3 scioglimenti senza alcun complotto

Alle soglie del nostro 50° compleanno, la politica viene di nuovo mandata in ferie. Le altre 2 volte è andata malissimo, e non per colpa nostra. Basti solo pensare alla vicenda di Borgo Antico. La politica lametina 2.0 gioca, lo scrivo da anni, in un campetto a parte dove sgambettano illustri signori al servizio di questo e quello. Comparse. Gli attori veri  del nostro film sono imprenditori-mafiosi (come a Catania, la città alla quale più assomigliamo) che fanno quel che vogliono sul territorio.  Insomma, gestiscono il potere. Studiate Catania e capirete davvero Lamezia. Oppure Ostia, solo che noi non abbiamo il mare. A Ostia oggi chi comanda davvero, i clan o la sindaca grillina? E’ proprio questa debolezza marginale e strutturale del ceto politico locale che fa immaginare ipotetici complotti politici. Se tanto mi dà tanto la Regione e città calabresi ben più grandi dovrebbero scioglierle ogni tornata.

Ma la ragione per la quale il complotto o la dissoluzione dello Stato di diritto sono semplici vaneggiamenti buoni per prendere in giro i semplici sta nella ripetitività degli stessi identici comportamenti politici per conquistarsi il consenso. Lo spiego diffusamente nella scheda allegata (RESET MEMORIA), adesso intendo solo mettere in luce un paradosso che ci ripetiamo da 2 anni. Il paradosso sta nel fatto che Mascaro, intenzionato a diventare sindaco, ha messo in campo ben 13 liste quando, per essere eletto, gliene bastavano al massimo 2. E’ un errore che lo stesso avvocato ha ammesso in questi giorni, ma che forse aveva capito già durante la campagna elettorale.  Se gli scioglimenti del 1991 e del 2002 sono avvenuti sulla base di nomi e cognomi di consiglieri comunali ritenuti vicini alle cosche, prudenza vorrebbe che un aspirante sindaco controllasse uno ad uno i nominativi delle liste. Ma controllare non significa guardare i carichi pendenti o i certificati, piuttosto informarsi su parentele e frequentazioni. Tutto qui. E’ molto semplice quello che vuole la legge, questa è la legalità. Tutto il resto sono chiacchiere. Per non essere sciolti occorre controllare le liste dei candidati. Allora si tratta di capire per quale ragione profonda avvocati avveduti ed esperti, dopo il primo scioglimento, siano caduti di nuovo nella stessa identica tagliola, quasi non fossero stati avvertiti e non fossero consapevoli  di quello che li aspettava. Probabilmente Mascaro con una sola lista col suo nome avrebbe vinto lo stesso, perchè l’elettorato voleva provare con la destra dopo i decenni con la sinistra. Bene, ma allora da dove nasce questa ingordigia di imbarcare tutti a portare voti se sai che non puoi controllare più nulla e nessuno? La mia risposta sta in un contesto storico, in un dato storico-politico che caratterizza Lamezia. Qual è questo dato? La comunità lametina non ha nè ha mai avuto una classe dirigente “autonoma” dal momento che il nostro elettorato si è sempre venduto ai voleri dei politici, catanzaresi e non, da sempre votati con un servilismo meschino. I politici non nascono dai fiori, ma sono espressione della società civile che li forma e gli dà il consenso. Come è possibile, cerco di farmi capire senza fare nomi intuibili, che il politico lametino Tizio, compare e sodale del politico forestiero Caio, apporti utilità a Lamezia se il suo compito è quello di procacciare voti a Lamezia per un illustre sconosciuto? Sta in questo scambio ineguale, in questo servilismo sciocco, la ragione per cui ci hanno tolto tutto, dall’autostrada all’università all’aeroporto all’ospedale, insomma ad una comunità hanno tolto la dignità perchè è trattata da gregaria.  Guardate come vive Catanzaro nel 2017. Con opere pubbliche, la sanità e il suo indotto. E come vive Lamezia nel 2017? Con l’attività economica della n’drangheta e qualche sussidio e impiego pubblico. Questo è il contenitore, la struttura. Il ceto politico nostrano è sovrastruttura liquida perchè la cd vita democratica a Lamezia non c’è mai stata in quanto i politici sono a Reggio, Catanzaro, Cosenza, Vibo, Crotone mentre a Lamezia ci sono sempre stati e ci sono i politicanti, “gli affiliati” di quei politici.  