AL POPOLO PIACE IL PASSATO E ALLA SINISTRA IL NUOVO

Tornare fisicamente nelle periferie, nei luoghi di lavoro, tra i deboli, ripetono i Veltroni per sognare un pd che si sappia rinnovare. Ma sì, tornare nelle periferie, abbandonare centri storici e Ztl. Ma per dire cosa? Quello che la sinistra non ha capito lo ha spiegato bene Galli della Loggia:Il cuore del nazionalismo attuale, insomma, è costituito in tutti i sensi da una posizione polemica, perlopiù fatta propria dagli strati disagiati della società, contro il nuovo, contro la modernità. E allora si capisce la radice della difficoltà che ha la sinistra a farci i conti. Dimentica del Manifesto di Marx ed Engels, la sinistra, infatti, nel corso della sua lunga vicenda si è sempre più andata rafforzando nell’idea che a opporsi al nuovo, al cammino della storia (sempre infallibilmente positivo) non potessero essere che i grandi interessi, le classi dominanti, conservatrici per definizione, mai le classi inferiori. E che quindi il proprio posto non potesse che essere sempre dall’altra parte, a favore di ogni innovazione, comunque nelle schiere della modernità. Un calcolo sbagliato che rischia di esserle fatale (Corsera, 15/11/2019)La sinistra ha sempre pensato che i proletari avrebbero cambiato il mondo abbracciando la modernità e battendo la resistenza dei ricchi. Come fece la borghesia nel 1789 con la rivoluzione francese contro i nobili. La terra a chi la lavora contro il latifondo; l’impresa contro la rendita; la cultura, prima appannaggio di pochi, estesa al popolo; la stampa contro i monaci amanuensi; uno stabile lavoro alla catena di montaggio contro il lavoro agricolo pesante e soggetto al clima; la riduzione dell’orario di lavoro per avere più tempo libero; i diritti, dallo sciopero al sindacato al divorzio contro la famiglia cattolica indissolubile; le nuove famiglie allargate contro la famiglia mononucleare. Il nuovo è sempre stato il connotato della sinistra mentre la destra era conservazione, tradizione, rinchiusura, il gattopardesco “cambiare tutto per non cambiare nulla”.  Ma ad un certo punto la modernità e l’innovazione sono diventate (da quando la globalizzazione ha reso il mondo più piccolo) troppo veloci, incalzanti e obbligatorie. Gli strati più deboli della popolazione l’hanno percepite come minacce, perchè ad uno abituato alla bicicletta non puoi chiedere da domani di saper guidare un’auto e il giorno dopo un aereo. La cultura dei deboli non ha accolto più il nuovo, la tecnologia con il suo sviluppo incessante e rapido (sino ai robot nelle fabbriche e all’IA), i computer, la digitalizzazione, ma ne ha avuto paura. Una forma di luddismo del XXI secolo, il nuovo è ormai visto come un mostro perchè distrugge posti di lavoro, luoghi, comunità (i paesi si spopolano), valori antichi, e costringe a dover reinventare ogni giorno la propria vita. Si può cambiare partner e coniuge, i gay possono adottare un bambino, ci si sposta e si comunica con facilità ma nello stesso tempo nell’arco di una vita non si fa più un solo lavoro e si è costretti a cambiare spesso lavoro, residenza, padrone. La scuola non ti dà più un insegnamento definitivo che basti per tutta la vita ma si deve apprendere di continuo; la pensione non arriva  più presto per cominciare a fare i nonni; la vita si è allungata ma ti chiedono di continuare a lavorare quando già non ce la fai e non ne puoi più. Tutti i privilegi, il figlio che prendeva il posto del padre nella stessa ditta, un welfare generoso dove nelle farmacie potevi fare scorta di medicine gratis e nell’impiego pubblico potevi lavorare solo quando volevi, un tran tran metodico e a tappe, insomma la sicurezza, sono stati spazzati via da un mondo moderno che ha sconvolto qualsiasi certezza e reso tutto imprevedibile e insicuro. I  posti di lavoro si riducono,  i figli vivono peggio del padre e non avranno più una pensione, ogni lavoro è stato stravolto per cui la scuola non fornisce più alcuna conoscenza spendibile sul mercato e si limita a produrre inutili pezzi di carta che chiama diplomi, lauree, master, idoneità. Tutta la nostra vita quotidiana è diventata così incerta e precaria che del doman non v’è certezza. Tutto questo provoca aggressività e violenza, un risentimento che deve trovare sfogo contro un nemico. La nostalgia per il mondo che abbiamo perso e dove risiedevano le nostre certezze ci fa scoprire le cause dei nostri mali, che sono: i cambiamenti, l’euro, la razza, i politici, la casta, i migranti, il femminismo, i gay, gli ultimi e i diversi. La sinistra che vuole i cambiamenti e il nuovo, il multiculturalismo, la tecnologia, dunque sta dall’altra parte. L’operaio conosce 300 parole il padrone 1000 per questo lui è il padrone, spiegava don Milani. Bene, ma adesso non è più il tempo di darsi da fare per “elevarsi” di livello, le “elezioni” debbono dare il potere a chi conosce poche parole e si fa capire, uno vale uno e in tv voglio vedere uno che parla come me, che mangia come me, che rutta come me, che non si vergogna della sua ignoranza. Che ci vai a fare nelle periferie se quelli che vivono là non vogliono più cambiamenti, vogliono solo sentirti dire che si stava bene nel passato e vogliono che tu li riporti a quel passato?Se i conservatori oggi sono i tuoi proletari e non più i nobili e i ricchi? Se lo sviluppo e la crescita comportano costi che non si intendono sopportare? Se ti chiedono soltanto l’impossibile, cioè avere pasti gratis?