I draghiani sono la risposta esatta al bipopulismo italiano

Se ci avessero ascoltato quando scrivevamo con ossessione quotidiana che bisognava costruire un fronte liberaldemocratico e riformista, costituzionale e repubblicano, contro il bipopulismo perfetto italiano che infesta da anni la società, il dibattito pubblico e i due ex poli di centrodestra e di centrosinistra oggi non saremmo ridotti al matrimonio tardivo tra Renzi, Calenda e Carfagna a un mese e mezzo dal voto del 25 settembre, e col Pd alleato con i neo, ex, post comunisti, con metà dei Cinquestelle e con Emma Bonino (intesa come lei persona fisica e basta).

Lo abbiamo ripetuto ogni giorno per tre anni, rivolgendoci ai riformisti del Pd e a Bonino, a Renzi e Calenda, oltre che a Carfagna, ma è successo esattamente l’opposto.

Il Pd ha continuato la corsa folle contro il muro di Giuseppe Conte, finita con le dimissioni di Mario Draghi per colpa del leader fortissimo di tutti i bellimbusti e dei suoi volenterosi complici nella ditta.

PiùEuropa ha dissimulato uno spirito federativo salvo accontentarsi al momento decisivo del seggio sicuro per un paio dei suoi capi, rinunciando a costruire un’alternativa e, di fatto, concludendo miseramente la sua parabola politica (probabilmente PiuEuropa non presenterà la lista per paura di fare una figuraccia, accettando il diritto di tribuna cui solo una settimana fa Calenda aveva relegato Di Maio: congratulazioni).

L’errore più grande compiuto da tutti i protagonisti di questa storia è stato quello di non aver sfruttato la formidabile occasione offerta dal governo Draghi un anno e mezzo fa (governo nato esclusivamente per merito, astuzia e capacità di Matteo Renzi, il quale solo per questo meriterebbe il voto alla carriera).

Anziché costruire una proposta politica nuova e adeguata, il Pd ha messo il broncio al favoloso governo Draghi perché amava il Bisconte e voleva il Trisconte con Arcuri e Ciampolillo, ma soprattutto perché detestava l’usurpatore Renzi in quanto colpevole di aver fatto abbeverare i cavalli dei suoi scout anticomunisti nelle fontane del Nazareno.

E mentre il Pd ha giocato di sponda con gli alleati strategici dei Cinquestelle fino all’implosione reciproca, Renzi, Calenda e Bonino hanno continuato a guardarsi in cagnesco e l’ala liberale di Forza Italia non ha avuto il coraggio di uscire allo scoperto.

Il motivo per cui oggi il fronte guidato da Letta e l’area liberaldemocratica di Renzi e Calenda non vinceranno le elezioni è la mancanza di lungimiranza politica degli anni precedenti, malgrado li avessimo avvertiti. La colpa è loro, anche per non aver fatto l’unica cosa che avrebbero dovuto fare per mettere in sicurezza il paese dalle tentazioni orbaniane di cui tutti ora fingono di preoccuparsi: farci votare con il sistema proporzionale puro e votare No al referendum contro la mutilazione del Parlamento. Sì, altre due cose che in infelice solitudine abbiamo sostenuto su queste colonne.

Adesso i draghiani contro il bipopulismo, a differenza dell’ambiguo fronte guidato dal Pd, hanno la possibilità di costruire un’alternativa politica seria ai due paralleli populismi italiano. Vediamo se ci riusciranno.

Se ci riuscissero, il voto a Renzi e a Calenda, a Mara Carfagna e a Elena Bonetti, alla famiglia liberal democratica europea di Renew Europe, è l’unico voto esattamente draghiano a disposizione degli italiani. Un voto che consentirebbe la presenza in Parlamento di una pattuglia di deputati e senatori che non sarà soltanto una testimonianza utile e necessaria, ma anche un fattore decisivo di produzione politica perché l’unico impermeabile al populismo e al sovranismo degli altri.

La condizione è che non si tratti soltanto di un’alleanza elettorale o di un cessate il fuoco temporaneo tra Renzi e Calenda per mancanza di alternative, come appare al momento, ma al contrario il primo passo verso la costruzione di un partito liberaldemocratico europeo e atlantico in grado di offrire un’alternativa di governo alla confusione programmatica del Pd e al neo, ex, post fascismo di Fratelli d’Italia e Lega.