Il nuovo libro di Buno Vespa vedo che si intitola “Perchè l’Italia diventò fascista”. Appare quindi come un libro di storia, ma il sottotitolo aggiunge “Perchè il fascismo non può tornare”. Siamo quindi alla storia che dovrebbe illuminare la nostra cronaca attuale. Il dibattito sulle origini del fascismo è sempre attuale, è sempre un tema controverso, divisivo si preferisce dire, eppure sono passati più di settanta anni dalla nostra Costituzione.
Negli anni settanta il nostro Paese ha conosciuto la stagione dell’antifascismo militante in cui intellettuali, magistrati e vari gruppi estremisti chiesero lo scioglimento del Msi accusato di aver ricostituito il partito fascista. “Msi fuorilegge / a morte chi lo paga e lo protegge” era uno slogan. Ai nostri giorni lo scioglimento di CasaPound è stato proposto dall’Anpi e altri. Nel nostro Stato nato dalla Resistenza e dalla lotta partigiana vediamo che si ripropone ciclicamente la stessa identica questione. Cosa si deve fare contro tutti quelli che vorrebbero che il Ventennio tornasse con le sue pratiche in Italia, che un nuovo Hitler ricominciasse da dove aveva finito, che ebrei, comunisti, neri, omosessuali, rom, e oggi i migranti, venissero semplicemente liquidati, sciolti nell’acido, buttati dagli aerei in mare, sterminati?
Ci è del tutto evidente come nelle nostre società vivono milioni di individui con idee terribili, spesso ricavate da un passato che si vorrebbe tornasse o ricostruito a vanvera (i negazionisti dell’Olocausto), idee antiscientifiche (i vaccini, la terra piatta o le scie chimiche), luddiste, mistico-religiose, settarie. Il web tutte queste idee le presenta e le amplifica per una caratteristica che abbiamo ora imparato a conoscere, ciascuno vuol trovare solo conferma alle proprie idee e quindi nessuno di noi intende più ascoltare e confrontarsi con gli altri. Che cosa bisogna farne allora di tutti questi scellerati che popolano il mondo, che siano italiani o stranieri poco importa? Come li si può fronteggiare, arginare in una lotta che è ormai internazionale, senza confini? Se si riflette un momento l’alternativa è secca, si può con loro praticare il dente per dente, fare loro quello che loro vogliono fare ai loro nemici oppure distinguerci da loro. Se impediamo loro di scrivere, riunirsi, parlare, esprimersi, li spingiamo verso la clandestinità, dal momento che non possiamo mandarli al confino, in galera o ucciderli tutti. E allora l’unico modo saggio che abbiamo è quella che lo storico Ernesto Galli della Loggia ha chiamato “la regola aurea liberale”: le parole e le idee sono sempre permesse. Soltanto le azioni, se incarnano una fattispecie penale, vanno impedite e punite. Se crediamo nella democrazia, e cioè nel sistema meno imperfetto che gli uomini hanno appreso nella loro lunga storia, “tutte le opinioni devono essere libere di esprimersi, anche le più sciocche, crudeli o antidemocratiche. Ciò che è essenziale è che chi professa tali idee si limiti a divulgarle con la parola o con lo scritto senza far ricorso a mezzi violenti. In questo modo, infatti, quelle idee, per quanto funeste, urteranno infallibilmente sempre, alla fine, contro il buon senso della maggioranza e non avranno mai la meglio”. Ecco con queste parole dello storico spiegato il principio essenziale della democrazia liberale, la messa la bando della violenza attraverso leggi che puniscono con la necessaria durezza l’uso della violenza politica, cioè della violenza volta ad alterare il processo politico o ad aggredire chi la pensa diversamente. Un presupposto essenziale della democrazia è che gli esseri umani siano esseri mediamente assennati e ragionevoli e che di conseguenza basti il libero dibattito delle opinioni a far emergere tra di loro l’orientamento più conveniente e giusto facendolo risultare vincente.