Sottospecie umane/Gli illusi ovvero quelli che si sentono invisibili

Su Repubblica (2/11/22) leggo questo titolo: “Ragazza, tu attenti alla mia vita”, le avances di un prof alla studentessa 16enne: “Eddai, vieni con me a bere una birra”. Un docente di 33 anni si è messo a scrivere su Facebook a una sua studentessa di 16, a pochi giorni dall’uscita delle pagelle: è successo al liceo classico di Roma “Pilo Albertelli”.

Prendo spunto da questa notizia per occuparmi di una specie umana con cui ci capita di avere a che fare nelle nostre vite. Come ci sono i biondi, i bruni, gli alti, i bassi, ci sono gli illusi. Dentro questa categoria innanzitutto troviamo gli inconsapevoli, quelli che non si rendono conto di quale sia la loro immagine sociale rispetto all”idea di sè che essi hanno. In genere sono palloni gonfiati e si illudono di essere apprezzati e stimati quando al contrario gli altri ridono di loro e li sbeffeggiano. L’ultimo Berlusconi ne è un esempio illustre, non fosse altro per il fatto che si illude con qualche trucco di aver fermato il tempo. Ma oltre ai palloni gonfiati ci sono tutti quelli che si illudono di essere diventati praticamente invisibili. Il desiderio dell’invisibilità è connaturato all’umanità, è uno dei superpoteri più apprezzati, molto più che della potenza o velocità o, che ne so, della agilità dell’uomo ragno. Bene, gli illusi sono quelli che riescono a convincersi di avere questo superpotere, sono invisibili, pertanto possono fare quello che vogliono senza che nessuno li veda e si accorga di loro.

Ho osservato facendo il preside troppi  docenti che dopo aver chiuso la porta dell’aula si illudevano di scomparire nel nulla come il ragazzino di Stranger Things. Pensavano che tutto quello che avveniva dentro rimanesse nascosto e nessun particolare venisse divulgato fuori a causa del timore che essi incutevano sugli alunni. Pia illusione perchè gli alunni, anni fa, appena usciti da scuola riferivano per filo e per segno tutto quello che era avvenuto dentro, e oggi fanno vedere e sentire quello che hanno ripreso con telecamere, cellulari e aggeggi vari.
L’illusione dell’invisibilità non so bene quando nasca però so per quale motivo nasca. Prendiamo un docente (ma può essere chiunque che lavori insieme con altri…, un preside, un medico, un muratore) che non insegna, perchè preferisce leggere il giornale o oggi consultare e usare il suo smartphone, cioè farsi i fatti suoi. Col tempo si costruisce un suo mondo immaginario (perchè da bambini abbiamo gli amici immaginari e da adulti il nostro mondo ideale) nel quale si trasferisce dopo averlo allestito a sua immagine e somiglianza. Abita lì, ingenuo e spensierato, e si dimentica del mondo reale, delle persone che lo circondano, degli affetti più cari. E’ una sindrome dissociativa, in fondo, e per capirla bene posso fare qualche esempio. Ho conosciuto un docente che in vita sua non ha mai interrogato un alunno, pur facendo sempre risultare agli scrutini voti attribuiti su interrogazioni orali mai avvenute in modo formale. Faceva domande, questo sì, agli alunni seduti nei banchi, ma il voto orale nessun alunno ha mai saputo sulla base di quale risposta scaturisse. Più volte ho dovuto consolare alunni che acconsentivano a spiegarmi la situazione a condizione però che io come preside non intervenissi. Alunni che dopo il voto attribuito loro agli scritti  si trovavano sul registro  tanti “impreparati” e voti positivi o negativi attribuiti non si sa per quale interrogazione, o domanda dal posto, o intervento. “Preside” mi dicevano, ” i voti li mette ad intuito”, “però per favore non dovete rompere questa prassi perchè nessuno è mai stato bocciato o rimandato. A noi sta bene così. I voti sono dati a casaccio, il più bravo della classe magari con lui prende 6 mentre in tutte le altre materie ha 8, però ormai tutti noi abbiamo accettato questa prassi”.
Voti dati a casaccio, ma sempre meglio di quell’altro che lasciava il registro in bianco, nonostante alla fine di un anno la cosa si fosse scoperta in seguito ad un diritto di accesso esercitato da un genitore. Agli scrutini, in tutta la sua carriera, ha dettato i voti che però sul registro non registrava, e se un alunno veniva bocciato con un suo voto negativo, non si prendeva neppure  la briga di segnare, a posteriori, il voto negativo che aveva dettato. No, il registro personale doveva rimanere intonso, e tutta una carriera si è svolta senza apporre un solo voto in una casella. L’ho sempre considerata una superstizione, come quelli che non passano mai sotto una scala o cambiano strada se vedono un gatto nero. Ora, la domanda è: come fai ad illuderti che nessuno (in una scuola poi, ma in qualsiasi posto di lavoro sarebbe lo stesso) si accorga di queste macroscopiche mancanze? Perchè questi tipi non sanno smettere, e tirano l’elastico sino a quando non si rompe?

