Eugenio Scalfari ci lascia proprio quando i nodi di una situazione politica che lui non avrebbe mai immaginato sono impossibili da sciogliere. Ai miei occhi (mi considero un lib-lab come lui, a dimostrazione di quanto egli abbia influenzato gran parte dell’opinione pubblica italiana), Scalfari è stato quello che è riuscito a rompere la conventio ad excludendum del Pci e vi è riuscito quando ha convinto Berlinguer che si sta meglio sotto l’ombrello Nato piuttosto che predicando la via italiana al socialismo o terze vie. Morto Berlinguer il processo (come tutti quelli storici si procede per secoli) si è arrestato e, per farla breve, ancora oggi abbiamo in giro comunisti alla ricerca della terza o quarta o quinta via, comunisti anticapitalisti anti americani antieuropei. Questi comunisti stanno anche dentro il pd e vanno d’amore e d’accordo con chi la pensa come loro, che si ritrovano nell’estrema destra, nell’estrema sinistra e nei 5Stelle. Passato il testimone nel 1996 a Ezio Mauro l’operazione “socialdemocratica” si è interrotta e il pd nato nel 2007 (Berlinguer era morto nel 1984) si è ritrovato dov’è ora, in mezzo al guado. Solo che Berlinguer aveva Scalfari come interlocutore e si è trasformato, il pd ha avuto Mauro come interlocutore e, per capirci, Mauro ha assunto le posizioni di un Bersani (o D’Alema che è la stessa cosa). La vecchiaia di Scalfari si è rivelata per la sinistra italiana un vero guaio in quanto dentro Repubblica e l’Espresso (cioè le creature di Scalfari) si sono riflesse le dinamiche presenti dentro il pd, senza nessuna mente che riuscisse a far operare la naturale svolta socialdemocratica (trovando nella Spd tedesca il proprio interlocutore). Anzi, senza Scalfari, la deriva è stata tumultuosa, con il rigetto di Renzi e con l’abbraccio ai grillini considerati un serbatoio di voti da recuperare. Ora, è a tutti noto che Franceschini è il capo (non tanto nascosto) del pd, e ciò spiega, con la sua bramosia del potere, perchè il pd sta sempre, con formule diverse, al governo. Anzi, come ministro della cultura sta facendo la guerra ai parchi eolici e all’energia pulita (solo un progetto eolico su 5 in Italia vede la luce, gli altri si scontrano con la burocrazia) d’amore e d’accordo con la decrescita felice dei 5Stelle, di cui è stato il massimo sponsor (ma ora, siccome lui deve stare sempre al governo, dovrà trovare il modo come sostituirli). E siamo arrivati al punto che Scalfari non ha potuto affrontare: il grillismo. Fate mente locale e vedete se trovate un 5Stelle capace. Uno solo. Vedrete che tutti i nomi che vi verranno in mente hanno già lasciato i 5Stelle. Se Scalfari nel 2008 (anno del primo Vaffa Day) avesse avuto 50 anni e non 84, certamente sarebbe stato come tutti quelli come me avversari dei grillini. Non sarebbe stato insieme con i Bersani, i D’Alema, i Travaglio, i Zingaretti, a blandirli, a consigliarli, ad accarezzarli.
Oggi che, finalmente, ci si avvia verso la divisione e del campo largo con i 5Stelle non si parlerà più, non possiamo che esaltare le capacità intellettuali di Eugenio Scalfari, il quale oltre ad un grande giornalista e imprenditore è stato capace di accompagnare l’anomalia del Pci all’interno della democrazia liberale. Uno Scalfari giovane a chi voleva aprire il parlamento come una scatoletta di tonno non gli avrebbe messo la mano sulla spalla in senso di amicizia e protezione. Questo per dire quanto Scalfari ci ha dato e quanto ci è mancato e ci manca.
Quando, ha scritto ad Aldo Grasso un forumista, racconteremo ai nipoti dei 5Stelle ci prenderanno per mitomani. Grasso ha commentato: Sicuro. Ma abbiamo le prove