I Bronzi di Riace affidati al regista Fabio Mollo

Martedì hanno presentato a Reggio un docufilm sui Bronzi di Riace (a 50 anni dal ritrovamento) che è in lavorazione. Produttore è la Palomar di Carlo degli Esposti (quello di Montalbano) il quale ha detto di pensare al territorio e anche all’estero per questa produzione. Poi c’era Anton Giulio Grande della Calabria Film Commission, la Princi, e il regista reggino Fabio Mollo.

Ora, dopo Muccino, scelto dalla Santelli, è il turno di Mollo per “rappresentare” la Calabria. Il fatto che sia reggino ha contato moltissimo nella scelta e io mi auguro che stavolta la scelta sia quella giusta. Ecco, il ragionamento che vorrei fare intorno a questa vicenda, la trascende perchè concerne le scelte “politiche”.

Una regione come la nostra investe dei soldi per costruire la sua immagine, per raccontarsi all’estero, come si usa dire, e ha un “marcatore identitario” fortissimo come i Bronzi. Se lo avessero al posto nostro altre regioni italiane avrebbero costruito una domanda turistica incredibile, ne siamo tutti sicuri, noi calabresi al contrario siamo riusciti a confinarli in un museo e trattarli come se fosse il dipinto di Fiore “Madonna con bambino e devota” che c’è al nostro Museo diocesano di Lamezia. Non sono affatto come si capirà tra poco, un eterno denigratore dei calabresi incapaci di essere artefici delle proprie fortune.

Noi siamo quelli che, chessò, della Grotta del Romito di Mormanno risalente al paleolitico o della riserva naturale delle Valli Cupe di Sersale non sappiamo cosa farcene. Le Valli Cupe, pensate, sono presentate come “il segreto meglio custodito d’Europa” e a me tale slogan continua a sembrare autoironico, involontariamente ironico, perchè se non fosse un segreto da tutto il mondo verrebbero a visitarle e Sersale vivrebbe solo e unicamente di turismo internazionale.

Ma torniamo al docufilm sui Bronzi. Se avessi dovuto scegliere io il regista a cui affidare il documentario, a chi avrei pensato se mi avessero imposto di non scegliere il mio amico Carlo Carlei, che per me è il regista calabrese più adatto a cimentarsi con queste operazioni? (Parentesi. Ma non perchè è amico mio o è di Lamezia, ma soltanto perchè vive tra Roma e Los Angeles, frequenta autentici geni cinematografici, insomma è un calabrese con una vasta cultura internazionale). Qualcuno dirà che anche Muccino ha vissuto a lungo in America, ma questo qualcuno forse non ha avuto modo di ascoltare il Muccino di oggi, tornato dall’America e livoroso verso l’America e il mondo che non lo capiscono, non gli danno i giusti riconoscimenti e lo emarginano. Insomma, Muccino a me pare che non sia più tanto sereno e in ogni caso, bando alle ciance, Muccino lo abbiamo visto cosa ha prodotto per la Calabria. Una réclame imbarazzante che poteva andare bene anche per la Sicilia e che qualsiasi giovane regista di belle speranze avrebbe potuto realizzare a prezzi più contenuti.

Finisco, dicendo che se se avessi io dovuto scegliere a chi affidare il documentario sui Bronzi, al di fuori di Carlei, avrei scelto Peppuccio Tornatore. Il suo “Ennio” su Morricone è l’esempio più emozionante e illuminante di come si possa “divulgare” al mondo la genialità di un artista, con cui lo stesso Tornatore ha condiviso una grande amicizia. Apprezzo molto un altro regista calabrese, Michelangelo Frammartino (è magistrale il pudore del suo sguardo nel preservare la memoria che rischia di scomparire) ma la mia prima scelta sarebbe stata Tornatore.

Di Fabio Mollo ho visto un film che era “Il padre d’Italia” nel 2017. Su questo blog, controllate pure, scrissi del film:
“Un film è come quando t’innamori, prima ci caschi e poi capisci perché. Al contrario di tanti, nel film di Fabio Mollo (1980, Reggio Calabria) non sono caduto… ”Un inno al coraggio di chi insegue il proprio futuro”, ha spiegato Mollo. Perché mi è piaciuto poco, voto 5? Perché non sopporto quelli che si prefiggono di fare gli Autori o i cantaAutori. Monicelli o Fellini, se li chiamavi Autori, ti scansavano. Loro si consideravano “director”, all’americana. Come lo sono David Fincher (1962) e Sam Mendes (1965). Autori erano Zavattini, Flaiano, Sonego, Age & Scarpelli, Scola, Pinelli. Anche Sorrentino una volta dirigeva film, poi ha scoperto che nel suo corpo si è incarnato lo spirito di Fellini. Autore, per capirci, è un Michelangelo Frammartino (Le quattro volte), un Matteo Garrone, un Moretti. Mollo è bravo ma pretenzioso”.