Gli ex radical ma chic

Nessuno ricorda più, tranne Guia Soncini che ne ha scritto su Linkiesta, da dove derivi il termine. “Radical chic” fu l’articolo e poi libro in cui Tom Wolfe raccontava una cena a casa di Leonard Bernstein. La crème dell’alta società newyorkese si era ritrovata in un facoltoso palazzo di Park Avenue per raccogliere fondi in favore del gruppo rivoluzionario delle Pantere Nere.
Insomma, ha ragione la Soncini,” i radical chic, santo cielo, dovrebbero essere multimilionari con istanze politiche d’estrema sinistra, e invece in Italia l’aggettivo viene usato per definire insegnanti di lettere che dicano che forse è meglio non far affogare i profughi, mica la Giulia Maria Crespi”.

Tanti anni fa rientrava nella tipologia Giangiacomo Feltrinelli ma la sua non fu una fine di rivoluzionari da salotto. Oggi nessuno considera radical chic il figlio Carlo, nato nel 1962 e attuale amministratore delegato della casa editrice. Carlo è un imprenditore che stampa e vende libri, il suo impegno culturale e civile è tutt’uno con la sua attività industriale. In Italia “radical chic” non denota più i rivoluzionari da salotto ma è una semplice offesa che quelli di destra fanno agli avversari. In compenso io sostengo che vanno molto gli “ex radical, ma chic”.

Per esempio Giampiero Mughini, giornalista di Panorama per tanti anni e poi capace di far diventare moneta sonante la sua presenza fissa in tv come tifoso juventino ed ex di Lotta continua. Non è un imprenditore ma uno che si è inventato una parte televisiva. Come altri due ex di Lotta continua, Paolo Liguori, approdato tramite Berlusca nelle reti Mediaset, in quota tifoso romanista e direttore di Rete 4. E Gad Lerner, ex Espresso, Rai, Repubblica, ora al Fatto quotidiano perchè Elkan ha comprato Repubblica e lavorare per lui non sarebbe più chic.

Insomma a me gli “ex radical ma chic” appaiono quelli che fatturano per il personaggio che recitano. L’Italia dove la grande borghesia, la Confindustria, la dc, il Vaticano, le forze armate, i grandi giornali, la massoneria, i servizi, erano “anticomunisti” a qualsiasi prezzo, apostrofava i “radical chic”: sei ricco e stai con la sinistra?

Ma oggi col ceto medio proletarizzato e il Pd egemone solo nelle Ztl, non ci sono più radical nè chic. L’ultimo è stato Bertinotti, col portaocchiali sul petto (come Berlusca con i fogli in mano). Un vanesio. Pertanto oggi un nuovo Tom Wolfe in un salotto dove personalità del mondo dello spettacolo e della cultura – tra una tartina al Roquefort e un bicchiere di champagne – discutono in modo compiaciuto di razzismo e mee too partirebbe non dalle idee più o meno radicali, ma dalla vanità di quelli che riconosce perchè fatturano comparendo in tv. Togliete alla Gruber i radical chic, chi rimane? Luca Telese che ha problemi col nodo della cravatta?