I dati dei Comuni nel Progetto Ermes. E Lamezia?

(14/11/2017) Attraverso il Progetto Ermes 2017 (che ha indagato nel 2015 un campione  di 2298 Comuni italiani) conosciamo alcuni dati che ogni cittadino “libero” potrebbe confrontare con quelli del suo Comune. Sarebbe interessante controllare i dati del comune di Lamezia Terme, così ogni sindaco potrebbe dimostrare con i fatti come si è procurato le entrate e come ha diretto le risorse umane. Cioè, secondo me, le 2 cose fondamentali dell'”amministrare”. Tutto il resto è noia, cioè politica.

1)QUOTA DI RISORSE COMUNALI ACQUISITE IN TERMINI DI ENTRATE TRIBUTARIE PROPRIE (accertamento e riscossioni in conto competenza). Si tratta dell’aggregato che maggiormente identifica i concreti margini di manovra finanziaria delle Amministrazioni comunali quantificabile attraverso i Bilanci; le restanti voci delle Entrate, infatti, riguardano trasferimenti e contributi da Stato, Regione e altri Enti, accensione di prestiti, proventi dei servizi e altre entrate extratributarie. La media degli accertamenti relativi alle entrate tributarie proprie è risultata complessivamente pari a 553 euro pro-capite, così suddivisi: • 82 euro di addizionale IRPEF • 199 euro di IMU • 80 euro di TASI • 168 euro di TARI • 17 euro di altri tributi comunali • 7 euro per altre entrate tributarie proprie. Le classifiche realizzate in base alla dimensione dei Comuni in ordine al numero di residenti  sottolineano con forza come mediamente le risorse per entrate tributarie proprie risultino diminuire al decrescere della fascia di popolazione per le prime 5 classi considerate per poi successivamente continuare a scendere a minore velocità. Più i comuni sono piccoli, più basse sono le risorse.

2)RISCOSSIONI/ACCERTAMENTI E’ inoltre riportata la percentuale delle riscossioni in conto competenza rispetto agli accertamenti. Questi ultimi vanno dai 3654 di Livigno (in testa ci sono le località turistiche) ai 197,2 di Aquila. Tale indicatore fornisce la misura dei reali incassi da parte delle amministrazioni esaminate in relazione all’entità dei tributi quantificati come dovuti e pertanto fornisce una valutazione della ‘capacità’ dell’Ente di acquisire le imposte e le tasse esaminate. La media generale è pari al 76%. Sia tra le prime 25 amministrazioni che tra le ultime il valore minimo rintracciato è del 45% (rispettivamente nei Comuni di Santa Marinella e Niscemi); i valori più alti sono invece del 94% nella parte alta della classifica (Comune di San Vincenzo) e del 100% nella parte bassa (Comune di Altavilla Silentina). Genova è l’unico Comune al di sopra del 90% mentre Roma, Palermo e Napoli non raggiungono i due terzi degli accertamenti. Tra i 6 Comuni più grandi, ad esempio, l’indicatore calcolato per il Comune di Milano è oltre il doppio di quello rilevato a Palermo; il Comune di Bologna fa registrare un indicatore pari a una volta e mezza quello elaborato per Catania;

3) ASSENZE DIPENDENTI Nel 2015 il valore medio nazionale delle assenze retribuite calcolato sui Comuni Ermes si è attestato su una media di 50,2 giorni lavorativi per dipendente, valore che conferma il dato del 2010, pari a 50,6 giorni. Il valore complessivo è la risultante di: • 31,3 giorni di ferie • 10,3 giorni di malattia • 3,4 giorni di assenza ex legge 104/1992 • 3,0 giorni di maternità e congedo parentale • 2,3 giorni di altre assenze (concorsi, esami, lutto, ecc.). Il dato generale rappresenta una sintesi di realtà anche molto differenti tra loro; una prima evidenza è che l’andamento dei giorni di assenza appare crescere all’aumentare della dimensione del Comune: – 51,4 giorni per i comuni con oltre 1.000 unità – 50,8 giorni per i comuni con 101-1.000 unità – 48,9 giorni per i comuni con 51-100 unità – 46,5 giorni per i comuni con 26-50 unità – 46,1 giorni per i comuni con 11-25 unità. L’indicatore delle assenze (calcolato, si ricorda, sui dati dei quasi 2.300 Comuni inclusi nel Progetto Ermes), mostra una evidente variabilità a livello territoriale: 9 regioni si attestano su valori prossimi a quello medio generale (50-55 giorni), mentre ai valori medio-bassi registrati in Lombardia, Veneto, Toscana, Campania, Molise (45-50) si contrappongono Calabria e Sicilia con indici medioalti (55-60).