La politica lametina è sempre stata sotto tutela. Il tutore sceglie al posto del minorenne. Ricordate le elezioni del 2015? il Pd di Lamezia aveva un commissario di nome Soriero. E ricordate il 1969 quando si discusse della sede universitaria? Cosa diceva il Pci di Lamezia? L’università subito e al posto giusto. Qual è il posto giusto? ci chiedevano e i comunisti lametini non potevano rispondere la cosa giusta: Lamezia. Perchè succedeva questo? Perchè il ceto politico lametino è da sempre “al servizio di”. Cambiano i padroni negli anni, ma l’autonomia della politica  al servizio della nostra città non è contemplata. Noi non riusciamo ad uscire da una condizione di minorità avendo due tutori, la ‘ndrangheta che controlla l’economia e quindi il mercato del lavoro e i politicanti valvassori, al servizio dei politici veri. Così sono stati due assessori regionali lametini a spogliarci dell’ospedale, è stato un presidente del consiglio regionale lametino con Scopelliti a non muovere un dito in favore della sua comunità, per non considerare deputati e senatori, e adesso i vassalli vorrebbero prendersela con il  Ministro degli Interni, oggi di sinistra, Minniti, come nel 2002 fecero con quello di destra, Pisanu. Indicatemi un solo aeroporto internazionale che sia stato affidato ad un prefetto, al di fuori dell’aeroporto di Catanzaro-Reggio in S. Eufemia (se si leggono le intercettazioni, purtroppo poco conosciute, tutto il senso del mio discorso apparirebbe più chiaro). Se poi tanti nostri politicanti si danno arie e si pavoneggiano come se non fossero liquidi ma consistenti, per qualche posticino ottenuto appunto all’aeroporto, all’Arpacal, e in qualche ufficetto, è la dimostrazione di quel che scrivevo. Infine c’è un altro dato storico, conseguenza dell’introduzione del maggioritario, che è il seguente. L’elettorato lametino, proteso alle regionali e politiche a votare solo gli Estranei, alle comunali batte un colpo in un estremo sussulto di orgoglio. Tenta di scegliere. Grazie alla possibilità di poter scegliere direttamente il proprio sindaco, ha dato e replicato i mandati a due sindaci della sinistra, poi, stufo, si è rivolto a destra. Adesso tornerà a sinistra, ma il menu delle liste viene sempre confezionato dagli stessi, sulla base di comparaggi, clientele, famiglie numerose, voti comprati, intimidazioni, procacciatori. Insomma, solo alle comunali si riscontra a Lamezia una mobilità dell’elettorato, che per quasi due terzi è “tradizionalmente” democristiano e di destra. I lametini almeno alle comunali si sforzano di cambiare, e così si spiega l’anomalia di sindaci di sinistra messi alla prova per 20 anni (una vita), scelti per incarnare il cambiamento. Dopo 20 anni, anche Mascaro ha rappresentato il cambiamento ma la zavorra delle liste, degli apparentamenti, degli ultras, lo ha affondato in men che non si dica. Ecco allora che nel vuoto della vita democratica, perchè non basta sventolare bandierine e slogan, insulti e grida per far politica del bene comune, i destini di questa città da più di mezzo secolo li decidono sempre il vescovo, il procuratore della repubblica e le forze di polizia. Se sono buoni, sono un argine. Se non sono buoni, sono una penalità. I sindaci contano davvero così poco, giusto le televisioni se li contendono. Possono solo procurare o evitare dissesti, fare buona amministrazione, guidare il personale. Mascaro lo avrei voluto in una giunta giusto per controllare le spese. E’ quello che ha fatto meglio e non è poco. Resta l’interrogativo sul perchè abbia voluto fare questa esperienza che a nessun affermato professionista consiglierei. Di Renzi si dice che lo penalizza il carattere, ma il carattere è fondamentale per la leadership. Dopo il ballottaggio dissi a Tommaso Sonni, preparati, questi fra un anno si sfarinano. Sono stato precipitoso nell’analisi, ci hanno messo 2 anni e mezzo. Ma non so dire cosa sia stato peggio, perdere le elezioni o capire dove saremmo arrivati oggi, novembre 2017. Si tratta pur sempre di ripartire da zero. La sinistra non ricomincia mai da tre ma, lo vedrete e sentirete, sempre da zero. Come la destra, sempre intenzionata a vincere con ogni mezzo. Il passato non ci insegna mai nulla, e i sindaci candidati-vassalli verranno ancora sempre scelti dai politici delle altre città calabresi o a Roma. Ad ogni modo, per evitare un IV scioglimento occorre ricordare che nelle liste elettorali non possono candidarsi congiunti, sodali, partner, commensali fedeli di appartenenti alle cosche. Qualcuno penserà che sia una limitazione democratica, invece è la condizione necessaria per lo svolgimento della democrazia. Poi votano tutti quelli che hanno il certificato elettorale, certo, ma le liste vanno controllate nome per nome.

RESET MEMORIA  Secondo quanto previsto dall’art. 143 T.U.E.L., pluricitato dal sindaco, lo scioglimento dei consigli comunali può essere disposto “quando emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori”. L’avv. Mascaro di solito  preferisce fermarsi qui e non legge quello che segue nel testo dell’articolo: “….ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali, nonché il regolare  funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”.

