Juve -15/Inevitabile alterazione del risultato sportivo?

Parlando con un amico milanista ho capito che la sentenza della Corte federale d’Appello che ha penalizzato la Juve, per come l’hanno spiegata i media, si può riassumere in questa frase “Con le plusvalenze ha creato un sistema con inevitabile alterazione del risultato sportivo“. Il mio amico è commerciante per cui quando gli spiegavo che le plusvalenze le facevano tutti (il direttore sportivo dell’Inter Ausilio sui giornali veniva osannato come il re delle plusvalenze) mi dava ragione, ma alla fine era “l’inevitabile alterazione del risultato sportivo” che lo ha convinto della colpevolezza della Juve. Ora, le plusvalenze nei tre anni di cui tratta la sentenza, sono state 23 milioni nel 2019/20 (a fronte di ricavi complessivamente pari a 548,7 già ridotti di tale importo) e poco meno di 5 nel bilancio 20/21.
Negli ultimi 9 anni la Juve ha effettuato plusvalenze per il 21% del suo fatturato. Nella classifica dei 10 club che sono sempre stati in A in quel periodo è 7a. In testa Udinese e Genoa con il 69%, poi Atalanta (38%), Fiorentina (35%), Roma (33%) e Napoli (30%). Insomma, i numeri delle plusvalenze della Juventus non sembrano anomali. (Fabrizio Bava)


L’amministratore delegato di una SpA in perdita (persino quotata in Borsa) ha il dover di perseguire politiche (legali) di massimizzazione del risultato. Nell’ambito delle squadre di calcio i ricavi da plusvalenze sono da considerare di natura ordinaria. È infatti attività ordinaria in tale business l’acquisto e la cessione dei calciatori, esattamente come lo è per un’impresa manifatturiera sostituire i macchinari. In situazioni di squilibrio economico, laddove il budget stimi perdite di gestione (e si badi bene, il bilancio con le maggiori plusvalenze è quello del Covid), per contenere le perdite, non essendo sufficienti le altre tipologie di ricavi (diritti televisivi, stadio, merchandising, ecc.), l’unica leva attivabile è quella delle plusvalenze (Fabrizio Bava). E pertanto è chiarissimo come alla Juve Paratici si proponesse di fare per esempio in un anno 23 milioni di plusvalenze. E come faceva? Chiamava la contabilità e si faceva dare i valori a bilancio di quattro giocatori che voleva vendere. Li segnava su un foglio e stabiliva sulla carta per ciascuno a quanto dovesse ammontare la plusvalenza rispetto al giocatore X col quale avrebbe fatto la permuta. Ecco spiegato perchè la Corte s’indigna e si sorprende di aver trovato fogli con giocatori contrassegnati con la X.
(…Si giungeva a programmare sistematicamente la realizzazione di plusvalenze prescindendo dall’individuazione stessa del soggetto da scambiare, spesso indicato con una semplice “X” accanto al nome del giocatore della FC Juventus S.p.A. da cedere e ovviamente accanto al numero prestabilito di plusvalenza da realizzare (documenti sequestrati dalla Procura della Repubblica di Torino e presenti nei file n. 733431 e n. 733488))

