Il popolo ama le tribù e i dilettanti allo sbaraglio

Ad un certo punto irruppero i social e ognuno di noi ha preso la parola. Le notizie e i commenti non sono scesi più dalla tv e dai giornali giù sino ai lettori, cioè dai professionisti al pubblico, ma è stato il pubblico stesso che ha cominciato a fornire notizie, a riprendere con gli smartphone e a fare commenti.

La stessa cosa è avvenuta con la televisione o con il cinema. Si è passati dalla gente che guardava da casa i divi al divismo della gente comune tanto che i cd influencer oggi sono più popolari di grandi attori o attrici. Prima eravamo spettatori passivi della tv, poi siamo entrati nella tv a farla e una come la Maria De Filippi tutto il suo enorme potere lo ha costruito situandosi sulla porta d’ingresso, selezionado come i buttafuori quelli del pubblico da far lavorare in tv.

Infine tutto questo fenomeno che attraverso i social e il web ha “celebrato” la finta democrazia del popolo che comunica in prima persona e invade cinema, televisione, media, si è fatto politica. Ci hanno ingannato dicendoci che la democrazia rappresentativa sarebbe diventata democrazia diretta per cui per ogni provvedimento da varare, per ogni decisione da prendere si sarebbe consultato prima il popolo attraverso il web. Infine il popolo avrebbe con un semplice clik scelto i suoi rappresentanti nelle istituzioni.

I dilettanti (che prima potevano soltanto esibirsi a La corrida) sono arrivati così anche in parlamento e per ogni Toninelli Conte e  Di Maio assurti nientedimeno che nel governo, i soliti buttafuori (come la De Filippi) accrescevano a dismisura il loro potere. Da Berlusconi che con i suoi soldi si era costruito un partito personale e decideva lui chi far entrare dentro e chi far diventare deputato, a Grillo che grazie a Casaleggio ha lanciato sul mercato un software con un marchio, non c’è stata nessuna discontinuità, è solo stata diversa la narrazione dei due fenomeni populisti (due aziende per creare profitti, non ideali)

E siamo arrivati ad oggi, quando nel frattempo abbiamo avuto una pandemia e una guerra vicino casa che però ha effetti diretti sull’energia e quindi sul nostro tenore di vita. Proprio nel momento in cui la tendenza politica dominante sembrava il ripudio della globalizzazione e il ritorno alle piccole patrie, ai confini, alla rinchiusura nell’orticello di casa (prima l’America, anzi no, prima l’Italia, anzi no, prima la Padania o il Veneto) pandemia e guerra ci hanno ricordato che la storia non torna indietro e fa inversione ad u. Ci siamo ricordati che lo avevamo  capito ormai tanti anni fa che un minimo battito di ali di farfalla provoca un uragano dall’altra parte del mondo (il film era del 2004, The butterfly effect).

Non praticando i social ho pertanto dovuto scegliere altre forme di interazione e comunicazione in un mondo tanto grande in cui non si può più seguire tutto. Ciascuno di noi agisce, comunica, segue alcuni suoi interessi personali, trascurandone moltissimi altri. Il tempo è limitato. La tradizionale scaletta televisiva con la quale i tg ci fornivano le notizie del giorno (cominciava con la politica estera e finiva con lo sport) oppure l’impaginazione dei giornali, sono stati sconvolti dal pubblico e ciascuno di noi ha cominciato a occuparsi solo di alcuni segmenti-argomenti. Pertanto gli ammiratori della Ferragni hanno cominciato a seguire solo lei e tutti in quel cerchio comunicano tra loro. Così come fanno tutte le altre tribù del mondo, i tifosi di una squadra, di un cantante, di un autore, di un artista, di un posto, di una beneficenza, di una missione.

