Insegnanti di sostegno, una giostra. Cambiano per il 60% degli alunni

«Altrimenti sono solo chiacchiere». Rimbombano ancora nelle orecchie, ai colleghi di Tuttoscuola, le parole di Giuseppe Valditara sul sostegno agli alunni disabili: «Intendo avviare una riforma del sostegno, serve una legge altrimenti sono solo chiacchiere».

È passato più di un anno: e la riforma? Numeri alla mano: i docenti di sostegno compresi quelli in deroga son saliti (ultimi dati 2022/23) a 220.204. «Più di tutti i carabinieri e tutti i poliziotti italiani messi insieme». Ma stando alle prime stime della rivista di Giovanni Vinciguerra lo strabiliante aumento di questi docenti, che nel gennaio 2017 erano 137.501, non avrebbe sanato il problema più grave. E cioè la girandola di insegnanti imposta ai bambini e ai ragazzi più fragili da un andazzo inaccettabile.
Dove il conflitto di interessi tra i legittimi diritti di chi insegna e i legittimi diritti di chi è disabile e ha la necessità assoluta d’una stabilità nei rapporti, si risolve quasi sempre (gli alunni e le famiglie non hanno dietro i sindacati, men che meno i partiti) a danno dei secondi. I quali, almeno nel 40% dei casi, secondo Roberto Speziale dell’Anfass, «sono affidati a docenti che non sono assolutamente dell’altezza di farsi carico di alunni affetti da problemi complessi».

Le competenze
Una percentuale che spesso, ricorda Stefano Belisari, cioè Elio delle Storie Tese, padre di un ragazzo autistico in nome del quale dà battaglia da anni, è forse più bassa: «Il problema è questo: gli insegnanti davvero preparati sul caso specifico di “quel” bambino, “quello” studente, sono pochissimi. Eppure la scuola è centrale. E non è vero che ci sono casi in cui è “inutile”. È sempre e comunque fondamentale».
Il fatto è che «vista la carenza cronica di candidati con le carte in regola», spiegano bene Gianna Fregonara e Orsola Riva nel loro libro «Non sparate sulla scuola» edito da Solferino, «il ministero è stato costretto a regolamentare un nuovo tipo di insegnante pronto per l’uso attraverso il meccanismo della Mad, la messa a disposizione: si tratta di studenti universitari o professionisti senza alcuna specializzazione, che in ultimissima istanza, quando i presidi non hanno trovato proprio nessuno, possono essere temporaneamente assunti come tappabuchi. Le scuole sono costrette a ricorrere alla Mad soprattutto per gli insegnanti di sostegno, perché quelli titolati sono pochissimi. La specializzazione per insegnare agli alunni più fragili (…) consiste in un corso di formazione superselettivo (il Tfa sostegno), ma i posti banditi ogni anno sono molti meno di quelli di cui ci sarebbe bisogno e sono concentrati nelle università del Sud, mentre le cattedre scoperte sono per lo più al Nord. Con il bel risultato che, in mancanza di docenti titolati, questi bambini e adolescenti che già partono in salita si ritrovano affidati a supplenti il più delle volte privi delle competenze indispensabili per essere davvero d’aiuto, grazie a deroghe che si perpetuano di anno in anno».

I numeri
Peggio: se a gennaio 2017 Tuttoscuola e le associazioni dei disabili denunciavano, con l’appoggio del Corriere, che il 43% degli alunni colpiti da handicap aveva subito sulla sua pelle la giostra di docenti, gli ultimi dati Istat rielaborati dalla rivista dicono che «la quota di alunni con disabilità che ha cambiato insegnante per il sostegno rispetto all’anno precedente è pari al 59,6%, sale al 62,1% nelle secondarie di primo grado e raggiunge il 75% nelle scuole dell’infanzia». Rileggiamo: 75%! Numeri che da soli, al di là della buona volontà se non dell’eroismo di moltissimi insegnanti che dedicano se stessi a tappare i buchi di un colabrodo, liquidano ogni blabla sulla bontà di una scuola che fu tra le prime, del lontano 1977, ad abolire le classi «differenziali» scommettendo (a parole) sull’integrazione.
Tutta colpa di Giuseppe Valditara? Troppo facile scaricare sull’attuale titolare del Ministero dell’Istruzione (e del Merito!) le responsabilità del degrado. Nei sette anni dalla prima denuncia, dove si parlava di 233mila alunni disabili che in teoria potevano contare su 96.480 docenti di sostegno stabili e 41.021 in deroga che allora costavano 5 miliardi l’anno, son passati cinque governi (Gentiloni, Conte 1, Conte 2, Draghi, Meloni) di ogni colore, tecnici compresi. E nel frattempo i bambini, i ragazzini e i ragazzi più fragili i cui genitori chiedono allo Stato un aiuto perché possano essere accolti con cura e attenzione a scuola e poi nella società son saliti nel 2023/24 a 311.301. E tutto mentre precipitava il numero totale degli iscritti.

Più casi
Sette anni fa, dicono i dati, c’erano nelle statali (infanzia, elementari, medie e superiori) 7.816.408 studenti. Quest’anno 622 mila in meno: 7.194.400. Fatti i conti, se allora c’era un ragazzino fragile ogni 33,5 alunni, oggi ce n’è uno ogni 23,1. Eppure, a dispetto dello spropositato aumento dei docenti di sostegno «non sono ancora noti i dati dell’anno in corso, ma, stando così le cose, quella percentuale di discontinuità per gli alunni con disabilità potrebbe avere già superato il 60%. E via così, “sempre più in alto!”», ironizza amarissima la rivista.
Ed è qui che tira in ballo il ministro. Poche settimane dopo essersi insediato infatti Giuseppe Valditara prese con la Federazione Italiana Superamento Handicap un impegno preciso: poiché c’erano «ancora troppe criticità» e «differenze tra il Nord e il Sud del Paese» e «troppi cambi di insegnanti durante il ciclo scolastico» occorreva subito una riforma. Altrimenti, appunto, «sono solo chiacchiere». Da allora, dice l’archivio dell’Ansa, su 1.469 agenzie con il suo nome nel titolo, il ministro è tornato a parlarne sì e no una manciata di volte.

E la famosa riforma? Ciao. Certo non gli soffia sul collo la presidente del consiglio. Da quando si è insediata, diceva ieri lo stesso archivio Ansa, è stata protagonista di 13.833 titoli d’agenzia. Ma di scuola, disabilità e sostegno (incrociando le parole) ha parlato solo a proposito di Caivano. Pochino, per un tema così…