I due campi di Maurizio Crozza

Maurizio Crozza (1959) comincio’ con il cabaret dei Broncoviz, ma divenne popolare su Mediaset con la Gialappa’s in Mai dire goal dove fece l’imitatore dal ‘96 al 2000. Dal 2017 ha lasciato La 7 per passare alla Nove. E’ un altro genovese, come Grillo, Paoli, De Andre’, per i quali i soldi nella vita contano ( i liguri sono gente oculata e parsimoniosa, la tirchieria essendo invece solo un luogo comune). La sua dote attoriale migliore (sulla quale ha costruito una carriera) e’ dunque l’imitazione e il one man show di “Fratelli di Crozza” si basa tutto sui personaggi che interpreta.

Gli storici fra 50 anni avranno buon gioco, mostrando stralci delle sue figurine, a spiegare ai posteri come e quando l’antipolitica del vaffa abbia sdoganato in Italia il bipopulismo. Crozza e’ attore bravissimo ad interpretare i suoi Briatore, Feltri, Marchionne, Calenda, De Luca, Razzi, Red Ronnie ma ormai, dopo tanti anni, e’ facile orientarsi nella sua pratica, divisa in due parti. Da un lato c’e’ l’espediente che io chiamo dei “crazy/full” (i mattoidi piu’ o meno scemi) e dall’altro quello caricaturale/politico che ha l’ascendenza nobile di Dario Fo e intende mischiare i tic verbali e posturali di un politico con quelle che Crozza ritiene siano le sue contraddizioni. In teatro il Fool rappresenta personaggi del popolo che usano le loro abilità teatrali e di parola (come i giullari di corte) per offendere o instillare dubbi e riflessioni nella mente dei personaggi di alta estrazione sociale, molte volte i Fool parlano per dare voce all’autore stesso, che può così esprimere il suo punto di vista. Crozza usa i Razzi, Feltri e De Luca come fool.

Poi ci sono le caricature (Meloni, Sangiuliano, Salvini, Tajani…), le quali come chiave hanno sempre una trovata iniziale (posso citare il booh che Crozza fa ripetere sempre a Calenda) che e’ l’iterazione comica per ridere del personaggio. Vecchissimo espediente comico, per esempio Alighiero Noschese quando imitava il giornalista napoletano Maurizio Barendson conduttore in tv di 90mo minuto di continuo si baciava una collana che portava sotto la camicia e che invece della croce aveva il ciuccio, simbolo del Napoli per il quale tifava. Crozza poi ci tiene particolarmente sia nelle sue introduzioni verbali che nelle interpretazioni a (di)mostrare il suo essere un “gruppettaro di sinistra”, non nasconde affatto (con il suo coautore Andrea Zalone) le sue simpatie politiche verso l’area dell’estrema sinistra italiana. Un comico, di qualsiasi epoca e luogo, e’ sempre fazioso, ed e’ bene che lo sia, ma nel caso di Crozza dopo tanti anni e’ facile dire che il suo filone piu’ riuscito (quello che lo valorizza meglio) riguarda i fool. Crozza, come tanti genovesi (Paoli, Villaggio, De Andre’) ci tiene particolarmente a mostrarci dove batte il suo cuore politico. Le sue caricature politiche possono essere avvicinate alle pretese di quei cantautori convinti che la canzonetta debba contenere un messaggio. Il famoso messaggio ad ogni modo lo coniugano sempre con l’amministrazione. Per non far nomi italiani, si pensi a Bob Dylan, il primo cantautore ad aver venduto tutto il suo repertorio ad una major per una somma smisurata. Poeta va bene, Nobel pure, ma sapersi amministrare e’ una virtu’.

Ricorda Stefano Cappellini che “Qualche anno fa uscì una lista di star meneghine accusate di non lasciare neanche un euro di mancia ai fattorini. Fedez, incluso nell’elenco, fece un video di risposta per dire che la mancia è il non plus ultra dello sfruttamento capitalista, che negli Usa la danno perché gli stipendi sono bassi. E concluse: «Questa lista puzza di fascio». La selettività dei filtri social: le liste puzzano, i soldi mai”.