Stanno rosicando un pò tutti dopo che a Eugenio Guarascio del Cosenza si è aggiunto un altro lametino, Felice Saladini, al timone della Reggina. Volevo scrivere qualcosa nei mesi scorsi anticipando tutti perchè finanche a me era giunta notizia dallo scorso anno che l’obiettivo vero di Saladini fosse prendere la Reggina. A metà marzo 2022 l’ex presidente Gallo, che poi è stato arrestato a maggio, disse in conferenza stampa: “Il grosso del debito che ha la Reggina è con l’Erario. Inps e Irpef derivanti dal periodo del Covid. Ci sono diversi modi per sanare quel debito che vale il 75% del totale. Il resto lo possiamo quantificare in 2,5 mln che non credo possa essere un problema per un club che ha investito 22 milioni di euro in tre anni”.
Quando senti queste cifre nel calcio non sai mai che valore dargli, possibile che Gallo abbia investito 22 milioni e abbia poi dovuto lasciare? Viene in mente il caso di Viperetta, Ferrero della Sampdoria, anche lui ha dovuto passare la mano solo perchè lo hanno arrestato, ma ormai il calcio in Italia è risaputo come venga gestito, dal vertice, Gravina della Figc, sino alle varie squadre, in modo cialtronesco. Se così non fosse, quanto meno l’intera serie A, affidandosi ad un manager di spessore, potrebbe ricavare dai diritti televisivi molto di più di quello che prima Sky e adesso Dazn riconoscono alla Figc (almeno quello che prendono in Spagna). Voglio dire che oggi i presidenti di calcio (non a caso l’emblema è Lotito, attuale dominus della Lega) amano mischiare insieme due asset, le proprie aziende e la squadra di calcio. Una volta i due settori venivamo mantenuti distinti, oggi si fondono per formare un’unica società. Il calcio dà popolarità, con una squadra in serie B e A l’imprenditore è riconosciuto da tutti, politica e società, e aumenta i legami. Il gioco vale la candela? Dipende dai risultati. Per gente seria come Percassi (Atalanta) o Vigorito (Benevento), abbiamo antichi globe trotter come Cellino (Brescia) o misteriosi Alexander Knaster (nato a Mosca ma americano di fatto) che ha comprato il Pisa. Il mio amico Guarascio a Cosenza ha un difficile rapporto con la tifoseria, perchè ogni tifoseria pretende con i soldi altrui di avere squadre competitive.
Con un finanziatore alle spalle magari tutti saremmo dei piccoli Galliani (ha portato il Monza in serie A), ma lo stesso Galliani al Milan quando Marina gli tolse il libreto degli assegni non riuscì più ad inventarsi nulla, perchè anche nel calcio fare le nozze con i fichi secchi è impossibile. Felice Saladini di Lamezia Terme, a soli 38 anni, è molto liquido con la sua MeglioQuesto SpA, una società quotata in borsa specializzata nella pianificazione di strategie e processi di vendita multicanale. Pur tuttavia nello scorso campionato con l’FC Lamezia Terme, nonostante una sontuosa campagna acquisti, si è piazzato al 4° posto in serie D perdendo la semifinale playoff contro l’Acireale.
Cosa voglio dire? Intendo dire una cosa che si capirà bene parlando di una squadra inglese. Mansour Al Nahyan, lo sceicco proprietario del Manchester City, per vincere sei anni fa si è affidato a Pep Guardiola. Cioè al numero 1 in assoluto, uno che ha diviso il calcio in due epoche, il calcio pre-Guardiola e quello post-Guardiola. Eppure un mese fa con l’ennesima eliminazione in Champions League a Madrid del rivoluzionario tecnico catalano, alla sua sesta stagione sulla panchina del Manchester City, lo sceicco ha rivisto ancora lo stesso film dell’orrore. Otto delle 11 eliminazioni di Guardiola in Champions League sono infatti arrivate con una squadra in grado di imbarcare gol in pochissimi minuti. Una storia iniziata nel 2010 a San Siro e ripresentatasi, forse nella sua veste più clamorosa, anche a Madrid contro la squadra di Ancelotti. Quell’Ancelotti, per giunta, che pochi anni fa De Laurentiis cacciò da Napoli come se fosse uno sprovveduto. Il calcio è questo, ma pochi lo capiscono in tutto il suo mistero. Non bastano i soldi, i grandi allenatori, i grandi calciatori, presidenti liquidi. Alludo alla fortuna? No, se i tifosi del Manchester City ragionassero come gli italiani, dopo l’eliminazione al Bernabeu avrebbero preteso la testa di Guardiola