Il “mica penserete” è la nuova tendenza della politica italiana

A seconda di chi abbiate votato alle ultime elezioni, è probabile che troviate il parallelo inaccettabile per opposte ragioni, ma provate per un momento a sospendere il giudizio e a osservare l’emergere di un nuovo (in realtà vecchissimo) automatismo politico-giornalistico, a destra come a sinistra, che si parli di Cutro o del Covid. Quasi un riflesso pavloviano. Lo chiamerei l’argomento del «Mica penserete».

Basta sfogliare le cronache degli ultimi giorni. Da un lato abbiamo infatti il rimpallo di responsabilità tra guardia di finanza e guardia costiera nel naufragio di Cutro, seguito adesso dallo scaricabarile con la guardia costiera libica immortalato dal terribile audio della telefonata in cui, all’avvertimento che i libici non manderanno soccorsi, si risponde con un gelido: «Thank you for the information, bye bye». Dall’altro lato abbiamo il rimpallo di responsabilità tra governo e Regione Lombardia sulla mancata chiusura di Alzano e Nembro nel 2020, le polemiche sul mancato aggiornamento del piano pandemico, l’incredibile sottovalutazione della seconda ondata (in verità questo ultimo punto non è che sia così presente nel dibattito, sebbene a me sembri il principale).

Il meno che si possa dire, se stiamo alle ricostruzioni ufficiali di entrambe le vicende, delle stragi di migranti e di quelle causate dalla pandemia, è che non manchino punti oscuri, incertezze e contraddizioni. Ma discuterne laicamente sembra impossibile.

Nel caso delle stragi di migranti l’argomento principale del governo e dei suoi difensori è ben riassunto dall’affermazione pronunciata più volte da Giorgia Meloni davanti ai giornalisti: «Davvero pensate che non volevamo salvarli?». Ma se invece di migranti morti nel Mediterraneo nel 2023 parliamo degli italiani morti di Covid nel 2020, il principale argomento usato dai difensori di Giuseppe Conte e Roberto Speranza, allora rispettivamente presidente del Consiglio e ministro della Sanità, è praticamente lo stesso.

Da una parte e dall’altra, a ogni richiesta di chiarezza, si risponde gridando alla strumentalizzazione e allo sciacallaggio. E lo si fa, per dir così, a prescindere: cioè prima ancora di – anzi, direi, senza nemmeno minimamente – entrare nel merito, spiegare, controbattere. La richiesta di chiarezza non viene respinta cioè dopo un esame e un dibattito, neanche sommari. È piuttosto dichiarata inammissibile, inaccettabile, vergognosa. Ed è proprio per questo – per dimostrarne l’inammissibilità – che dev’essere subito deformata nella sua caricatura, con il più vecchio e il più banale dei trucchetti retorici (tecnicamente, un classico «straw man argument», o argomento fantoccio).

Il centrodestra esprime unanime solidarietà al suo ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, alla guardia costiera e alla guardia di finanza, fingendo di non vedere tutti i buchi delle ricostruzioni fin qui fornite. Ma soprattutto fingendo di non vedere, o negando esplicitamente, qualunque tipo di nesso con le scelte, le norme, le direttive e le pressioni politiche messe in atto da Matteo Salvini sin dai tempi dei primi decreti sicurezza. Vale a dire – occorre sempre ricordarlo ai numerosi smemorati – ai tempi del primo governo guidato da Giuseppe Conte, poco prima di diventare il punto di riferimento fortissimo di tutti i progressisti (secondo l’allora segretario del Pd, Nicola Zingaretti, e forse pure secondo l’attuale).

Il centrosinistra e il Movimento 5 stelle, dal canto loro, fanno altrettanto con Conte e Speranza per quel che riguarda la gestione della pandemia, ripetendo la bufala secondo cui l’Italia se la sarebbe cavata alla grande (siamo stati tra i paesi con più morti e allo stesso tempo con le misure restrittive più pesanti e prolungate al mondo: cosa avremmo dovuto fare, concretamente, per fare peggio di così?).

Alla prima riunione della nuova assemblea nazionale del Pd, domenica scorsa, non c’è stato oratore, da Elly Schlein a Stefano Bonaccini, che non abbia sentito il dovere di dichiarare con enfasi che, fermo restando il doveroso rispetto per l’azione della magistratura, Speranza aveva fronteggiato il Covid nel migliore dei modi e andava solo ringraziato e applaudito.

Nemmeno quando esponenti della sinistra sono stati accusati delle cospirazioni più assurde e infamanti, dalla farsa del «fondo Quercia» all’epoca della scalata Telecom fino alla cosiddetta «trattativa Stato-Mafia», si era mai levato da una loro assemblea un coro così forte, orgoglioso e compatto.

Siccome però sulla gestione del Covid le responsabilità sono politicamente assai ben distribuite, nel senso che la gara a chi faceva peggio tra la Regione Lombardia amministrata dalla Lega e il governo guidato da cinquestelle e Pd è stata combattutissima, dopo un iniziale tentativo di scaricare ciascuno le proprie responsabilità sull’altro, si è arrivati di fatto a una sorta di disarmo bilaterale, nel comune interesse. Una di quelle intese non scritte che, se non ci fossero di mezzo Conte e i cinquestelle, sarebbero state senza dubbio denunciate immediatamente come la più scandalosa delle trattative e il peggiore degli «inciuci».

Siccome però alla fine nessuno ha interesse a riaprire l’argomento, tranne ovviamente coloro che hanno pagato il prezzo più alto, ecco che la questione sembra già pronta a confermare quella tendenza dei drammi collettivi della storia italiana a scivolare naturalmente «verso Ustica», come ha scritto ieri Paolo Giordano, in un bellissimo articolo sul Corriere della sera.

Tutte le legittime perplessità sulle dichiarazioni dei magistrati (il cui compito non è certo quello di saziare «la sete di verità» del popolo), sull’attendibilità di calcoli e scenari controfattuali, sulla possibilità di accertare univocamente responsabilità politiche e giudiziarie in situazioni di emergenza così estreme non possono diventare un alibi con cui chiudere preventivamente ogni discussione. Come scrive Giordano, la richiesta di chiarezza non può essere liquidata con la formula «nessuno ci aveva capito niente». Non solo e non tanto per ragioni di giustizia o per riguardo alle vittime e ai loro famigliari, quanto per ragioni di tutela della salute e della vita di ciascuno di noi: perché capire cosa non ha funzionato – dove, quando, come e perché – è l’unica speranza che abbiamo, per quanto flebile, di non ripetere gli stessi errori la prossima volta.

Se non vogliamo rivivere ogni volta le stesse tragedie, commettendo sempre gli stessi errori, pensarci oggi è un dovere.