Il centro (vuoto) di Galli della Loggia o un programma al centro?

Secondo Galli della Loggia nel sistema politico italiano il centro è un luogo vuoto, un non luogo. Politicamente è il nulla: dichiararsi di centro è come dichiararsi a favore dell’aria condizionata o del gelato alla crema anziché al cioccolato. Equivale cioè a un’identità politica evanescente che non sembra proprio in grado di attrarre grandi masse di elettori. Come non essere d’accordo sul concetto che gli elettori non ti votano perchè ti dichiari di centro?

Sì, c’è stato un tempo in cui le cose erano diverse. Dal 1945 alla fine della prima Repubblica la dc stava al centro e governava perchè nel sistema vi erano a destra e a sinistra dello schieramento politico due formazioni che per le loro caratteristiche ideologiche avevano un carattere radicale, estremista, potenzialmente eversivo (la maggioranza degli elettori lo riteneva vero). Un forte partito comunista filosovietico sulla sinistra e sul versante opposto una destra di aperti sentimenti neofascisti, per cui l’unica area legittimata a governare era costituita dal centro. Niente a che vedere questa situazione con quella dell’Italia politica odierna, tranne in un piccolo particolare: c’è, come dice Mattia Feltri, “una sciagurata sinistra, sempre alla ricerca di una reincarnazione di Mussolini da contrapporre al suo deserto programmatico“.  Anche le elezioni del 25 settembre saranno giocate da Letta con lo schema Cln: Grande Alleanza Antimeloniana, per resistere al fascismo. In questo schema possono starci tutti, finanche Conte e tutti gli antidraghiani.

Ora, qual è il punto debole del trio delle meraviglie Meloni-Salvini-Berlusca? E’ presto detto: è un fritto misto dove ci sono (e e ci saranno al governo se vincono)  europeisti e euroscettici, atlantisti e putinisti, liberali (pochi) e statalisti (molti), garantisti e giustizialisti. Se questo è il punto debole della destra, uno si immagina che Letta/Franceschini si dovrebbero preoccupare di mettere insieme uno schieramento del pd che abbia al suo interno omogeneità di intenti. Tutti dovrebbero essere atlantisti, filoamericani e europeisti. Ma se così fosse, che c’azzecca Fratoianni? E il ministro Speranza sottoscrive i tre aggettivi o comincia a fare il capzioso?  “Chi ha un’idea decente dell’Italia e del suo futuro, sa già che deve votare Enrico Letta o Carlo Calenda o Matteo Renzi. Non c’è bisogno di un Comitato di liberazione nazionale, c’è bisogno di una proposta elaborata, strutturata, del tempo per formularla. Anche per la prossima volta, che potrebbe non essere così lontana” ha scritto Mattia Feltri.

Evitare un’ammucchiata e concordare sulle cose da fare, ecco cosa dovrebbe proporre il Pd.  Calenda ha proposto ieri un Patto repubblicano che  è una novità perché almeno sposta la questione sui contenuti che – ha detto – «non sono generici. Si tratta di rigassificatori, termovalorizzatori, se necessario militarizzando le aree in cui devono esserci. Vuol dire revisione del reddito di cittadinanza, anche salario minimo. Facciamo un Patto repubblicano aperto ai cittadini e alle personalità politiche, chi ci vuole stare ci sta e siamo molto contenti».

Insomma e per concludere: il centro oggi nel 2022 nel sistema politico italiano dovrebbe essere una proposta riformista, precisata senza ambiguità e sotterfugi, che vale sia se si sta al governo sia se si sta all’opposizione. Dalle alleanze internazionali sino ai contenuti interni occorre chiarezza. Il contrario di un’accozzaglia  di posizioni e intendimenti, il contrario dell’Unione di Prodi, perchè chiedere i voti sapendo che poi al governo ognuno tira l’acqua al proprio mulino significa prendere in giro gli elettori.