Se il 98% dei deceduti per Covid ha più di 70 anni a chi occorre vaccinare per primi?

(claudio cerasa)… Significa che il 98 per cento dei deceduti per Covid registrati in questi dodici mesi ha avuto più di 70 anni. E significa che mai come oggi per tornare alla normalità è necessario che il governo centrale metta in atto un whatever it takes per evitare che le regioni continuino a scegliere in modo autonomo le categorie giuste da vaccinare a prescindere dalla loro età (all’inizio della scorsa settimana, tanto per fare un esempio, in Toscana su 458.184 vaccinazioni gli over 80 vaccinati sono stati 62 mila, gli operatori sanitari vaccinati sono stati 220 mila, mentre 8.500 sono stati gli operatori degli uffici giudiziari vaccinati e 7.500 le “persone particolarmente fragili”). Non aver vaccinato tutti gli over 80 e gli over 70 italiani subito, superando con tutti i mezzi a disposizione il federalismo sanitario, è stato forse il principale errore commesso in questi mesi di campagna vaccinale. E il fatto che le regioni possano continuare a fare quello che vogliono, inserendo nella lista delle proprie priorità sindaci, giornalisti, magistrati, avvocati, è una pazzia che, come ha riconosciuti ier anche Draghi, vale la pena affrontare di petto per una ragione semplice: il dramma della pandemia finirà quando il numero di morti quotidiano non sarà così differente da quello di un’influenza…In Italia ci sono 14 milioni di over 65. Due milioni di over 80 sono stati già vaccinati. Un governo ambizioso non è quello che promette di uscire presto dalla pandemia ma è quello in grado di promettere che dal 1° luglio l’Italia uscirà dall’incubo per entrare in una nuova normalità. 

(roberto gressi) Chi ha più di ottanta e più di settanta anni ha pagato il prezzo più alto a questa pandemia, lo sa bene soprattutto il Nord del Paese. Il rispetto per gli anziani che il virus non ha avuto è però legittimo aspettarcelo da chi ha il dovere di alzare le difese e di mettere in sicurezza, per primi, quelli che rischiano di più, i più fragili. Nel percorso faticoso dei vaccini è l’obiettivo più giusto e ragionevole, che però colpevolmente, nel fai da te delle Regioni, si va perdendo.

È vero che chiunque si vaccini, sia pure il più egoista e il più irresponsabile dei nostri vicini, riduce la possibilità di tutti di contrarre il contagio e avvicina il momento in cui la sfida al virus si potrà considerare vinta. Ma dare anche soltanto l’impressione che le furbizie di singoli o di gruppi di pressione possano servire a scavalcare le graduatorie, è inaccettabile. I princìpi generali di precedenza nei vaccini fin qui scelti sono inappuntabili: discutiamoli quanto si vuole, ma prima i medici e gli infermieri, che hanno fatto da ariete contro la falce del virus, e prima gli anziani, che hanno affrontato in solitudine la prova più grande, sono criteri che segnano la dignità di un Paese. Però è nelle pieghe di questi princìpi che in queste ultime settimane si sono fatte largo troppe storture e furbizie, che vanno fermate ora, sia perché non si mini la fiducia nello Stato, sia perché non siano ancora una volta i più deboli a dover fare da scudo contro il virus. In Toscana, sotto l’ombrello del «prima il personale sanitario», si sono vaccinati tanti amministrativi, magari giovani e in buona salute, che lavorano al computer da casa. Nel Lazio (che per altro, per primo, ha già protetto tutti gli ultra ottantenni) e in tante altre Regioni sono stati vaccinati docenti universitari che non vedono uno studente nemmeno agli esami, mentre tutelare chi insegna in presenza sarebbe più che legittimo. I magistrati qua e là si sono fatti sentire, alla ricerca di percorsi privilegiati. Il Molise ha voluto tutelare tra i primi i giornalisti, forse non da solo, la Lombardia ha sviluppato una fantasia dell’imbucato spesso privilegio di altre latitudini. La Sicilia combatte tra il sì e il no a seconda della forza d’urto di varie categorie: che siano commercianti, avvocati o altro. In Campania il presidente De Luca si è vaccinato per primo, per dare l’esempio. Poi ci sono quelli che bussano alle porte dei centri vaccinali, per vedere se è rimasta una dose che finirebbe per essere buttata via. Chissà perché tanti trovano la porta chiusa e pochi no. I Nas dei carabinieri indagano e la categoria «furbetti» si è già aggiunta alle innumerevoli inchieste che questa pandemia si porta dietro. Anche se non sarà facile venirne a capo, perché l’autonomia che il titolo quinto della Costituzione lascia alle Regioni dà il via libera a ogni giusta differenziazione ma anche a ogni astuzia. È vero che per quanto fastidiosi i salta fila del vaccino sono al momento ancora una minoranza. Però il governo li fermi ora, con regole chiare, ripartendo dall’anagrafe e da fragilità incontestabili. L’uguaglianza è sempre la medicina migliore. (Corsera)