F. Fubini/ Il record dei 740 sgravi fiscali che valgono 128,6 miliardi di euro

Finanziare una riforma che riduca la pressione fiscale su chi non evade è una delle prove più acrobatiche che aspettano il governo. Lo può fare in parte riducendo l’area del sommerso, ma è sempre pericoloso tagliare le aliquote sulla base di una speranza: prima occorre raggiungere e consolidare nuovo gettito dalla lotta all’evasione, quindi l’intero processo non può che prendere anni. Resta un’altra strada e sembra essere quella principale in vista della legge delega fiscale, che dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri giovedì prossimo: ridurre le «spese fiscali». Si tratta di un insieme di deduzioni, detrazioni, sospensioni e riduzioni d’imposta per gruppi specifici di cittadini o imprese che in questi anni non ha fatto che crescere. Fino a un totale di 740 misure.

I numeri record
È il numero più alto che si registri fra i 38 Paesi dell’Ocse, un gruppo di democrazie in gran parte avanzate. L’ultimo «Rapporto sulle spese fiscali», curato da Mauro Marè e consegnato al ministero dell’Economia a metà novembre, fotografa la progressione del numero e del costo delle «spese fiscali» mentre negli ultimi anni in Italia si discuteva di come ridurle. Le misure erano 610 nel 2016, per un minor gettito di oltre 80 miliardi di euro; quindi sono arrivate a 740 nel 2022 per un impatto di 128,6 miliardi di euro.

In sostanza il costo di questo coacervo di norme ad hoc, ciascuna capace di aprire una grande o piccola falla nei principi costituzionali di un fisco progressivo e di una legge uguale per tutti, è cresciuto di una quarantina miliardi su base annua fra il 2016 e il 2022. Moltissime misure sono pulviscolari: «Regime di detrazione forfettizzata per le attività di agriturismo: 5,6 milioni». Oppure: «Credito d’imposta a sostegno del made in Italy per le imprese agroalimentari: 5 milioni». E così via per centinaia di voci.

Il taglio orizzontale
Ma il problema è politico, non tecnico, come sa bene il viceministro dell’Economia Maurizio Leo che sul rapporto di Marè fa molto affidamento. Già vari governi, per esempio quello di Matteo Renzi, cercarono di ridurre le spese fiscali e fallirono. Molti gruppi d’interesse presi di mira uno ad uno, non solo i tassisti o i balneari, praticano l’interdizione. Dunque la strada non può che essere un taglio orizzontale, modulato su criteri di reddito e esentando le agevolazioni sociali (sanità, istruzione, interessi sui mutui). In questo è illuminante un passaggio del rapporto Marè: «Le spese fiscali tendono ad avere un carattere non sistemico e una natura frammentata che ne mette in evidenza il prevalente utilizzo per finalità politiche e di scambio con vari gruppi d’interesse». Con un consiglio al governo: «Basarsi su un’azione sistemica, piuttosto che su operazioni ‘voce per voce’ che rischierebbero di essere vanificate durante l’approvazione della Legge di bilancio». Che poi l’operazione possa liberare più di 4-5 miliardi per tagli alle tasse resta comunque improbabile.