Se vi interessa davvero capire la guerra in Ucraina

Caro Jeffrey Sachs,
siamo un gruppo di economisti, tra cui molti ucraini, rimasti sconvolti dalle sue dichiarazioni sulla guerra russa contro l’Ucraina. Per questo ci siamo sentiti costretti a scriverle questa lettera aperta per affrontare alcuni travisamenti storici ed errori logici nelle sue argomentazioni. In seguito alle sue ripetute apparizioni nei talk-show di uno dei principali propagandisti russi, Vladimir Solovyov (che oltre a chiedere di cancellare le città ucraine dalla faccia della terra, ha invocato attacchi nucleari contro i paesi della Nato), abbiamo esaminato gli interventi sul suo sito web e abbiamo notato diversi schemi ricorrenti. Di seguito, desideriamo segnalarle questi travisamenti e la nostra breve risposta.

Schema n.1: negare l’autonomia dell’Ucraina
Nel suo articolo “La nuova economia mondiale” del 10 gennaio 2023, lei scrive: “E’ stato, dopo tutto, il tentativo degli Stati Uniti di espandere la Nato alla Georgia e all’Ucraina a scatenare le guerre in Georgia (nel 2010) e in Ucraina (dal 2014 a oggi)”. Allo stesso modo, nel suo articolo “Cosa l’Ucraina deve imparare dall’Afghanistan” del 13 febbraio 2023, lei scrive: “La guerra per procura in Ucraina è iniziata nove anni fa, quando il governo statunitense ha appoggiato il rovesciamento del presidente ucraino Viktor Yanukovich. Il peccato di Yanukovich, dal punto di vista degli Stati Uniti, è stato il suo tentativo di mantenere la neutralità dell’Ucraina nonostante il desiderio degli Stati Uniti di espandere la Nato per includere l’Ucraina (e la Georgia)”.

Mettiamo le cose in chiaro sugli eventi storici del 2013-2014, a cui lei accenna nelle dichiarazioni disinformate sopra citate: l’Euromaidan non ha nulla a che fare con la Nato né con gli Stati Uniti. La protesta iniziale è stata scatenata dalla decisione di Viktor Yanukovich di non firmare l’accordo di associazione Unione europea-Ucraina, nonostante l’accordo fosse stato approvato dal Parlamento ucraino con una maggioranza schiacciante e godesse di un ampio sostegno tra la popolazione ucraina. La scelta del regime di Yanukovich di rispondere picchiando brutalmente i manifestanti pacifici (per lo più studenti) nella notte del 30 novembre 2013 non ha fatto altro che allontanare ulteriormente la popolazione e intensificare le proteste. Dopo l’adozione da parte di Yanukovich di una serie di leggi che vietavano la libertà di stampa e di riunione (comunemente definite “leggi della dittatura”), nel gennaio 2014, l’Euromaidan si è trasformato in un movimento più ampio contro l’abuso di potere e la corruzione del governo, la brutalità della polizia e la violazione dei diritti umani, a cui oggi ci riferiamo definendola la Rivoluzione della dignità. L’adesione dell’Ucraina alla Nato non è mai stata un obiettivo di questo movimento. Pertanto, i suoi tentativi di ricondurre l’inizio della guerra alla Nato sono storicamente inaccurati. Inoltre, trattare l’Ucraina come una pedina sullo scacchiere geopolitico degli Stati Uniti è uno schiaffo ai milioni di ucraini che hanno rischiato la vita durante la Rivoluzione della dignità.

