Oltre il giardino di Alberto Asor Rosa

Éric Rohmer (1920-2010), pseudonimo di Jean Marie Maurice Schérer, è stato un regista, sceneggiatore, scenografo, montatore, critico cinematografico e scrittore francese, uno dei maggiori esponenti della Nouvelle Vague. L’autore di fim piccolissimi e però meravigliosi come “Il raggio verde” (1986) disse una volta spiegando sè stesso: “io continuo ad arare il mio piccolo campo”.

C’è un film del 1979 (Oltre il giardino, di Hal Ashby) dove Peter Sellers è l’analfabeta Chance (la sua sola fonte d’istruzione è la tv) che ha passato tutta la vita facendo il giardiniere in una casa di Washington. Ha ormai cinquant’anni, ma l’età mentale di un bambino. L’aura di riservatezza che lo circonda gli fanno attribuire doti che egli davvero non ha. Viene scambiato per un uomo di profonde intuizioni, mentre è un semplice di spirito, e la sua goffaggine è confusa  con il “sense of humour”. Parla di giardinaggio, cioè della sola cosa che conosce davvero, e gli attribuiscono per equivoco acute metafore sulla conduzione dello Stato. Poi intervistato dalla stampa e dalla TV  diventa una celebrità nazionale.

Qualche anno fa all’auditorium del Magistrale scambiai qualche parola con Alberto Asor Rosa che stava per presentare un suo libro, e mi feci autografare il suo libro di cinquant’anni prima, “Scrittori e popolo”. Lui  è stato, per me e penso per molti, un maestro. Con le ampie analisi del rapporto tra intellettuali e classe operaia, e il filo conduttore che ogni atto intellettuale ha una valenza politica e civile, mi ha aperto un mondo, sulla letteratura e sulla politica.

Come ha scritto Francesco Merlo in occasione della sua morte avvenuta a fine dei questo incredibile 2022 “Era il gran sopravvissuto, Asor Rosa, non tanto dell’ideologia marxista (“ai salotti romani preferivo il volantinaggio in fabbrica”) ma di un’Italia antica in cui era prestigiosa la letteratura ed erano prestigiosi i critici della letteratura. Non dico che quando Asor Rosa “espulse” Brancati e Sciascia dal Novecento, la gente, al caffè e nel tempo libero, parlasse dei furori della critica militante. Accadeva però che scrittori come Pasolini dicessero del critico Asor Rosa: “È l’uomo che mi ha fatto più male nella vita”. E le baruffe tra i baroni accademici, tra grandi professori convinti che la critica letteraria fosse il sale della civiltà, facevano scandalo come oggi le baruffe di Ballando con le stelle. Per esempio, quando Giulio Ferroni diede del barone (rosso, ça va sans dire) ad Asor Rosa, quest’ultimo lo querelò chiedendo un miliardo di lire di risarcimento. Sono polemiche, quelle di Asor Rosa con Muscetta o con Moravia, che rimangono appassionanti solo per gli studiosi di biografie e per gli storici. Ma non ci sono conti da saldare, forse perché nessuno vede più “la figura del tappeto” (Henry James, Sellerio), il segreto che rende vita la letteratura e viceversa. Da qualsiasi parte si stesse allora, non rimane più nulla di quell’Italia impegnata, colta, (pre)potente e capricciosa che cercava appunto “la figura nel tappeto”. E non si sa se a spegnersi sia stata prima la grande letteratura o la grande critica”.

Ecco, cosa c’entrano Rohmer e il giardiniere analfabeta Change con Asor Rosa?

Ecco, sono da sempre convinto che forse occorre seguire l’insegnamento di Rohmer e limitarsi tutta la vita ad arare il proprio piccolo campo. Se sei un giardiniere e sei bravo a fare il giardiniere devi fare solo il giardiniere. Fuori di quel campo, oltre il giardiniere, ci possono essere solo equivoci, possono scambiarti per qualcun altro, e la tua sapienza può rivelarsi davvero poca cosa. Asor Rosa è stato un grandissimo critico letterario ma quando ha voluto fare il maitre a penser non è stato altrettanto grande.

E’ quello che succede a tanti, registi, scrittori, filosofi, artisti, che si mettono a discettare (oltre il giardino) di politica in nome della libertà di pensiero. Solo che un geniale critico letterario non è scritto da nessuna parte che possa essere anche un geniale leader politico. E’ quello che non capiscono in molti, a cominciare da Cacciari.  


Éric Rohmer (1920-2010)
Alberto Asor Rosa (1933-2022)