TUTTO QUELLO CHE SALVINI NON SA

(Stefano Allievi lo spiega in un libro della Laterza) Perché ci muoviamo? Perché muoversi non è mai stato tanto facile, necessario e circolare: nel 2017 sono partiti 200 mila italiani e sono arrivati 119 mila stranieri. Perché si muovono loro? Fattori risaputi: demografia, clima, povertà, guerre. Perché proprio qui, e per fare cosa? A inizio 2018 c’erano in Italia 5.065.000 stranieri, di cui 3.714.137 non comunitari, più 2-300 mila irregolari. Gli arrivi sono in calo drastico da due anni. «Per mantenere costante la popolazione in età lavorativa (20-64 anni) l’Italia avrebbe bisogno di 325 mila lavoratori l’anno». Altro che «portano via lavoro»: «Solo il 30% degli italiani nati nel 1950 che va in pensione ora ha studiato oltre le medie inferiori. Mentre sono oltre l’80% tra i nati nel 1995». Gli stranieri sostituiscono gli italiani meno istruiti, gli italiani più istruiti vanno all’estero. Perché allora tanta paura? «Se una cosa è percepita come reale, sarà reale nelle conseguenze»: l’invasione non c’è, ma non ci sarebbero nemmeno i sovranisti se nessuno si fosse fatto beffe della sovranità. La domanda chiave è però perché arrivano in questo modo. Perché non ce ne sono altri: «Abbiamo regalato un intero settore merceologico alle mafie». In media i migranti pagano a loro, per venire da noi, tra i mille e i 2 mila dollari, ci impiegano 1,7 anni (1,7 anni!), hanno 27 anni, sono quasi tutti maschi poco istruiti. La cosa da fare è dunque riaprire i flussi legali, selezionati in base alle esigenze del mercato del lavoro, con vincoli («certificato penale pulito»), costi («biglietto aereo di ritorno preacquistato, assicurazione sanitaria prepagata»), punteggi («titoli di studio, lingue, parenti»). Finirebbe la farsa della distinzione tra richiedenti asilo e migranti economici: gli uni quasi tutti finti (ma i soli che diciamo di poter accogliere), gli altri quelli che ci servono (ma li respingiamo, costringendoli a spacciarsi per profughi). Ragionare di immigrazione, come si vede, si può. Quello che manca — non da ora — è uno scatto della politica.(Gianluca Mercuri, Corsera)