Due conversazioni si stanno accavallando in Italia, senza che mai l’una getti un po’ di luce sull’altra. Parlo dei bonus immobiliari e dei suoi impatti surreali sul debito pubblico, per almeno 120 miliardi di euro; e del negoziato sulla riforma delle regole di bilancio europee, con l’Italia nel ruolo tradizionale del soggetto che si sente in qualche modo tradito (nel caso specifico, il governo accusa di slealtà verso la patria il commissario europeo Paolo Gentiloni). Non solo le due questioni sono legate, anche se non lo ammettiamo a noi stessi; soprattutto, vederle insieme riserva qualche lezione da meditare sul sistema politico italiano. Cercherò di spiegare perché.
Come tutto è iniziato
Per capire come nasce il colossale buco di bilancio dei bonus-casa bisogna fare un passo indietro di oltre tre anni, ai momenti più duri della pandemia. Il 6 maggio del 2020 l’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, dei 5 Stelle, annuncia la misura in un’intervista al Sole 24 Ore. L’articolo spiega che “da settimane Fraccaro lavora in silenzio alla norma che può far ripartire gli investimenti privati” e che “il sottosegretario a Palazzo Chigi ha messo a punto un testo”. Sono le norme sul Superbonus e al Sismabonus al 110% di credito d’imposta e il bonus facciate al 90%. “Vogliamo mettere i pannelli solari nelle case di tutti gli italiani – dice l’esponente dei 5 Stelle –. Puntiamo a un beneficio generale per la collettività”. Nell’intervista si annuncia una misura che stravolgerà la finanza pubblica per anni, senza presentare un solo numero né spiegare come e dove nasca quell’idea. Tutto sembra facile come bere un bicchier d’acqua.
Lo “studio” dell’Ance
Il giorno dopo si inizia a capirci qualcosa di più. Il 7 maggio 2020 arriva nelle redazioni dei giornali uno “studio” dell’Ance (Associazione nazionale dei costruttori edili) secondo il quale le norme di Fraccaro sarebbero “un bazooka da sei miliardi di euro”, capace di creare crescita economica per tre volte tanto: un calcolo che si sarebbe rivelato errato per difetto di almeno venti volte per quanto riguarda la spesa e in eccesso di almeno nove volte per quanto riguarda il moltiplicatore della crescita. Ma di questo parlerò più in dettaglio più sotto; ora mi interessa la genesi della misura. Testimoni diretti del governo dell’epoca mi dicono che Fraccaro abbia spinto moltissimo in quella fase, ma il fatto che l’Ance avesse già pronto uno “studio” a suo favore il giorno dopo l’annuncio suggerisce che l’Associazione dei costruttori abbia lanciato una legittima, quanto sistematica, azione di lobby su Palazzo Chigi per ottenere i bonus-casa. Dopotutto non sarebbe spettato a Fraccaro proporli, ma al ministero dell’Economia o a quello dello Sviluppo. Perché lo fece proprio lui?
Misura appoggiata da tutti i partiti
Certo è che in breve tempo l’intera classe politica fu conquistata. Non solo la maggioranza di centrosinistra di allora (inclusa Italia Viva di Matteo Renzi), ma tutto il centrodestra finì per appoggiare il nuovo sistema di crediti d’imposta. Lo spiega mirabilmente Pagella Politica. Nel 2021 l’attuale vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani chiese “la proroga del Superbonus 110% a tutto il 2023, esteso a tutti gli edifici e alle persone giuridiche (cioè, alle imprese, ndr)”. Sempre nel 2021 l’altro vicepremier, Matteo Salvini, si oppose ai tentativi dell’allora ministro dell’Economia Daniele Franco di limitare almeno una parte degli incentivi alle famiglie a basso reddito. Il leader della Lega dichiarò la misura “assolutamente efficace” dicendo che bisognava “rinnovarla, aumentando la possibilità della cessione del credito”. Quanto a Fratelli d’Italia, unica forza di opposizione nel 2021, appoggiò a più riprese questa specifica norma lanciata dal governo di Giuseppe Conte e tenuta in vita da quello di Mario Draghi. La deputata di FdI Monica Ciaburro ne chiese l’estensione “fino al 2025”; il deputato Fabio Rampelli criticò il fatto che Draghi e il suo ministro Franco cercassero di porvi degli argini.
