Mimmo Berardi, ovvero pregi e difetti del calabrese tipico

Sono stato un ammiratore precoce di Mimmo Berardi (1 agosto 1994, Cariati) tanto da aver creduto di poterlo vedere alla Juve qualche anno fa quando (lui aveva 19 anni) Marotta aveva trovato l’accordo con Carnevali acquistandone la metà. Ma oggi che tutti lo osannano in nazionale vorrei farlo capire un pò meglio di come viene tratteggiato. Magari non vi capiterà mai di vedere Bocchigliero, un paese di 1200 abitanti che si trova su uno sperone elevato, siamo nel Parco nazionale della Sila, la zona est della provincia di Cosenza. Domenico nasce là e muove i primi passi nella squadra locale. Successivamente si trasferisce con la famiglia sulla costa jonica, a Mirto Crosia, 10mila abitanti vicino Cariati, dove le spiagge sono bellissime.  Là entra nella  scuola calcio  “Il Castello”, dove viene segnalato agli osservatori della Juve, che gli fa firmare un accordo con opzione sul cartellino valida fino ai 14 anni. Nella stagione 2007-2008 disputa in prestito il campionato Allievi regionali con l’AC Rossano. L’anno seguente rientra alla base e trascina la squadra alle finali provinciali della categoria Allievi, dove si rende protagonista con due triplette. Nel 2009 è vicino ad entrare nelle giovanili del Cosenza, ma il trasferimento non si concretizza per via dei problemi societari della società silana.

Decide dunque di fare visita al fratello maggiore Francesco, studente fuori sede a Modena. Qui ha modo di fare un provino per la Spal, che non va a buon fine. La svolta arriva quasi per caso, quando, durante una partita a calcetto con gli amici del fratello, viene notato da Luciano Carlino, allenatore in seconda degli Allievi del Sassuolo, che lo segnala alla società neroverde. Il Sassuolo lo inserisce subito nelle proprie giovanili.

La storia di Mimmo comincia così e in queste ore lo ritroviamo agli Europei 2021 in cui Mancini lo schiera titolare preferendolo a Chiesa. Gli italiani, i giornalisti, gli opinionisti cadono dal pero e scoprono quanto sia bravo.

Il fatto è che Marotta lo aveva comprato ma lui alla Juve non c’è voluto andare, così come non è mai voluto andare in nessun altro club.

Il motivo è semplice, lui non ha accettato di andare in una squadra dove il posto di titolare non gli fosse garantito. Dal mio punto di vista, ha sprecato una carriera perchè non ha avuto autostima in misura tale da invogliarlo a misurarsi fuori dalla comfort zone. Se ogni giorno ti alleni con campioni cresci in fretta molto più che se stai anni in una squadra di provincia.

Il suo carattere e il suo “piccolo mondo antico” lo hanno fregato perchè si è fatto conoscere (ed apprezzare) a 27 anni quando a questa età doveva proporsi di fare il titolare in una grande squadra e giocare la Champions. E’ dunque la storia dei calabresi fieri e testardi, un pò cocco di mamma un pò presuntuosi, un pò altezzosi e un pò teneri, fragili e ostinati, stupidotti e ingegnosi allo stesso tempo.

Ma dal mio angolo è anche una lezione per le squadre italiane che sui giovani ventenni non puntano mai (come avviene in Gran Bretagna, Francia, Olanda e Germania). Guardate Kuluwseski e osservate tutte le difficoltà di inserimento nel suo primo anno juventino: gli hanno cambiato vari ruoli e dopo due mesi qualcuno voleva già mandarlo in prestito. I giovani alla Juve (e in Italia) sono sempre “in prova”. I Maldini, Bergomi e Donnarumma sono eccezioni in Italia. Da noi a 25 anni si è ancora considerati “giovani”. Alla Juve lo ha capito il francese Coman che volle andarsene al Bayern convinto che solo là sarebbe diventato titolare, mentre alla Juve ti comprano per poi far plusvalenze. Si pensi ai vari Caldara, Neto, Cancelo, Spinazzola, Perin, Zaza.

Dunque Berardi non ha voluto replicare l’esperienza del suo amico Zaza, che la Juve aveva preso già dall’Ascoli, portato a Torino e fatto giocare a spezzoni prima di essere trasferito qui e là. Solo che il nostro Mimmo avrebbe dovuto capire che il suo sinistro è ben diverso da quello di Zaza e che allenarsi e giocare con Pogba, Dybala (nel 2015) o Ronaldo è cosa ben diversa che imparare da (parole sue) “Magnanelli, Troiano, Paolo Bianco e il mister Di Francesco”.

Nel gennaio 2014 si poteva leggere (su calciomercato.it) il seguente brano: “Non solo top-player. Il calciomercato della Juventus da tempo è basato anche sulle giovani promesse mandate a farsi le ossa in giro per l’Italia o strappate in anticipo alla concorrenza. Come l’attaccante del Sassuolo Berardi, prenotato con largo anticipo dai bianconeri che ne hanno acquistato la metà quando tutte le big erano in fila per assicurarselo. Poi arrivano serate come quella di ieri con Berardi, che già si era messo in evidenza per tutto il girone d’andata, capace di affossare il Milan con quattro reti. E tutti si accorgono del lavoro sotto traccia della Juventus. Giustamente l’ad Marotta, parlando a Radio anch’io sport, gonfia il petto: “Dobbiamo guardare avanti senza accontentarsi del presente. Per farlo serve programmare, valorizzando i giovani esistenti. Assieme a me lavora Fabio Paratici che lavora e coordina tutti gli scout della Juventus. Grazie a lui si sono concluse operazioni come quella di Berardi. Sono sette i giovani che abbiamo mandato in prestito in Serie A, oltre ad un altro nutrito gruppo sparso fra Serie B e i campionati esteri”. Presto però per dire se Berardi sarà già juventino l’anno prossimo: “Il ragazzo è in comproprietà con il Sassuolo. Con Squinzi abbiamo rapporti ottimi e quindi sono convinto che porteremo avanti questa collaborazione. Al momento non so dire se Berardi farà parte della rosa della Juventus per la prossima stagione. Ancora non ha 19 anni e il passaggio alla Juventus è qualcosa di molto pesante per tutti”.