La fragile democrazia italiana. Quelli che fanno sempre questioni di principio

E’ chiaro ed evidente che il binomio eletti-elettori in una repubblica parlamentare come la nostra sia inscindibile.  Come ha ricordato A. Panebianco «la democrazia vive fin quando la maggioranza dei cittadini sceglie, liberamente, di appoggiare leader democratici. Se, altrettanto liberamente, i cittadini scelgono di dare il loro consenso a leader non democratici la democrazia muore».

Si considerino i risultati di un recente sondaggio secondo cui il 35,7 per cento degli italiani parteggia per Putin anziché per gli ucraini e per l’Occidente. Ora, simpatizzare con Putin nel momento della guerra di aggressione all’Ucraina non è come esprimere, in tempi normali, un’innocua preferenza per l’uno o l’altro dei leader stranieri. È invece qualcosa di molto inquietante. Significa che una forte minoranza di italiani è schierata contro le democrazie occidentali, preferisce la tirannia alla democrazia o, per lo meno, non vede differenze. Una forte minoranza che un giorno potrebbe rappresentare, circostanze permettendo, la base di massa per qualche nuova avventura autoritaria.

Così tutto si spiega. Non bisogna commettere l’errore di pensare che quel trenta per cento di putiniani dichiarati sia tale perché manovrato da politici, che il putinismo, semplicemente, sia stato loro inculcato da quella parte della politica italiana che da anni amoreggia con Putin. Non è così. Anzi, è vero il contrario. Quei politici esistono perché il Paese è fatto così, perché i sentimenti antidemocratici sono sempre stati presenti e diffusi in Italia. Pensare il contrario significherebbe sopravvalutare la capacità della politica di influenzare le convinzioni del pubblico, trattare, per l’appunto, quei nostri connazionali da pupazzi manovrabili a piacere. Non lo sono. La loro presenza è spiegata dalla storia del Paese.

Non bisogna cioè cadere nella trappola di ragionare nello stesso modo in cui ragionano i partigiani nostrani di Putin. Chi detesta la democrazia, chi preferisce la tirannia, assume questa posizione perché crede che le persone comuni non siano in possesso di una autentica capacità di pensare e di volere.

Arginare gli antidemocratici non sarà facile. L’Italia sarà ancora coerentemente filo-atlantica dopo le elezioni del 2023? È lecito, al momento, avere qualche dubbio. E si ricordi che se e quando cambia la politica estera è improbabile che non ci siano ricadute, cambiamenti all’interno, nella vita pubblica del Paese.

Solo se si accetta il presupposto che il popolo non è manovrabile a piacere ed è il popolo ad eleggere buoni o cattivi suoi rappresentanti, si può capire la trasformazione che è avvenuta dalla prima Repubblica ad oggi. Luca Ricolfi lo ha messo ben in evidenza nei suoi libri. Il pci e poi i partiti nati da quella casa madre hanno sempre ornato la scelta elettorale a sinistra con il nastro dei principi morali.

E’ stato definito il “complesso dei migliori” e funzionava nel senso che il pci diceva: “solo noi sappiamo cosa è giusto, per cui chi vota per noi sceglie il giusto”. Il pci nella prima repubblica si presentava all’opinione pubblica affermando ‘noi siamo moralmente superiori’ alla dc. Ora dopo diversi decenni siamo in un’altra fase, i suoi eredi (il pd) pretendono addirittura di stabilire “come dobbiamo parlare, come dobbiamo comportarci, a quali valori dobbiamo inchinarci”. Per capirci, certi leader di sinistra ora parlano come se avessero lo stesso ruolo del Papa (potrei fare l’esempio di Rosy Bindi), confondendo ragione e fede, politica e morale. Semplici questioni pratiche diventano sempre dirimenti questioni di Principio.

Riepilogando, nel vecchio schema destra vs sinistra i comunisti si presentavano come i migliori, adesso si presentano come i “Buoni” mentre i cattivi immorali stanno dall’altra parte. Così facendo la politica diventa uno strumento molto delicato perchè ogni questione, anche la più piccola, diventa uno scontro ideologico, una sfida morale, un duello dove la ragione sta da una sola parte e il torto dall’altro. Ma anche quando le questioni diventano enormi come sta avvenendo per la guerra contro l’Ucraina, il duello vede all’opera un contendente che s’intesta il Bene (Comune), Istanze Superiori, Idealità Umane (i pacifisti insieme con certo mondo cattolico si presentano come portatori di istanze etiche).

Si è aperto ora con due avvenimenti (pandemia e guerra) straordinari e terribili un grande rimescolamento di carte che ha mandato all’aria la vecchia distinzione novecentesca tra destra e sinistra. Nel nome dell’antiatlantismo e dell’anticapitalismo estrema sinistra e estrema destra si sono ritrovati insieme. Era già successo con l’emergenza pandemica nella quale le stesse forze condividevano l’identico rigetto delle misure coercitive calate dall’alto. Nel nome del ripudio delle armi  (in un mondo dove le guerre aperte sono migliaia) uno schieramento che va dall’Avvenire al Manifesto predica le stesse identiche cose senza volersi misurare con la ragion pratica.

Come se non bastasse questo scontro politico ideologico che è nato per la presenza di due chiese in Italia, che spesso diventano una sola, e due ideologie sconfitte dalla storia ma che sono unite ancora oggi dall’odio per l’America, dopo la fine della prima Repubblica e il progressivo smantellamento dei partiti di massa avvenuto in Italia a partire da Mani Pulite degli anni novanta, il populismo a sua volta ha fatto una operazione semplice. In primo luogo ha fatto la guerra alla globalizzazione e riscoperto il sovranismo, la bellezza delle frontiere per cui “piccolo è bello” e “prima ci siamo noi”, l’America di Trump, l’Italia di Salvini e così via. Poi è  diventato bipopulismo perchè è passato dallo schema destra vs sinistra, allo schema sotto vs sopra. I politici, tutti, rappresentano la casta, e quindi vanno mandati a casa (Vaffa day), rottamati come voleva Renzi, e il popolo elegge i suoi rappresentanti sulla base di un programma “anticasta” e “antipolitica”. Basta sapere (sulla base di sondaggi d’opinione) cosa vuole il popolo e le issues politiche si costruiscono, così come nel 2018 seppero fare il M5S nel meridione e la Lega, attraverso il reddito di cittadinanza, il superbonus al 110%, quota 100 e il respingimento dei migranti.

Un inconsistente come Giuseppi, capace finora di governare con tutti, ha cominciato oggi la sua battaglia principale, quella sull’atteggiamento italiano rispetto alla guerra in Ucraina, con il nodo dell’invio delle armi alla resistenza contro l’armata della “Z”. È quello il terreno di scontro scelto da Giuseppe Conte per alzare il profilo e la visibilità del M5S. Ed è un terreno molto pericoloso, perché tira in ballo la stessa credibilità del Paese a livello internazionale. Non dimentichiamoci che fino a tre anni fa – con il governo Conte-Salvini – l’Italia era considerata la breccia attraverso la quale russi e cinesi stavano penetrando in Europa.