“Non si fa politica su una epidemia” dice Speranza (e lui invece cosa ha fatto?)

E’ del tutto evidente che l’eterno scontro ideologico italiano tra rossi e neri anche sulla pandemia si sta esercitando da molti mesi. Gli aperturisti sono i leghisti guidati dal Truce (appoggiano i ristoratori) mentre i  chiusuristi, forti dell’avamposto del ministro Speranza, sono di sinistra (appoggiano l’impiego pubblico dei garantiti che tranquilli lavorano da casa senza aver perso un euro). La battaglia dilaga e le truppe si combattono in tv, sui giornali, fra i virologi, nel Governo, nel Comitato tecnico-scientifico. Il coprifuoco è diventata la nuova linea del Piave! Siamo stati capaci di discutere la scorsa estate sui banchi a rotelle, sul metro tra un tavolo e un altro, sulle discoteche, oggi fascisti e antifascisti sono divisi da un’ora notturna.

La sinistra che non ama il privato e vorrebbe che l’intera industria italiana fosse statalizzata (altro che “economia mista”, direi sovietica), urla sempre verso il cielo: hanno smantellato la medicina territoriale perchè, guardate la Lombardia, hanno privilegiato gli ospedali privati! Pertanto uno si aspetterebbe dunque che Speranza di Leu avesse basato tutta la propria strategia  sui medici di famiglia. Invece no, come ha spiegato Luca Ricolfi, ” il problema numero 1 è che, ancora oggi, a 15 mesi dall’inizio della pandemia, non solo il medico di base non ti viene a visitare, ma non esiste un protocollo ufficiale di cure domiciliari nelle prime fasi della malattia se non il beffardo protocollo ministeriale “paracetamolo & vigile attesa”. Cioè: prendi una tachipirina e prega…“.

Così quando qualche giorno fa il TAR del Lazio ha dato ragione al Comitato Cura Domiciliare Covid 19, che aveva invocato il diritto/dovere dei medici di andare oltre le scarne indicazioni ministeriali, il Ministero della Salute – anziché adoperarsi per colmare i propri ritardi – non ha trovato di meglio che ricorrere al Consiglio di Stato per sconfessare il Tar e bloccare l’iniziativa dei medici. Insomma, ormai è ben noto che l’intasamento degli ospedali e delle terapie intensive è dovuto anche alla mancata riorganizzazione della medicina territoriale, che tuttora non è in grado di gestire a casa (e precocemente) un numero adeguato di pazienti. Ma Speranza finge di non saperlo. 

Un cittadino normale che ha la sfortuna di essere nato nella regione sbagliata, o la disgrazia di avere un medico di base che non visita a domicilio, o non vaccina, o rimanda ogni decisione alla ASL, crediamo davvero che sia interessato se riaprono i ristoranti o se il coprifuoco sia alla 22 o alle 23? 

Per chi si ammala, o teme di ammalarsi, o vorrebbe vaccinarsi, i problemi sono altri. Un discorso analogo vale per le cure mediante anticorpi monoclonali, che richiedono solo un breve passaggio in ospedale, e se usati diffusamente potrebbero evitare le molte ospedalizzazioni: con 150 mila dosi disponibili, le carenze organizzative oltre che l’intasamento degli ospedali, i pazienti trattati a fine marzo sono stati poco più di un migliaio.

Sui vaccini stiamo vedendo come va. Non si salva nessuna regione, dalla Lombardia alla Calabria. Forse il Lazio perchè Zingaretti ha trovato un buon assessore, Alessio d’Amato.

Così come c’era tutto il tempo necessario per mettere i medici di base in condizione di visitare, dotandoli di dispostivi di protezione individuale e di un protocollo di cure domiciliari efficace, così non si capisce perché le autorità sanitarie non siano state in grado né di gestire centralmente la campagna vaccinale (secondo l’articolo 117 della Costituzione) né di imporre alle Regioni regole comuni non derogabili (la vergogna della categoria “altro”) . Per non parlare del coinvolgimento delle farmacie nelle vaccinazioni, per cui praticamente nulla si è fatto fino ad aprile. Sul motivo per cui tutta la campagna vaccinale non sia stata fondata sugli studi dei medici di famiglia e  siano state preferite altre strade ho la mia idea: a vaccino un medico prende 6 euro, un dottore che lavora in un hub prende 80 euro all’ora.

Perché le cose sono andate così? Lo spiega benissimo ancora Ricolfi e riporto le sue parole:

“Perché, ancora oggi come un anno fa, il terrore di tutti non è il Covid in sé, ma la coscienza che, se ci ammaliamo, potremmo trovarci soli, appesi a un numero verde, e abbandonati da chi dovrebbe proteggerci? Perché, oggi come ieri, centinaia di migliaia di malati non-Covid sono costretti a rinunciare a una cura, a un ricovero, a un intervento, a causa degli ospedali sopraffatti dall’onda dei malati Covid? Se devo essere sincero, la mia risposta è: non lo so. O meglio: non lo so più. …Oggi mi pare che ci sia qualcosa di più sottile e al tempo stesso più devastante: l’incapacità di imparare dai propri errori, in modo da correggerli. Un comportamento che, a chi come me appartiene a una comunità scientifica, risulta semplicemente incomprensibile. Ma mi rendo conto che sono io fuori strada. Nella comunità scientifica gli errori, prima o poi, si scoprono. E chi ha sbagliato li riconosce. Se non lo facesse perderebbe la sua reputazione. Per questo la scienza va avanti.

Nella politica è diverso, almeno in Italia. Basta leggere l’accorata lettera-appello a difesa del ministro Speranza (“Io sto con Roberto”) circolata nei giorni scorsi per rendersene conto. Qualsiasi errore sia stato commesso, c’è qualcuno pronto a negare che sia stato commesso, o che sia stato un errore. L’intelligenza non viene usata al servizio della ricerca della verità, ma al servizio di una causa politica ritenuta giusta, e in nome della quale si può calpestare ogni evidenza empirica (e ogni tragedia). Gli errori non sono errori, ma questioni di “punto di vista”. Ideologico.”

Come dicevo all’inizio, in Italia la contrapposizione ideologica da guerra fredda, lo schema amico-nemico, ha resistito alla caduta del muro di Berlino. Chi sta con Speranza sta contro Salvini e viceversa. Vedo che in Calabria i parlamentari di tutti i colori sono stati ricevuti da Speranza dopo avergli indirizzato invocazioni e suppliche. Per quanto mi riguarda solo vedere in tv l’ultimo commissario che ci ha mandato, il buon Longo, mi parla di Speranza, della sua incapacità di decidere per il meglio. Lo avevo già scritto e lo ha ripetuto nientemeno che Santoro dalla Gruber, in Calabria non abbiamo bisogno di Generali o Prefetti di Ferro per la sanità: ma di grandi manager capaci di impostare, leggere e gestire un bilancio aziendale. Ribadisco: un manager che abbia governato grandi aziende private, da non confondere con un ragioniere o un commercialista. Il caso Arcuri dimostra che uno insediato dalla politica al vertice di aziende pubbliche (tipo Invitalia) è poco interessato ai risultati gestionali, tanto paga sempre Pantalone (quello che non ha capito l’economista Mazzuccato). Ma, appunto, chi difende Speranza, fateci caso, è ammiratore di Arcuri e di Conte. I nostri tre Infallibili che dal marzo 2020 rifarebbero tutto senza cambiare nulla.