Il grande sogno di noi maggioritari è finito

Il 2017 che finisce si porta via con la legge elettorale del 3 novembre, il Rosatellum bis, l’utopia di noi maggioritari, convinti di come il sistema politico italiano dovesse diventare maggioritario per ottenere stabilità e decisione, insomma dovesse diventare più simile al sistema anglosassone. Il collegio uninominale dove l’elettore sceglie il suo candidato e vince chi prende un voto in più. Il sistema elettorale dei sindaci, l’unico che in Italia funziona creando ricambio e stabilità. Con il Rosatellum si è tornati indietro, alla formula elettorale proporzionale e alla gestione «consociativa» del potere. Una strada che conosciamo, che abbiamo già percorso per circa cinquant’anni, fino al 1993, quando si cominciò a pensare che si potesse in Italia sapere qual è il governo la sera delle elezioni. Quest’ultimo obiettivo è divenuto ora irraggiungibile. Il governo sarà quello che le forze politiche in Parlamento riusciranno a costruire, a forza di negoziati e compromessi. La strada ora imboccata presenta, però, una ulteriore difficoltà rispetto a quella che abbiamo percorso dal 1946 al 1993. Allora gli accordi avevano al centro una forza politica, la Democrazia Cristiana, un partito che ha funzionato da perno, perché di maggioranza relativa e quindi sempre presente. Ora abbiamo perduto anche questo.

Tutto cominciò con il referendum del 9 giugno 1991, quello in cui Bettino Craxi invitò ad andare piuttosto al mare. Esso abolì le preferenze plurime (che oggi i D’Alemini rimpiangono, sic) e così ci fu la prima spallata ad un sistema politico messo in crisi dalla caduta del Muro di Berlino, un piccolo cambiamento che produsse un effetto devastante: milioni di voti, soprattutto meridionali, furono sottratti al controllo clientelare o criminale.

La seconda svolta legata al referendum su una legge elettorale arrivò il 18 aprile 1993, data simbolo della politica italiana. Quel giorno gli italiani decisero di cancellare il sistema di elezione del Senato, una scelta che fu interpretata come una svolta in senso maggioritario, antiproporzionale. Cominciò il nostro sogno, la stagione della Riforma finita nel 2017 con la Controriforma.
Rammentate bene i nomi. Alla vigilia del voto la maggior parte dei partiti si schierò per il maggioritario, mentre a favore del proporzionale rimasero Bettino Craxi (dimessosi da segretario del PSI due mesi prima del voto), Rifondazione comunista, La Rete, (che inizialmente aveva partecipato alla raccolta di firme in favore del referendum) e il MSI.

Ma i proporzionalisti in Italia non muoiono mai, li riconoscete da un piccolo particolare, parlano sempre in nome e per conto del popolo, ma  ne seguono  le indicazioni solo quando coincidono con i loro interessi. Ad agosto 1993 si approvò la legge detta Mattarellum, un sistema misto, maggioritario solo al 75%. L’attuale Sfinge che abbiamo come Capo dello Stato è stato ed è uno dei maggiori avversari dell’Utopia maggioritaria. Quella legge che porta il suo nome  “fu un tradimento delle indicazioni del presidente della Repubblica Scalfaro il quale aveva detto che il parlamento avrebbe dovuto scrivere la legge sotto dettatura, cioè scritta dal popolo col referendum. Ma il referendum introduceva il collegio uninominale, invece furono restaurate le liste di partito” ha dichiarato Mario Segni. I principali nemici del maggioritario infatti sono stati gran parte della sinistra dc, compreso Mattarella, fautori del proporzionale, e la cultura del partito comunista incarnata da D’Alema. Infine i costituzionalisti della costituzione immodificabile, che nacque e non poteva essere altrimenti poco interessata alla governabilità e molto alla rappresentatività. Se quasi 70 anni vi sembrano pochi per cambiare…

Quando nel ’99 perdemmo il referendum per l’abolizione della quota del 25% proporzionale, Franco Marini, dc poi presidente del Senato, disse: è cambiato il clima, è cambiata l’Italia, iniziamo la battaglia per tornare al proporzionale. E siamo ad oggi, sconfitta la riforma Renzi il 4 dicembre 2016, ci siamo ritrovati con il Rosatellum bis.

Oggi si torna al sistema dei partiti in una condizione di crisi irreversibile dei partiti. Ecco perchè i partiti antisistema avranno buon gioco. Una parte del sistema politico italiano non ha mai accettato il sistema bipolare e nella migliore delle ipotesi ha cercato di piegare la situazione alle vecchie logiche proporzionaliste. Ecco che archiviata la stagione in cui abbiamo tentato di portare l’Italia nel novero di Francia e Inghilterra, paesi dove il sistema è decidente, ci ritroveremo con un Paese ingovernabile e col debito pubblico record insostenibile, dove tutti vincono le elezioni ma nessuno riesce a formare un governo. Dove per mesi e mesi si porteranno avanti trattative prima di andare a votare una seconda e poi una terza volta. Non è un caso che entrambi i presidenti di camera e Senato, Boldrini e  Grasso, si ritrovano con D’Alema a magnificare la politica proporzionalista. Negli anni novanta era Craxi con Rifondazione comunista e la sinistra dc ad opporsi ai referendum di Segni e Pannella, oggi è il vecchio Pci, con Lega, M5s e Berlusconi (non  a caso risorto) che godono per questo ritorno alla prima Repubblica. Torna infatti il tempo in cui minuscoli partitini del 3% moltiplicheranno il loro potere ricattatorio, la loro utilità marginale, come avveniva con i repubblicani di Spadolini. Come avviene già ad ogni fine anno con la legge di bilancio in cui si riescono a far passare milioni regalati sotto banco a questo e quello, mentre un premier inglese presenta la sua legge ed essa viene approvata senza possibilità di alcuna variazione. Che dire? Ci abbiamo provato.

(nella foto: a sin. Bersani, un cretino doc,;  a dx. D’Alema, che sega sempre il ramo sul quale sta seduto. Lo slogan del Gatto&La volpe è: dietro al volto più accettabile di Gentiloni c’è il cuore duro del renzismo. Non ci si può accontentare delle buone maniere).