E accusa: C’è una ricerca artificiale di plusvalenze come obiettivo e non come effetto delle operazioni condotte. Scambiavate i giocatori (senza nemmeno i nomi) per fare le plusvalenze.
L’accusa è aver adottato una precisa strategia finalizzata a migliorare i risultati di bilancio attraverso le plusvalenze che sarebbero stato il fine e non soltanto l’effetto della vendita. Certo, così si fa. Il calciomercato si fa in genere scambiando giocatori senza che passino soldi. Pertanto una cosa è scambiare Pjanic con Arthur, o Spinazzola con Pellegrini; altra cosa è scambiarsi (come han fatto Inter e Milan) ragazzini che non giocheranno mai neppure tra i dilettanti. Oppure vendere un giocatore inesistente attraverso una falsa fatturazione; oppure (sempre Inter e Milan) vendere il marchio, incassare soldi e poi riacquistarlo in leasing mettendo a bilancio le rate annuali. Solo che le plusvalenze non generano cash, sono fatte per abbellire il bilancio quest’anno (invece di far risultare metti, una perdita di 100, risulta 77) con conseguente slittamento di poste passive (ammortamenti) negli anni successivi.
È naturalmente vero che un eccessivo ricorso alla leva delle plusvalenze crea un circolo vizioso in cui si è “costretti” a ricercare ogni anno maggiori plusvalenze per coprire i maggiori ammortamenti (lo stesso accade alle imprese che incrementano indebitamente le rimanenze di magazzino). Ma tale strategia non può essere ritenuta né illegale, nè, a mio parere, sleale sotto il profilo sportivo. Si tratta evidentemente, di una pessima strategia di chi non trova altre vie per incrementare i ricavi (Fabrizio Bava)

Da dove dunque la Juve facendo le plusvalenze ha ricavato INEVITABILE alterazione del risultato sportivo? Abbiamo già precisato che la Juve non ne faceva più delle altre squadre e quindi allora non resta da pensare che a questo: se abbellisco il bilancio, le banche mi danno credito più facilmente e la stessa Juve ha fatto ben 2 aumenti di capitale (per 700 milioni) che forse non avrebbe fatto con un bilancio diverso e meno bello. Ma detto tutto questo, cosa c’entra l’acquisto di Vlahovic (per 70 milioni da pagare in 3 anni)?

Le plusvalenze a specchio, le permute tra due o più giocatori, non danno alcun vantaggio competitivo perchè se scambi Spinazzola con Pellegrini tutto dipende da come poi giocheranno i due calciatori, dalle prestazioni sportive che faranno, non dal valore che hai dato a ciascuno. Abbellire il bilancio attraverso le plusvalenze non ti consente di poter acquistare più facilmente sul mercato, nè di poter acquistare proprio quel giocatore che vuoi perchè ormai è il calciatore bravo col suo procuratore che sceglie dove andare, in quanto il calciatore bravo ha sempre vari richiedenti mentre il calciatore schiappa non ne ha nessuno. Quando Bastoni passò dall’Atalanta all’Inter nel 2018 le due società fecero una ricca plusvalenza.

La sua valutazione a bilancio apparve allora spropositata: 31,1 milioni di euro la cifra definitiva versata all’Atalanta, come si legge sul documento ufficiale nerazzurro. Ma come stanno davvero le cose? In realtà, la questione è diversa. L’Inter ha pagato 31,1 milioni all’Atalanta perché la Dea ha versato ben altri milioni ai nerazzurri per diversi giovani : Eguelfi per 6 milioni nel giugno 2017, poi Bettella e Carraro per rispettivamente 7 e 5 milioni nel giugno del 2018. Totale, 18 milioni di euro incassati a fronte di 31 milioni investiti per Bastoni. Così l’Atalanta ha deciso di spendere una cifra alta sapendo di poter contare su una grossa plusvalenza incassabile con la cessione all’Inter di Bastoni.  Soltanto oggi sappiamo che Bastoni vale quella cifra messa a bilancio dall’Inter, mentre non sappiamo quanto valgono Eguelfi, Bettella e Carraro. Come si vede, la plusvalenza è stata messa a bilancio dalle due squadre ma nessun giudice, sportivo o no, avrebbe potuto sentenziare nel 2018 che le plusvalenze fossero artificiose o preordinate o che hanno dato un inevitabile vantaggio competitivo all’Inter. Le plusvalenze non sono normate, sono lecite, e ogni squadra, tanto più se è una SpA, si deve proporle di fare, altrimenti gli azionisti se ne potrebbero dolere a ragion veduta. Poi, col senno di poi, si possono fare tutte le consideraioni che si vogliono, ma è un giochetto maligno. Il solito giochetto per colpire soltanto la Juve.