Ma ci sono molti personaggi in cerca di autore e forse di partito: Alessandro Di Battista, carriera coerente da descamisado, che combatte la sua battaglia in contumacia, alternando l’identità d’attivista a quella di reporter; c’è Virginia Raggi, che non ha dato prova brillantissima da sindaco, ma ha acquistato un suo peso specifico, ritagliandosi un ruolo autonomo anche con posizioni ambigue sui vaccini e poi con la battaglia contro il termovalorizzatore, sdoganato dal suo successore, Roberto Gualtieri. Poi c’è Giuseppe Conte, il temporeggiatore con un piede nel governo e due fuori. Ma ci sono anche personaggi esterni, di cui tenere conto: Marco Travaglio, contiano ad honorem, che spinge per portare il partito all’opposizione. E Michele Santoro, giornalista-tribuno che ha ottenuto una nuova visibilità con le sue posizioni non esattamente filo ucraine…
E Michele Santoro? Nel 2016 disse che i 5 Stelle sono «destra pura» e che Grillo si muove tra «manganello e insulto». Con Di Battista condivide solo la linea su Putin ma non i riferimenti novecenteschi. Di recente si è detto disponibile a «dare una mano», quindi a candidarsi in M5S, se Conte lasciasse il governo e se si schierasse decisamente a sinistra. Ma Conte, come dice Mattia Feltri, è leader contemporaneamente di cinque correnti (governisti, barricaderos, mediatori, attendisti e se stesso). Lo shangai potrebbe cominciare a prendere forma quando il primo bastoncino – Conte – cadrà in una qualunque delle direzioni. Fino ad allora i giochi sono aperti.