei suoi dice: una trappola del senatore Simone Pillon, commissario della Lega a Perugia) sull’obbligo di ricovero ospedaliero per la pillola abortiva RU486. Successe un putiferio, lei si sfilò di corsa dalla polemica: chiese direttive al ministero e al Consiglio di Sanità, le direttive arrivarono, la norma fu cancellata. Da allora in poi ha scelto il pragmatismo ed è sparita dai radar della comunicazione ideologica così cara ai suoi amici: non ha neanche una pagina Fb personale, parla solo attraverso quella della Regione.

L’Umbria è un territorio minuscolo, che non fa storia nell’epica nazionale dell’epidemia, focalizzata su ben altri numeri e potenziali disastri, e tuttavia lo strano caso della signora Tesei andrà periodicamente controllato.

È tra i pochi governatori ad aver attivato tutti i posti di terapia intensiva previsti (127) e ne sta allestendo altri 40. Ha accettato la collaborazione dell’esercito, tirando su un ospedale da campo a Perugia. Ha un’idea precisa sul picco dei ricoveri, che sarà raggiunto a fine settimana, e ha scelto di considerarlo priorità rispetto a ogni altro dato. Ha deciso di chiudere tutto la domenica, anche i negozi di prossimità, resistendo alle pressioni delle categorie.

Forse la sua diversità dal modello rissoso e parolaio dei colleghi uomini è solo momentanea, forse non approderà a nulla, ma al momento offre la conferma che c’è un altro modo di governare navi in tempesta (o almeno di provarci).