Schema n.2: la Nato ha provocato la Russia
Lei sottolinea ripetutamente che l’espansione della Nato ha provocato la Russia (“La Nato non dovrebbe allargarsi, perché questo minaccia la sicurezza della Russia”, dalla sua intervista a Isaac Chotiner del New Yorker del 27 febbraio 2023). Vogliamo metterla in guardia su alcuni fatti. Nel 1939, furono l’Unione sovietica e la Germania nazista a invadere la Polonia. Nel 1940 fu l’Unione sovietica a invadere i Paesi baltici. Nel 1940 fu l’Unione sovietica ad annettere parti della Romania. Nel 1956 fu l’Unione sovietica a invadere l’Ungheria. Nel 1968 fu l’Unione sovietica a invadere la Cecoslovacchia. Polonia, Estonia, Lituania, Lettonia, Romania, Ungheria o Cecoslovacchia non hanno invaso la Russia o l’Unione sovietica. Da questi paesi non proveniva alcuna minaccia, ma questi paesi sono stati attaccati dall’Urss/Russia. Ecco perché questi paesi sono voluti entrare nella Nato. Da quando sono entrati nell’Alleanza, nessuno di questi paesi è stato più attaccato dalla Russia. Proprio come questi paesi, l’Ucraina (il cui bilancio militare era di appena 2,9 miliardi di dollari nel 2013, prima dell’aggressione militare della Russia) vuole avere sicurezza e pace. Non vuole essere nuovamente attaccata dalla Russia (il cui bilancio militare nel 2013 ammontava a 68 miliardi di dollari). Dato che l’accordo dell’Ucraina di rinunciare alle armi nucleari nel 1994 in cambio di “garanzie” di sicurezza da parte di Stati Uniti, Regno Unito e Russia (!) non ha impedito l’aggressione russa, attualmente l’unica garanzia credibile è l’adesione alla Nato.

Vogliamo anche attirare la sua attenzione sul fatto che la Finlandia e la Svezia hanno chiesto l’adesione alla Nato in risposta all’aggressione russa, eppure la Russia non si è lamentata dell’ingresso di questi due paesi nella Nato. Neanche lei sembra particolarmente preoccupato dell’ingresso di questi due paesi nella Nato. Questo trattamento differenziato tra Ucraina e Finlandia/Svezia legittima le “sfere d’influenza”, un concetto che sembra adatto all’epoca degli imperi e non all’èra moderna.

Schema n.3: Negare l’integrità sovrana dell’Ucraina
Nella sua intervista a Democracy Now! del 6 dicembre 2022, ha dichiarato: “Quindi, la mia opinione è che (…) la Crimea è stata storicamente, e sarà in futuro, effettivamente, almeno de facto russa”. Le ricordiamo che l’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014 ha violato il Memorandum di Budapest (in cui la Russia prometteva di rispettare e proteggere i confini ucraini, compresa la Crimea), il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione (che la Russia ha firmato con l’Ucraina nel 1997 con le stesse promesse) e, secondo l’ordinanza della Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite, ha violato il diritto internazionale. In qualità di membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, la Russia avrebbe dovuto proteggere la pace, invece ha violato il principio fondamentale delle Nazioni Unite (articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite: “Tutti i membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi stato, o in qualsiasi altro modo incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite”). In effetti, l’intera architettura di sicurezza mondiale del secondo dopoguerra si basa sul presupposto che i confini nazionali dei paesi (indipendentemente dal contesto storico) non possono essere modificati con la forza per preservare la pace, come ha sottolineato l’ambasciatore del Kenya alle Nazioni Unite nel suo famoso discorso. Se si permette a una potenza di annettere i territori di un altro paese a suo piacimento, allora nessun paese al mondo può sentirsi al sicuro.

Insistendo sul fatto che la Russia possa tenersi la Crimea, si sta facendo un’implicita supposizione che se alla Russia viene permesso di farlo, allora lascerà il resto dell’Ucraina in pace. Tuttavia, questo palesemente falso, poiché la proprietà “de facto” della Crimea da parte della Russia nel periodo 2014-2022 non ha fatto nulla per precludere la sua attuale aggressione. L’obiettivo di Putin è quello di “risolvere definitivamente la questione ucraina”, ossia distruggere completamente l’Ucraina e annetterne l’intero territorio. Pertanto, annettendo la Crimea non ha “ristabilito la giustizia storica”, ma ha solo preparato un trampolino di lancio per ulteriori attacchi militari contro l’Ucraina. Pertanto, ripristinare il controllo dell’Ucraina su tutto il suo territorio è cruciale non solo per la sicurezza dell’Ucraina, ma anche per la sicurezza di tutte le altre nazioni (rafforzando la lezione che gli aggressori non dovrebbero farla franca con l’accaparramento dei territori!)

Inoltre, lei afferma che “la Russia certamente non accetterà mai la Nato in Ucraina”. Per sua informazione, la Carta delle Nazioni Unite pone l’accento sull’autodeterminazione dei popoli come principio fondamentale. Non spetta alla Russia decidere a quali alleanze o unioni l’Ucraina aderirà o meno. L’Ucraina ha un proprio governo democraticamente eletto (non una dittatura, come in Russia), e questo governo, dopo essersi consultato con il popolo ucraino, deciderà se l’Ucraina entrerà o meno nella Nato. Allo stesso modo, i paesi della Nato hanno tutto il diritto di decidere da soli chi accogliere nella loro alleanza.

