TRISTEZZA2 IL KARAOKE DEI CONVINTI

Il karaoke (da adesso: k) è uno strumento troppo sottovalutato, in realtà è stato un punto di svolta tra due epoche storiche. Prima del k noi eravamo spettatori e i cantanti veri li vedevamo in tv o su un palco. Dopo il k, siamo diventati tutti cantanti. Adesso canta tu. La barriera tra competenti e incompetenti, tra professionisti e dilettanti, è stata abbattuta, così tutti possiamo cantare perché sembra che in  fondo non sia così difficile, dai. Il k è uno strumento tecnologico diventato un simbolo dell’epoca narcisista in cui viviamo, quella di FB, Instagram, tutti social in cui, come fossimo tutti divi, attori, cantanti, modelle, ciascuno di noi può mostrarsi, apparire, recitare, svestirsi, pontificare. La stessa cosa è avvenuta con la politica che prima prevaleva sulla società, e adesso è stata, nel nome della lotta alla casta, asservita alla società. Il politico di successo oggi non è uno statista che guida il popolo, non apre il mar Rosso come Mosè, ma si presenta come uno del popolo. Ditemi cosa volete che io lo faccio, io non vi guido, mi metto dietro a voi ed eseguo le vostre indicazioni. Da leader ad esecutori testamentari. Che tristezza. Allora abbiamo sindaci k, ministri k, ingegneri k, che non sanno se un ponte può cadere, maestri k. Quanto è triste il k, lo abbiamo sperimentato in migliaia di occasioni. Mangi una pizza e ad un certo punto uno fa partire il k. Allora, lo avete senz’altro notato, si precipitano a cantare non quelli che sanno cantare, ma il popolo dei “convinti”. I convinti si cimentano stonando e rendendo qualsiasi canzone una storpiatura (le canzoni sono sempre quelle: Se bruciasse la città; Rose rosse; Sarà perchè ti amo), ma monopolizzano le serate rendendole le più tristi della (n)vostra vita. Domani sera ci facciamo una pizza? Sì, basta che nel locale non ci sia il karaoke.