In una città con la memoria non corta ma ormai azzerata, è forse utile richiamare i dati degli scioglimenti precedenti (1991 e 2002), dai quali si evince come non sia affatto vero che gli scioglimenti debbano o possano essere assunti sulla base di ipotetici atti di amministrazione favorevoli alle cosche. Nelle due precedenti occasioni  sono stati i consiglieri comunali eletti (gli organi elettivi citati dall’art. 143 T.U.E.L.) ad essere attenzionati dal Ministero degli Interni e ritenuti prove di possibile futuro condizionamento. La stessa identica cosa è successa nel 2015 e lo schieramento vincente di centro-destra ha continuato imperterrito ad infischiarsene. Dunque, rinfreschiamo la memoria (un libro utile di riferimento sulla situazione criminale lametina è “Fratelli di sangue, di Gratteri e Nicaso, Mondadori, 2009”)

1)Il consiglio comunale di Lamezia Terme è stato sciolto per mafia la prima volta nel 1991. Del consiglio comunale in carica, fu scritto nella relazione del ministro Scotti, democristiano, “fanno parte sette consiglieri in ordine ai quali sono emersi collegamenti diretti o indiretti con esponenti della criminalità organizzata“. Il consiglio comunale di Lamezia era stato rinnovato il 12 e 13 maggio 1991 ed era retto, al momento dello scioglimento, da una giunta Dc-Psi, con sindaco il democristiano Franco Anastasio. Nella relazione del ministro dell’Interno risulta inoltre che della giunta in carica avevano precedenti e pendenze penali quattro dei nove componenti.

2)Il consiglio comunale venne sciolto la seconda volta nel 2002, il sindaco di Forza Italia era l’avv. Scaramuzzino, e la relazione di Pisanu, ministro dell’interno del suo stesso partito, dichiarava: “Il quadro ambientale emerso dagli accertamenti risulta caratterizzato dagli stretti rapporti di parentela di due consiglieri comunali in carica con altrettanti elementi del disciolto consiglio, a suo tempo indicati nel provvedimento di rigore come gravitanti negli ambienti mafiosi e rinviati a giudizio nel 1995 per il delitto di cui all’art. 416-bis del c.p.; altro consigliere, già facente parte del disciolto consiglio ed indicato nel provvedimento di rigore quale beneficiario di voto di scambio in occasione delle elezioni del 1991, è entrato in consiglio nel luglio 2002. Rapporti di parentela e affinità con personaggi appartenenti o vicini alla criminalità organizzata sono riconducibili ad altri quattro consiglieri, eletti nelle recenti consultazioni. Concorre a delineare la particolare situazione dell’amministrazione il prossimo ingresso in consiglio comunale di un soggetto attualmente sottoposto a custodia cautelare in carcere per il reato di usura. Il medesimo, già agli arresti domiciliari, si è vista respinta il 28 settembre 2002 l’istanza di riesame dalla Corte di cassazione la quale ha specificatamente motivato con la incontrovertibile sua pericolosità sociale. Come ampiamente esposto nella relazione conclusiva dell’accesso e dagli elementi emersi dagli ulteriori approfondimenti svolti su taluni aspetti della stessa relazione, cui si rinvia integralmente, anomale cointeressenze nella gestione amministrativa dell’ente si rilevano dalla situazione di alcune società partecipate dal comune. E stato, infatti, messo in evidenza come, durante l’attuale gestione amministrativa, presso tre di queste, fra cui anche una società di cui il comune detiene la maggioranza del capitale sociale, sono stati assunti soggetti con pregiudizi penali. In particolare in una società, costituita per la gestione dello scalo aeroportuale, di cui il comune detiene il 20% del capitale, risulta assunto per chiamata diretta il congiunto di un personaggio di vertice di una cosca locale”.

Come si capisce dalla lettura, alla base degli scioglimenti non viene posta l’attività amministrativa del sindaco e della sua giunta, il suo operato antimafia o negazionista, ma lo svolgimento della competizione elettorale e il suo risultato. I consiglieri eletti vengono analizzati e così la composizione delle liste. Quando si ritiene che le clientele o i gruppi di pressione criminali abbiano portato in consiglio soggetti legati alle cosche scatta il campanello di allarme. Come abbiamo visto per ben tre volte, ci sono amministratori e giuristi che di questa procedura, giusta o sbagliata che sia, non s’importano. Si dichiarano onesti e certamente lo sono, ma sembra che non far entrare nel consiglio comunale elementi vicini alle cosche non sia compito e responsabilità loro. La domanda finale e il monito per il futuro allora è: chi deve assumere su di sè questo compito se non l’aspirante sindaco?