Schema n.4: Portare avanti i piani di pace del Cremlino
Nel già citato articolo “Cosa l’Ucraina deve imparare dall’Afghanistan”, scrive: “La base per la pace è chiara. L’Ucraina sarebbe un paese neutrale non appartenente alla Nato. La Crimea rimarrebbe la sede della flotta navale russa del Mar Nero, come lo è stata dal 1783. Si troverebbe una soluzione pratica per il Donbas, come una divisione territoriale, l’autonomia o una linea di armistizio”. Sebbene il suo suggerimento sia perfettamente in linea con quello dei propagandisti russi, lascia senza risposta la domanda chiave dal punto di vista ucraino: sulla base di quali prove vi fidate che un guerrafondaio seriale, che ha dichiarato in più occasioni che l’Ucraina non esiste, si accontenti della Crimea e del Donbas e non cerchi di occupare l’intero paese? Finché non troverete una risposta convincente a questa domanda, vi chiediamo gentilmente di fare riferimento al piano di pace in 10 punti proposto dal presidente Zelensky e pienamente sostenuto dal popolo ucraino. Rigurgitare i “piani di pace” del Cremlino non farebbe altro che prolungare le sofferenze del popolo ucraino. Scrivere che se l’Ucraina avesse offerto a Putin la Crimea e il Donbas nel dicembre 2021 o nel marzo 2022 “i combattimenti si sarebbero fermati, le truppe russe avrebbero lasciato l’Ucraina e la sovranità dell’Ucraina sarebbe stata garantita dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu e da altre nazioni” è solo un pio desiderio. I negoziati di pace all’inizio del 2022 sono falliti non a causa di un inesistente intervento degli Stati Uniti, ma perché la Russia ha preteso la capitolazione incondizionata dell’Ucraina (e la pretende tuttora!).

Le ricordiamo che gli obiettivi della Russia in Ucraina erano la “smilitarizzazione e denazificazione”. Cosa significhi “denazificazione” è stato spiegato da uno dei consiglieri politici di Putin, Timofey Sergeitsev, nel suo articolo: “Cosa dovrebbe fare la Russia con l’Ucraina?”. In quell’occasione, ha sostenuto la necessità di distruggere brutalmente la nazione ucraina, uccidendo milioni di persone e “rieducandone” altre. I russi hanno già iniziato ad attuare questi piani nei territori occupati dell’Ucraina. Le suggeriamo di leggere l’intero testo di Sergeitsev, ma alcuni passaggi mostrano chiaramente cosa intende: “Un paese che viene denazificato non può possedere la sovranità”, “La denazificazione includerà inevitabilmente la de-ucrainizzazione – il rifiuto dell’inflazione artificiale su larga scala della componente etnica nell’autoidentificazione della popolazione dei territori storici della Malorossiya e della Novorossiya, avviata dalle autorità sovietiche”, “la denazificazione dell’Ucraina significa la sua inevitabile de-europeizzazione”, (la denazificazione implica…) “il sequestro del materiale didattico e il divieto di programmi educativi a tutti i livelli che contengono linee guida ideologiche naziste” (nel suo articolo, Sergeitsev chiama ripetutamente gli ucraini “nazisti”). Sembra che lei non sappia che, coerentemente con questa retorica, la Russia commette orrendi crimini di guerra, come documentato dalle Nazioni Unite e da molti altri. Non riusciamo a scorgere alcuna indicazione di un genuino interesse per la pace dalle continue atrocità russe. La invitiamo a rivalutare la sua posizione sul fatto che la Russia sia interessata a colloqui di pace in buona fede.

