Le odiose prove comuni per classi parallele

Sarebbe interessante approfondire le ragioni inconsce che impediscono alla scuola militante di accogliere un concetto molto semplice che è questo: se non disponiamo di dati oggettivi nessuna diagnosi e nessuna terapia sono possibili. Il concetto detto così sembra difficile, ma significa solo che se per es. ad un uomo malato non misuri la febbre, la pressione, e non gli fai le analisi, se cioè non hai sul tavolo dati corretti, nessun medico  può capire cosa deve prescrivere. Per risolvere qualsiasi problema umano devi partire da dati obiettivi, per tutti gli altri problemi chiami gli agenti di X files.

Veniamo alle scuole e per comodità di esposizione immaginiamo una scuola molto piccola dove ci sono soltanto 3 corsi (A,B,C). Magari le prove Invalsi ai tredicenni hanno evidenziato alcune criticità, per es. che nella A ci sono solo alunni bravi, nella B alunni scarsi, e nella C gli alunni hanno copiato tra loro  (si chiama cheating, imbroglio). In questo caso allora gli ispettori del Nucleo di Valutazione, ma ancor prima la letteratura pedagogica, richiedono alle scuole e ai loro dirigenti interventi per migliorare questa varianza di punteggi medi tra le classi. Non è che per caso, ti chiedono, a monte stai formando -classi dei bravi- e -classi ghetto-? Il dirigente di solito risponde: no, sono i genitori che esigono determinate sezioni, per cui un gruppo numeroso di alunni pretendono di continuare a stare insieme nella stessa classe (in caso contrario, vanno via). Tralascio in questa sede di ragionare sull’ aspetto della formazione delle classi, limitandomi a dire che non sempre sono i genitori a pretendere una sezione specifica, ma spesso sono i dirigenti ad allestire la sezione fiore all’occhiello. A me interessa invece ragionare su cosa si deve fare dopo che le classi sono state formate (bene, male, così così) per evitare un altro e ben più grave problema che io chiamo “classi facili e difficili”. Dopo aver assegnate le rispettive classi ai docenti (ogni dirigente fa il vino con l’uva che gli hanno dato) occorre poi un controllo continuo per scongiurare il problema più grave della scuola italiana: l’autoreferenzialità di ciascun docente, libero come l’aria di insegnare come vuole (e questo è consentito) ma soprattutto quel che vuole. Per capirci subito, è chiaro che se un insegnante di  inglese  nell’intero ultimo anno delle superiori si limita a far cantare “We wish you a Merry Christmas” agli studenti e sulla base di questo unico “saper fare” assegna a tutti un bell’ 8, gli  “obiettivi specifici di apprendimento” previsti per il V anno del liceo scientifico  è come se non ci fossero (Lo studente acquisisce competenze linguistico-comunicative corrispondenti almeno al Livello B2  del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue.
Produce testi orali e scritti (per riferire, descrivere, argomentare) e riflette sulle caratteristiche formali dei testi prodotti al fine di pervenire ad un accettabile livello di padronanza linguistica).

In altre parole, anche ammettendo che un dirigente abbia formato classi troppo omogenee circa i livelli in entrata, un errore ancor più grave di questo sarebbe non intervenire per garantire a tutti gli alunni l’ offerta di pari opportunità formative. Lo strumento principale del dirigente per fornire a tutti gli alunni (bravi, asinelli, immigrati, ricchi, poveri) questa garanzia, sono le prove comuni per classi parallele, che sono una spinta gentile per : 1. definire in modo più puntuale i contenuti irrinunciabili di ciascuna disciplina; 2. redigere griglie di valutazione comuni per le singole discipline e prove; 3. sperimentare modalità collegiali di lavoro. Se facciamo a determinate scadenze prove comuni di materie varie alla IA, IB e IC, raccoglieremo quei dati obiettivi sui quali ragionare per migliorare. Immaginiamo che le prove parallele riguardino la matematica così è più facile fare esempi concreti. Fin qui, la teoria.

Ora purtroppo nella scuola italiana quasi mai una teoria è utile per orientare la pratica. Tutte le teorie, tranne una, la teoria deterministica: le cause dell’insuccesso scolastico sono sempre retrodatate, all’anno precedente o al grado di scuola precedente. Questa teoria ha una sola conseguenza, il determinismo, che spiego così: io prof del secondo anno “accerto” che l’alunno Tizio negli anni precedenti ha acquisito un livello 0. Che posso fare io per migliorare la situazione? Nulla. Pertanto Tizio è destinato a restare per tutto il suo corso di studi a quel livello. Non sarà possibile farlo migliorare dal livello iniziale. Il passato non si recupera più.

Avendo questa unica teoria in testa in pratica si verifica che le prove parallele siano lo strumento più odioso per molti professori (anche se non intendo generalizzare), tanto che in dipartimento non riescono a formulare nemmeno il testo della prova comune. Sono i contenuti infatti a dividerli. “Questo non l’ho fatto… questo è troppo difficile…”.

Le prove parallele dovrebbero essere infatti il frutto di una condivisione di obiettivi e finalità e si inseriscono nell’ambito della valutazione, momento cruciale dell’attività didattica e del ruolo docente. Fanno venir meno la possibilità a ciascun insegnante di fare ciò che vuole quando vuole circa lo svolgimento di un programma minimo. Ipotizziamo di essere ad aprile e che si tratti di dover scegliere la prova comune di matematica. Ci sarà allora il prof che vuole proporre agli alunni delle 3 classi quesiti semplicissimi, tipo addizione e divisione, e altri che propongono problemi risolvibili col metodo grafico. “Ma perché dobbiamo penalizzarli con i problemi?” dirà il ribassista. E aggiungerà: “Così nessuno prenderà 10″. Il rialzista obietterà: ” Ma non è che tutti debbano prendere 10 o buoni voti, debbono avere 10 solo i bravi…”. La discussione non avrà mai fine perché c’è chi è convinto che tutti gli alunni non vanno mai penalizzati. Mentre invece c’è chi ha sgobbato per distinguere gli alunni con competenze diverse e c’è chi non è in grado di spiegare nulla agli allievi per cui considera l’intera classe come formata da asinelli. Infine c’è chi considera tutto questo acqua fresca: sono docenti menefreghisti e dirigenti che non hanno ancora, nel 2017, capito che solo le prove parallele sono la risposta ad una scuola che lascia le cose come le trova.

Il coordinamento didattico lo si sviluppa attraverso queste tappe intermedie che pre-parano alle prove Invalsi, considerate necessarie per avere dati oggettivi che ti spieghino la situazione didattica. Ma siamo in Italia, e pertanto: o facciamo gli struzzi; oppure rompiamo il termometro, noi siamo sempre i migliori e nessuno può insegnarci nulla. Neppure un semplice strumento di misurazione. Noi, i migliori al mondo, misuriamo ad intuito, ad occhio. Basta un’auto-dichiarazione.