Il problema dei crediti fiscali incagliati
In sostanza, il Superbonus ha catturato l’intero sistema politico italiano. Forse sarebbe più corretto dire che l’Associazione nazionale costruttori edili lo ha conquistato alla propria causa. Come abbia fatto, forse un giorno lo spiegheranno i protagonisti di questa vicenda. Eppure non era difficile capire che sarebbe stata una catastrofe: personalmente l’ho scritto varie volte dal 2021, mentre il problema dei crediti fiscali incagliati era evidente almeno dall’inizio di quest’anno; ma prima dei giornalisti, me incluso, era stato l’Ufficio parlamentare di bilancio a dare l’allarme. E’ stato tutto inutile, fino a quando non è stato troppo tardi.
L’azione delle lobby
Qui la vicenda interseca quella del Patto di stabilità, perché un’aberrazione del genere sarebbe stata inconcepibile se il Patto di stabilità non fosse stato sospeso a causa della pandemia e poi della crisi energetica innescata dalla guerra. Una lezione è dunque che in assenza di regole fatte rispettare da poteri indipendenti – in questo caso, Bruxelles – il sistema politico italiano non tende solo a prendere decisioni pericolose; soprattutto, risulta vulnerabile ai portatori d’interessi particolari – in questo caso, i costruttori – che trovano molto più facile intervenire sui governanti e catturarli con le loro proposte. Senza regole europee l’azione di lobby di minoranze organizzate, a danno di maggioranze ignare e distratte, diventa più efficace. Del resto i costruttori edili non sono i soli a esercitare questo potere di persuasione e a volte i gruppi d’interesse sono così efficaci da piegare le stesse regole europee. Da un decennio 26 mila concessionari delle spiagge e altri luoghi pubblici tengono in scacco un governo dopo l’altro. Per i taxi, dice tutto la difficoltà a trovarne uno, che perdura nelle città turistiche. E gli agricoltori restano l’unica categoria autorizzata a non emettere scontrino fiscale – in sostanza, autorizzata a evadere – in caso di presunte “vendite dirette” che in molti casi arrivano a migliaia di euro di fatturato al giorno.
I conti
Ma il superbonus resta l’esempio più straordinario. Nel febbraio del 2022 l’Associazione nazionale costruttori finanzia uno studio dell’importante centro studi Nomisma che magnifica l’impatto della misura. Il rapporto sostiene che la transizione energetica in Italia sarebbe impossibile senza superbonus e genera un “valore economico pari al 7,5% del prodotto interno lordo”. Lo studio atterra sui tavoli dell’intera classe politica e di centinaia di giornalisti e contribuisce ad alimentare il consenso, o almeno a sbarrare la strada al dissenso delle cassandre. Ma afferma il vero? Vediamo. L’Ufficio parlamentare di bilancio, istituzione indipendente italiana creata dal Patto di stabilità europeo, ha fatto i conti. In un’audizione alla Camera del 16 marzo scorso dimostra come, nel migliore dei casi, i bonus-casa hanno portato al massimo un euro di Pil in più ogni tre euro di debito in più che hanno scaricato sulle spalle delle prossime generazioni; o forse anche meno di un euro di Pil: esattamente l’opposto di quanto prevedeva l’Ance nel maggio 2020, quando sosteneva che ogni euro di sgravi avrebbe prodotto tre euro di Pil.
Un pessimo affare per (quasi) tutti
Quanto all’efficacia ambientale, non è difficile fare i calcoli. A differenza di quanto prevedeva Fraccaro nel 2020, quando annunciava pannelli sui tetti di “tutti gli italiani”, alla fine del mese scorso il Superbonus sembra aver raggiunto il 3,5% degli edifici italiani: appena 425 mila dei 12,1 milioni di edifici censiti dall’Istat. Poiché il credito d’imposta si giustifica solo con il miglioramento di almeno due classi energetiche, pari un calo medio dei consumi del 30%, si può stimare che il risparmio della bolletta energetica generato da una spesa di 86 miliardi di euro sia di circa mezzo miliardo all’anno: il consumo di energia delle famiglie quest’anno varrà infatti circa 50 miliardi. Di questo passo rientreremmo dunque nei costi tra un po’ più di un secolo e mezzo (se solo le tecnologie adottate potessero durare fino ad allora). La stessa Nomisma, nel suo studio, parla di un risparmio medio in bolletta di 500 euro all’anno: circa mezzo miliardo per il Paese, se si considera che molti edifici sono multifamiliari. Un pessimo affare per tutti, meno che per pochi. Poi però, ovvio, è sempre tutta colpa del Patto di stabilità brutto, sporco e cattivo.