Il nostro mondo è quindi oggi costruito da tantissime tribù, che vivono sul web e in grandi accampamenti. C’è l’accampamento del calcio, con le tribù dei tifosi di ogni squadra, c’è l’accampamento della musica pop, quello della politica, quello della protesta, del terrorismo, degli strampalati (terrapiattisti, maghi e fattucchiere), dei sessuomani (pervertiti, pedofili, incestuosi), dei ricchi, ecc. ecc…

In questo panorama che come si vede riguarda il mondo e le nostre vite, uno come me che, lo ribadisco, non segue i social, cosa osserva con interesse? Osservo i dilettanti che il popolo ha mandato al governo alle prese con le loro incapacità.

Il popolo avendo provato di tutto, dalle mummie democristiane all’imprenditore di successo con vagoni pieni di tr… , dal rampante toscanaccio che voleva rottamare tutto al bullo di quartiere che intende mettere a posto i migranti sino all’avvocato del popolo con capelli tinti e pochette che vuol farsi bello fornendo a debito mance sussidi e bonus, sta ora provando lei, la piccola italiana madre fascista ma non troppo. La Meloni, come finanche uno come me aveva immaginato, si è circondata di ministri improvvisati, di dilettanti incapaci finanche di capire che all’italiano piace non dover andare dal medico per prendere la ricetta per le medicine.

Ecco, al governo vi stanno ancora dei maldestri dilettanti ma così incapaci che non sanno neppure capire cosa, in pratica, piace o non piace agli italiani. Vogliono, per esempio, togliere lo Spid perchè essi non lo sanno cosa sia e a cosa serva, immaginando che gli italiani lo vedano come una inutile innovazione-complicazione. Immaginano che tutti abbiamo nostalgia della vecchia ricetta rossa che il medico di famiglia compilava a mano e poi ce la consegnava perchè andassimo in farmacia. E potrei continuare con quel ministro che immagina contenti i genitori se vieta di portare il cellulare in classe, perchè non sa che sono i genitori a volere che il proprio figlio risponda alle chiamate anche quando è interrogato o sta facendo compito in classe. Potrei continuare con mille esempi, ma la conclusione è sempre una sola ed è la stessa. I dilettanti non risolvono problemi, li creano, li moltiplicano. Io amo i professionisti, i competenti, e mi ritrovo ormai a chiacchierare con pochi altri come me che la pensano come me.

Resta l’ultimo punto da sottolineare. Chi sono i dilettanti, come si riconoscono? Un recente episodio che è avvenuto in tv ci fornisce la risposta. In tv compare un professore, Alessandro Orsini, che viene invitato (dalla Berlinguer) perchè difende Putin. Il giornalista Antonio Talia si accorge che in un video su YouTube, il prof. Orsini cita l’articolo di un certo «William J. Ampio», pubblicato dal «New York Times». Orsini fa anche lo spelling dell’autore, «A-M-P-I-O». Da rapida ricerca, vien fuori che sul «New York Times» non scrive nessun William J. Ampio. Ci scrive, invece, William J. Broad, già premio Pulitzer. In pratica il traduttore automatico ha tradotto il cognome «Broad» in «Ampio». Nel riportare l’episodio, ci si sofferma sulla gaffe, sullo sfondone, sulla «figura di palta». Talia, invece, colpisce nel segno: «Se Orsini non ha gli strumenti cognitivi per capire l’errore nella traduzione automatica di un articolo, come potrà riuscire a decifrare e poi spiegare il contenuto dell’articolo stesso?». Le trasmissioni che lo invitano «se ignorano di invitare come “esperto” di affari internazionali qualcuno che è incapace di capire un articolo nella lingua franca delle relazioni internazionali significa che non sanno fare il proprio mestiere».

Ecco, Orsini non può andare in tv come esperto, prima non lo sapevamo ma adesso sì, così come al governo non ci possono andare Toninelli, Di Maio e tanti altri, prima  non lo sapevamo ma adesso sì. Al governo ci deve andare Draghi, perchè  ad un umarell non gli puoi far fare il ministro dei lavori pubblici, con la scusa che passeggiando osserva quelli che scavano buche.