“Competenze”: saper fare le porte di calcio

Vorrei fare un esempio molto molto banale per spiegare cosa significhi oggi saper fare bene il proprio lavoro. Si chiama competenza ma nelle scuole, non ci crederete, molti ritengono che sia concetto da contrastare perchè deriverebbe dalla terribile scuola-azienda. Dunque, in tutti i campi di calcio ci sono le porte che, come ogni cosa, hanno subìto un’evoluzione nel tempo. Oggi nei grandi stadi delle grandi squadre di tutto il mondo le porte sono diventate parallelepipedi rettangolari e le reti sono ben tese nei tre lati grazie a elastici fissati a due pali. Benissimo, è quello che vede ogni spettatore, dal vivo o in tv. La domanda che faccio è allora la seguente: per quale motivo in certi stadi italiani, dalla serie A alle serie minori, vediamo ancora porte con reti floscie (v. foto sotto), come si usava negli anni cinquanta? Non è questione di investimenti, o di materiali speciali. Occorre semplice manualità alla portata di tutti. Tutti sono in grado di farle basta che lo vogliano. Posso fare l’esempio di squadre come il Brescia o il Crotone, dove le porte non sono parallelepipedi a base rettangolare ma pentagoni, esagoni e via dicendo. Certo, è compito di semplici inservienti predisporre le porte, ma allora la domanda è: essi in che mondo vivono? Non guardano la tv, non viaggiano, non si confrontano con nessuno, sono fuori del mondo? Nessuno li controlla o consiglia? Ecco cosa è l’in-competenza, gente che fa le cose come le ha sempre fatte, non si aggiorna, non ama il cambiamento. Io le faccio così, vabbè? E nessun presidente che gli dica: le nostre porte debbono essere come quelle del Real Madrid, e sapete perchè? Non costa niente!

Per fare in qualsiasi stadio italiano una porta uguale a questa (che è a Londra) cosa ci vuole, una laurea al Mit, ad Harvard o ad Oxford?