Lucio Battisti Masters

(5/10/2017) Mi hanno regalato Lucio Battisti Masters, un cofanetto con 60 canzoni, i nastri originali rimixati con gli aggeggi tecnologici di oggi. L’artista più internazionale che abbiamo avuto, quanti anni ci vorranno perché ne nasca un altro così?

Le canzoni sono quelle del periodo Mogol, un signore che io non amo perché è uno che ha sfruttato la gallina dalle uova d’oro vinta alla giostra.  Pensateci, Elton John aveva un paroliere, qualcuno si è mai interessato a lui (Bernie Taupin) ? Azzurro è la canzone di Celentano e di Conte. Qualcuno si è mai interessato al grande paroliere Vito Pallavicini? O a Migliacci, autore di Nel blu dipinto di blu e di In ginocchio da te? Mogol al contrario si racconta come un Poeta che ha innalzato Lucio. Può essere un genio uno che affida Non è Francesca (la più bella canzone di Battisti), nel 1967, al complesso i Balordi, e poi la fa uscire come retro di Un’avventura, nel 1969? Che sia uno attaccato ai soldi lo dimostra la causa intentata agli eredi Battisti, moglie e figlio, i quali non vogliono che le sue canzoni siano usate per la pubblicità o per manifestazioni paesane. Soldi soldi, ne vuole ancora, non gli bastano quelli che gli ha fatto fare il Vero genio. Per argomentare questa mia affermazione che può sembrare faziosa, vi propongo tre pensieri che trovate riportati nel cofanetto. Il primo è di Antonio Vivaldi (“Per sempre Lucio”). Scrive ad un certo punto: “E se mai qualcuno pubblicasse le tracce solo strumentali dei pezzi dell’album-raccolta Emozioni (come accaduto per una recente riedizione di Pet Sounds dei Beach Boys), le sorprese sarebbero enormi. E non poco il fastidio di chi è interessato solo alla voce e alle parole”.

Il secondo contributo ce lo fornisce il produttore e arrangiatore inglese Geoff Westley, col quale Battisti incise Una donna per amico, 1978, e Una giornata uggiosa, 1980. Non uno qualsiasi, ma uno che aveva partecipato a qualche tour dei Bee Gees. Leggete cosa dice : “…con lui avevamo cominciato a lavorare insieme a Londra. Arriva il mio amico Frank Musker che mi spiegò quanto fosse importante Lucio in Italia. -Lo considerano un incrocio tra Bob Dylan e John Lennon…- Io cascai dalle nuvole, non sapevo del suo successo, in quei tre mesi Lucio non mi aveva detto quasi nulla di sé né si era vantato del suo successo. Un comportamento che non ho ritrovato in nessun altro dei suoi colleghi”.

Il terzo pensiero è di Alberto Radius, oggi 75 anni, un famoso strepitoso chitarrista che ha lavorato con lui, con i Quelli e poi con la Formula 3. Dice : “Ho un solo dispiacere: mi è capitato di sentire una trentina di suoi brani in finto inglese, mai incisi, che mi sembravano una gioia. Di questi pezzi purtroppo non potremo mai sapere niente altro di quello che ricordo io, perché Lucio non c’è più. Erano ancora una volta, un segno di genialità, istintiva, immediata. Peccato”. Si dice che la moglie di Battisti, Maria Grazia Veronese, non intenda pubblicare tutto il materiale inedito che ha a casa per la semplice ragione che Lucio non avrebbe voluto. Chi è il venale, in questa storia?

Una volta, a Firenze, nel 1970, nel negozio di dischi Ricordi dove andavo sempre, incontrai Radius che quell’anno accompagnava in tournee Lucio (era anche uscito l’album Dies irae dei Formula 3) e così gli chiesi di spiegarmi questo Battisti (l’anno prima a Sanremo era arrivato nono). Radius mi diede subito del tu e mi disse: “Lo sai che ti dico? E’ un genio assoluto”.