Schema n.5: Presentare l’Ucraina come un paese diviso
In “Cosa l’Ucraina deve imparare dall’Afghanistan”, lei afferma anche che “gli Stati Uniti hanno trascurato due dure realtà politiche in Ucraina. La prima è che l’Ucraina è profondamente divisa etnicamente e politicamente tra i nazionalisti che odiano la Russia nell’Ucraina occidentale e l’etnia russa nell’Ucraina orientale e in Crimea”. Questa affermazione riecheggia una tecnologia politica russa applicata per la prima volta durante le elezioni presidenziali del 2004 e ancora oggi utilizzata dai russi per giustificare la “denazificazione” dell’Ucraina. La invitiamo a dare un’occhiata ai fatti empirici e alla storia reale. Nel 1991, tutte le regioni dell’Ucraina hanno votato per l’indipendenza. Compresa la Crimea. Secondo il censimento del 2001 (gli ultimi dati sull’etnia autoidentificata disponibili per l’Ucraina), la popolazione ucraina è la maggioranza in tutte le regioni dell’Ucraina, a eccezione della Crimea. E quando parliamo della Crimea, dovremmo chiederci perché ha la composizione etnica che ha. La Crimea è a maggioranza russa a causa di una serie di genocidi e deportazioni a partire dalla prima occupazione da parte della Russia nel 1783 e fino al 1944, quando i tatari di Crimea furono deportati in parti remote dell’Unione sovietica. La popolazione indigena della Crimea è stata deportata, uccisa e sostituita dai russi. Una tattica simile è stata usata dalla Russia durante i suoi numerosi genocidi di ucraini – ad esempio, durante la Grande Carestia del 1932-33, i russi arrivarono a vivere nelle case degli ucraini morti di fame. La Russia sta usando le stesse tattiche di sostituzione della popolazione oggi, nella guerra in corso: deporta la popolazione ucraina, adotta con la forza i bambini ucraini o li “rieduca” (fa loro il lavaggio del cervello) dopo averli separati con la forza dalle loro famiglie.

Oltre alla pulizia delle popolazioni ucraine e di altre popolazioni autoctone, la Russia ha usato tattiche più “morbide”, come la russificazione, cioè lo scoraggiamento dell’apprendimento e dell’uso della lingua ucraina in tutti gli ambiti. La russificazione è in corso da secoli. I suoi strumenti sono stati molto diversi: dal “mescolare” le persone mandando gli ucraini a lavorare in Russia e i russi a studiare o lavorare in Ucraina, al rendere quasi impossibile l’accesso alle università per gli ucraini, a presentare la lingua e la cultura ucraina come arretrate e inferiori alla “grande cultura russa”, al rubare il patrimonio culturale ucraino (ad esempio, solo ora i musei in tutto il mondo hanno iniziato a identificare correttamente gli artisti ucraini presentati dalla Russia come russi, e centinaia di migliaia di manufatti sono stati saccheggiati dai musei ucraini a partire dal 2014 e soprattutto nell’ultimo anno). Pertanto, le acute discussioni sulla lingua sono una risposta naturale ai tentativi storici della Russia di sopprimere qualsiasi ripristino dei diritti della lingua ucraina. Nonostante questa storia di oppressione, gli ucraini sono passati gradualmente all’ucraino e l’invasione russa su larga scala ha accelerato questo processo.

Recenti sondaggi mostrano che, indipendentemente dalla lingua o dal luogo, gli ucraini rifiutano in modo schiacciante (80 per cento) le concessioni territoriali alla Russia. I sondaggi mostrano anche che l’85 per cento degli ucraini si identifica soprattutto come cittadino dell’Ucraina, a differenza dei residenti della propria regione, rappresentanti di una minoranza etnica o a qualche altro identificativo. Questo è difficilmente possibile in un paese diviso. In sintesi, accogliamo con favore il suo interesse per l’Ucraina. Tuttavia, se il suo obiettivo è quello di essere d’aiuto e di generare proposte costruttive su come porre fine alla guerra, crediamo che questo obiettivo non sia stato raggiunto. I suoi interventi presentano un quadro distorto delle origini e delle intenzioni dell’invasione russa, mescolano fatti e interpretazioni soggettive e propagandano le narrazioni del Cremlino. L’Ucraina non è una pedina geopolitica o una nazione divisa, l’Ucraina ha il diritto di determinare il proprio futuro, l’Ucraina non ha attaccato alcun paese da quando ha ottenuto l’indipendenza nel 1991. La guerra di aggressione russa non ha alcuna giustificazione. Una chiara bussola morale, il rispetto del diritto internazionale e una solida comprensione della storia dell’Ucraina dovrebbero essere i princìpi che definiscono qualsiasi discussione verso una pace giusta.