Tre economisti, Esther Duflo, franco-americana di 46 anni, il suo compagno indo-americano Abjit Banerihee e l’americano Micheal Kremer hanno vinto il Nobel 2019. In particolare, “come risultato di uno dei loro studi, più di 5 milioni di ragazzi indiani hanno beneficiato di programmi scolastici di tutoraggio correttivo”. Nella motivazione si segnala come i tre vincitori “hanno introdotto un nuovo approccio per ottenere risposte affidabili sui modi migliori per combattere la povertà globale”; fra questi, “suddividere questo problema in questioni più piccole e più gestibili, come ad esempio gli interventi più efficaci per migliorare la salute dei bambini”.
Duflo e Banerihee, ancora giovani dottorati del Massachusetts Institute of Technology, chiedevano ai maestri di scuola di fotografarsi con gli allievi alla prima ora e poi dopo l’ultima ora di lezione: era uno stratagemma che — misurarono — riduce in modo drastico l’assenteismo degli insegnanti.
I problemi di Banerjee e Duflo erano gli stessi che continuava a porsi Michael Kremer: perché i bambini nelle scuole di campagna dei Paesi arretrati non imparano a leggere, a scrivere e a fare i conti? Perché non si vaccinano? Perché non prendono medicine contro i vermi intestinali, anche quando queste sono disponibili a prezzi bassissimi?
Domande terribili in un mondo in cui vivono 700 milioni di poveri e cinque milioni dei loro figli piccoli muoiono ogni anno. Ma i tre Nobel del 2019 poiché sanno di non sapere, scelgono un duplice approccio nella lotta alla povertà: non cercano teorie, formule e leggi economiche, non sono ideologici. Ci propongono un metodo che secondo me dovrebbe essere adottato dalla politica, nelle scuole e in ogni luogo di lavoro, per aumentare l’efficacia delle misure. Per esempio, isolano ogni grumo della povertà — le scuole, le epidemie, l’arretratezza tecnologica — e cercano di capirlo e scioglierlo attraverso inchieste e risposte concrete; perciò, guardando alla medicina o alla chimica, i tre sperimentano di continuo per capire cosa funziona e cosa no.
Uno degli studi più celebri fu condotto da Duflo e Banerjee fra duemila bambini del Rajastan dal 2004 al 2007. In alcuni villaggi, a sorteggio, è stata inviata una clinica mobile per vaccinare i piccoli; in altri è stata mandata la stessa clinica, ma i genitori avrebbero avuto un sacchetto di lenticchie se avessero accettato il trattamento per i figli; in un terzo gruppo di villaggi poi i vaccini erano disponibili solo negli ambulatori locali, dove regna l’assenteismo. Risultato: nei villaggi con gli ambulatori normali solo il 6% dei bambini si vaccina, in quello con la clinica mobile il 18% e in quelli con clinica mobile e lenticchie si arriva al 39%.