L’altra storia del rapporto tra Maradona e Napoli

Di ogni genio noi gustiamo i capolavori e quello che ha fatto nella vita privata è del tutto secondario. Lo schema molti in questi giorni vogliono adoprarlo con Maradona. Purtroppo la storia del calciatore chiama in causa la malata società italiana. Dopo una settimana di insopportabile retorica cor core ‘n mano per celebrarlo ( il prototipo è Maurizio De Giovanni, scrittore di gialli) leggo finalmente un post sul Forum tv con Aldo Grasso sul Corsera.

“El Pibe visse a Napoli una brutta se non drammatica esperienza. Ci fu la camorra che gli procurava e vendeva la droga e a cui “cedette” lo scudetto stagione 87/88. Fu un tradimento, una vendetta? Ma andò così. I napoletani tutti, lo sanno. Non si parlava d’altro in città. Tante le imprecazioni contro l’idolo ed i compagni che lo assecondarono nell’infamia compiuta. Ha ragione Cabrini. Nell’atmosfera torinese o milanese probabilmente Maradona non si sarebbe “guastato”. Tutto sarebbe filato liscio (o quasi).
Il campione argentino non vedeva l’ora di lasciare la città. Dove si sentiva minacciato nonostante l’affetto e la venerazione dei più. Intellettuali compresi. Non meno travagliato poi risultò il rapporto con l’Italia tutta. Ai mondiali ’90, l’Olimpico gli fischiò l’inno nazionale e lui ricambiò con quel ” Hijos de puta!”. Oggi con la sua prematura scomparsa si torna a consumare tanta ipocrita retorica. E trovo perciò assai sensate la parole della Pausini. Ma si sa i media si precipitano sempre sulle notizie, sui fatti più “polposi”!
Maradona in campo ci ha fatto vedere cose strabilianti. Aveva come un terzo piede, ha detto qualcuno. Impressionante quel suo cross con il sinistro, scavalcando la caviglia destra! Roba che solo Maradona o Pelè potevano permettersi.
La Napoli onesta e affezionata oggi piange il suo mito. Ma purtroppo anch’essa tarda a liberarsi dal ricatto della camorra.
Comunque la morte mette una pietra sopra su tante cose. Ci penserà la televisione a ricordarci le fantastiche giocate del Pibe. Ma solo quelle”. (Antenna Ammainata)

Andiamo dunque a ricordare cosa successe nel campionato 1987-88 vinto dal Milan e nel quale Maradona fu capocannoniere con 15 reti. Il 10 aprile, a cinque giornate alla fine, il Napoli conduceva con quattro punti di vantaggio sui rossoneri, che non avevano saputo approfittare appieno di alcuni tentennamenti della capolista nei due mesi precedenti. Ma il Milan, a partire dalla settimana successiva, sfruttò il calo atletico (?) di cui furono vittime i partenopei inanellando tre successi che si rivelarono decisivi: il 17 aprile vinsero a Roma, mentre gli azzurri perdevano a Torino con la Juve; il 24 fecero loro il derby meneghino mentre i rivali pareggiavano a Verona; infine, nello scontro diretto del San Paolo, si imposero per 3-2 grazie alla doppietta di Virdis e a un gol di van Basten.

La crisi del Napoli, aggravata da una spaccatura all’interno dello spogliatoio fra una parte della squadra (i cosiddetti “ribelli di maggio”) e il tecnico Ottavio Bianchi, portò i campioni in carica allo sbando: i partenopei, che avevano perso solo due partite nelle prime 25 giornate, caddero quattro volte negli ultimi cinque turni e ottennero solo un punto sui 10 disponibili. All’ultima giornata al Milan bastò un pareggio a Como, il 15 maggio, per festeggiare uno scudetto che mancava da nove difficili anni e che sarebbe rimasto l’unico dell’era-Sacchi.

Naturalmente nessuno in questi giorni, alla tv e sui giornali, ricorda quel campionato vinto dal Milan. Il sindaco di Napoli, un altro pibe de oro che si chiama De Magistris, tutti gli intellettuali di sinistra napoletani, si guardano bene dall’accennare al povero Diego diventato prigioniero della camorra in quel di Napoli. Certo, se quel campionato l’avesse vinto la Juve e non il Milan, 2+2 fa 4 per cui qualcuno lo avremmo trovato per accostare camorra a Juve, ma il fatto è che il rapporto tra Napoli città e Maradona ha avuto due facce. In questi giorni tutti preferiscono parlare dell’amore tra Diego e i napoletani. Ma altri napoletani, di quelli che Eduardo e Troisi e Pino Daniele hanno per tutta la vita combattuto, a Maradona non gli hanno voluto bene. Dirlo non si può in questa Italia ipocrita metà della quale è controllata dalla mafia-massoneria che decide cosa si può scrivere e dire in tv.