Un discorso a parte meritano le liaisons dangereuses in ambienti di lavoro, coltivate con l’illusione che nessuno sappia o si accorga di nulla, senza pensare magari che l’intera scolaresca registra tutto oppure sei sotto l’occhio impertinente di una semplice telecamera a circuito chiuso.
Ecco perchè il sentirsi invisibile, o immaginarsi come una sorta di agente segreto, si accompagna con un pressapochismo disarmante, mancando l’approntamento delle precauzioni minime. Molti sostengono pertanto che in fondo a livello inconscio gli amanti clandestini vogliono essere scoperti per scontare la giusta punizione per la trasgressione, oppure tutto nasce proprio dal desiderio insopprimibile di assaporare il rischio di essere scoperti, per cui è la situazione di pericolo che crea la libido e non il trasporto per il partner.
Gli illusi si sentono dunque invisibili e non calcolano affatto il rischio di essere scoperti, visti, chiacchierati, criticati. Di diventare gossip generico per anni ed anni. Per quale motivo persone dotate di intelligenza media (certo, poi ci sono anche gli sprovveduti assimilabili a semplici idioti) diventano come giocatori d’azzardo, forzano le probabilità di fallire, come se avessero ricevuto un lasciapassare, un visto, una licenza, insomma come se essi fossero un’eccezione rispetto a tutti gli altri mortali? La sicurezza o sicumera è il connotato più evidente, dietro ogni persona troppo sicura di sè o che almeno vuole apparire tale si nasconde la propensione al rischio. Talvolta con effetti esilaranti perchè gli illusi non riescono neppure a ponderare che l’ invisibilità è necessariamente collegata ad uno specifico contesto, per cui se cambi città magari diventi ben visibile. Ma detto questo, c’è anche un aspetto inquietante e si rinviene in una somiglianza con le pratiche e la ripetitività dei serial killer.

“Ho sempre fatto così e m’è andata bene”, in fondo è questa la frase che s’imprime nel Super Io, che rappresenta la coscienza e le sue sotto componenti di etica e morale. Se m’è andata sempre bene finora per quale ragione non dovrebbe continuare così anche domani? Ecco il semplice elementare postulato dell’illuso, ma che è lo stesso del serial killer, ed entrambi sono anche tipi abitudinari, amanti del tran-tran, metodici, scrupolosi, che disdegnano i cambiamenti. Sono sempre alla ricerca di un ordine e della regolarità. Amano la norma ma solo se la producono loro, a quelle degli altri non si sottopongono.  Provate ad uno di questi tipi a fargli fare qualcosa di nuovo, qualcosa che non hanno ancora mai fatto. Perdono la trebisonda, la collera s’impadronisce di loro sino a stravolgerli. Illusi, invisibili, metodici, ripetitivi, non amano le novità e si sentono sicuri. E cosa c’è di sicuro nella vita?