Campo stretto/Cosa c’entrano Gori e Bentivogli con D’Alema e Provenzano?

POCHE-ZZA (di Humanity, Forum Aldo Grasso) Il “Padiglione” su Conte suscita parecchie reazioni. In genere chi difende Conte rinfaccia alla parte avversa scarsa attenzione verso le classi più povere del paese di cui ora l’avvocato si è fatto paladino nelle battaglie contro i poteri forti. Ma qui nessuno vuole fare una crociata contro quelle misure (RdCin primis) necessarie per dare una minima sicurezza economica alle persone più svantaggiate, ci mancherebbe. Quello che si contesta è il modo con cui Conte è arrivato a condurre certe battaglie. Un avvocato, che fino ai 54 anni non si era mai interessato alla Politica (e fin qui niente di male), viene convinto da un grupos di sedicenti guerrilleros, eterodiretti dal comico triste, a far parte di un governo sperimentale: i guerrilleros e i truci padani. Viene fatto accomodare sulla poltrona di PdC a condizione che per tutta la durata del mandato obbedisca ai suoi due vice (due personcine a modo). Lui accetta senza battere ciglio (sidirà: non ha esperienza politica, deve imparare) ed esegue tutto come un soldatino. Ma dopo poco più di un anno il truce padano si stanca e lo affossa. Ma poche-zza è un capro irresistibile anche per altri e viene “rimpoltronato” (questa volta complice il PD) a fare di nuovo il PdC sempre però con la clausola implicita di venire manovrato da altri. Fatto sta che in due mandati e circa tre anni dimostra di non avere la benché minima idea su niente, oggi dice una cosa il giorno dopo l’opposto, non prende di propria volontà una decisione che sia una e visto il periodo difficile che attraversa l’Italia viene quindi, alla fine, giustamente,rimosso. Il rancore lo consuma e dopo un periodo di appoggio forzato decide (non si sa se autonomamente, a questo punto) di affossare chi l’aveva sostituito, portando il paese alle elezioni. Ormai la libidine della notorietà gli ha sconvolto la vita e non pensa minimamente di tornare a fare l’avvocato (non lo sfiora neppure l’idea di non essere tagliato per la Politica) e così si candida con un’unica idea-slogan in testa, il RdC, anche perché continua a non avere altre idee proprie su nessun tema economico, di politica estera, sui diritti civili, etc.Chi lo difende a spada tratta (ma che forse vuole solo difendere le misure sociali che lui, per proprio tornaconto, si fa vanto di aver concesso) ha capito di che pasta è fatto questo povero diavolo? Affidereste ancora le sorti di una nazione (visti i tempi sempre più cupi) a una persona senza carisma e nessuna opinione?
Saluti 

(il Foglio,6/10/22) Contrordine compagni e attenti a quel Giuseppe Conte: “C’è una tradizione da salvare”. Alla vigilia della Direzione Pd, che domani inaugurerà la nuova fase democratica, quella della rifondazione – l’ennesima -, del “chi siamo e del cosa vogliamo essere”, nella sinistra dem avanzano i dubbi sul leader grillino. Progressista? Più che mai. Ma guai a definirlo di sinistra: l’etichetta, il fu Avvocato del popolo l’ha sempre scansata, quasi fosse una colpa o un intralcio verso la risalita elettorale. E forse, considerati i risultati non aveva nemmeno tutti i torti. Ma a vederla da sinistra, appunto, la questione è adesso ben diversa.

Per qualcuno, Giuseppe Conte era considerato un “fortissimo punto di riferimento” – il copyright è di Nicola Zingaretti. Certamente erano altri tempi, ma pure allora si parlava, come sempre del resto, dei problemi di identità del Partito democratico. Solo che oggi a mettere in discussione la natura politica dell’ex premier sono quelli che fino a ieri dovevano essere i pontieri tra Pd e M5s. Giuseppe Provenzano lo dice chiaramente: “C’è una tradizione, un’ispirazione, quella della sinistra italiana, da salvare. Anzi bisogna farla vivere anche in un tempo nuovo, penso al Brasile di Lula, alla rivolta degli studenti in Iran, alla minaccia nucleare di Putin. Non possiamo regalare questo patrimonio a Conte e alle sue ambiguità”, è l’avvertimento che il vicesegretario Pd recapita ai colleghi dalle pagine della Stampa, svelando la finzione grillina: “Lui si dichiara progressista, ma mai di sinistra e infatti mostra indifferenza rispetto al fatto che abbiamo il governo più a destra di sempre”.

Ma d’altra parte, un tempo, Conte si era pure definito populista, posava con Salvini per sponsorizzare i decreti sicurezza. Qualche dubbio poteva venire, se anche il sociologo De Masi, che notoriamente guarda il mondo da sinistra e che del M5s non è certo un nemico, invitava l’avvocato di Volturara a “consolidare la sua fede di sinistra, che non è affatto scontata. Ci sono le basi, ma bisogna lavorare a una leadership veramente di sinistra”.

Perplessità che ora arrivano fino al Nazareno, e anche nei d’intorni. E così Bersani, che non esclude un ritorno alle origini, nel caso in cui davvero il Pd riesca a reinventarsi in un “partito nuovo”, si rivolge a chi cerca in Giuseppe Conte il nuovo leader della sinistra. “È un effetto ottico. I problemi non si risolvono così, trovando il Mandrake o la Mandrake di turno”, dice l’ex segretario riconoscendo ai grillini la sensibilità per alcuni temi sociali. “Temi utili alla definizione di un campo progressista, ma che non toccano le strutture della uguaglianza da riprogettare: diritti e dignità del lavoro, fiscalità progressiva, welfare universalistico, politiche industriali e ambientali su cui da decenni la sinistra ha il know how e che non possono essere delegate ad altri”. Come a dire, va bene il dialogo, vanno bene le alleanze, ma con ruoli, compiti e obiettivi di rapprsentanza ben definiti.

Un punto di vista diverso, sicuramente molto più sfumato rispetto a quello espresso da Massimo D’Alema, i cui buoni rapporti con Conte non sono certo un mistero. Il “vecchio comunista”, come lui stesso si definisce parlando con il Fatto quotidiano, è molto duro con la dirigenza dem: “Mi chiedo persino dovre prendano il caffè la mattina”, dice D’Alema per sottolineare lo scollamento con la realtà del Pd, la cui unica via a questo punto è riprendere la strada con i grillini. “Sono indispensabili”, insiste D’Alema. E il motivo è presto detto: “Conte ha rifondato e ricollocato i grillini e il Pd ha bisogno di lui perché non intercetta più il voto popolare. Bisogna ricomporre il campo largo”.

Giorgio Gori, sindaco di Bergamo
Marco Bentivogli, ex metalmeccanico Cisl, editorialista di Repubblica
Provenzano, l’ultimo maoista del pd e fedele a Giuseppi