Ecco quello che avverrà, in Europa e in Italia

(gianluca mercuri, corsera)
«Se la Russia raggiunge i suoi obiettivi politici in Ucraina con mezzi militari, l’Europa non sarà più quella che era prima della guerra». Perché?

Perché Europa e America non potranno più nemmeno fingere che la Nato assicuri stabilità a tutto il continente: potrà farlo a stento per i propri membri. «La sicurezza in Europa dovrà essere ridotta a difendere i membri principali dell’Ue e della Nato. Tutti quelli al di fuori dei due club resteranno soli, con l’eccezione di Finlandia e Svezia. Potrebbe non essere necessariamente una decisione consapevole, quella di porre fine all’allargamento o alle politiche di associazione; ma sarà una politica de facto.
Il ribaltamento del concetto di deterrenza
Dire che «non si può fare la terza guerra mondiale» perché la Russia ha le armi nucleari, come ha fatto Biden, è la pura verità, ma significa anche prendere atto che Putin ha ribaltato il concetto di deterrenza nucleare: prima non si poteva fare la guerra per la certezza di una risposta micidiale, ora si può fare la guerra grazie alla certezza che la risposta (occidentale) non ci sarà.
È come se il nucleare occidentale fosse all’improvviso spuntato, mentre quello russo è al massimo dell’efficacia dissuasiva. Lo scontro economico rischia di essere permanente: «L’Occidente cercherà di imporre sanzioni radicali, che la Russia probabilmente parerà con misure informatiche e ricatti energetici, date le asimmetrie economiche».

La politica interna dei paesi europei

Ma il pericolo più grande Europa e America lo correranno al loro interno: la politica interna dei paesi europei, in particolare, diventerà «il grande gioco del ventunesimo secolo», con la Russia impegnata a studiare ogni sfumatura europea per favorire una differenziazione, se non una rottura della solidarietà transatlantica e dell’impegno verso la Nato.

«Attraverso metodi anche sporchi, la Russia coglierà qualsiasi opportunità per influenzare l’opinione pubblica e le elezioni nei paesi europei. La Russia sarà una presenza anarchica — a volte reale, a volte immaginaria — in ogni caso di instabilità politica europea».

Non basta: è ipotizzabile un’ondata di rifugiati che «esacerberà l’irrisolta politica migratoria dell’Ue e fornirà terreno fertile per i populisti».

E allora, «il Santo Graal di queste battaglie informative, politiche e informatiche saranno le elezioni presidenziali del 2024 negli Stati Uniti». Da quell’appuntamento dipenderà il futuro dell’Europa: se vincono Trump o un trumpiano, «si potrebbe distruggere la relazione transatlantica nell’ora del massimo pericolo per l’Europa». Attenzione: si sta parlando esattamente di noi, della tentazione che una parte della politica avrà inevitabilmente, quella di puntare sugli interessi immediati (esempio: quanto siamo disposti davvero a vedere aumentare la bolletta del gas?) a costo di sacrificare i valori di fondo, che poi corrispondono ai nostri interessi di lungo periodo (in tre parole, democrazia, pace e sicurezza).

Ma nessuna vittoria è permanente
Ma nessuna vittoria è permanente. E nemmeno quella della Russia in Ucraina lo sarebbe.
È qui che entrano in gioco i valori occidentali, che possono essere la vera arma vincente se sostenuti con coerenza e pazienza. L’Occidente può mettersi dalla parte della decenza e della dignità in questo conflitto. Le guerre vinte non sono mai vinte per sempre. Spesso il tempo sconfigge i paesi che vincono le guerre sbagliate».

Wall Street Journal: “L’errore che l’occidente ha commesso per un decennio è pensare che Putin possa essere un ragionevole partner geopolitico. Putin non vuol far parte dell’attuale ordine internazionale: vuole farlo esplodere”.

(LUCIANO CAPONE Tutti contro Putin. Così si chiude la legislatura più filorussa e anti-Ue di sempre)

Dopo l’attacco militare sferrato dalla Russia  all’Ucraina, il Parlamento italiano si è mostrato unito come raramente accade. Tutti i partiti di maggioranza, da destra a sinistra, inclusa la principale forza di opposizione guidata da Giorgia Meloni, hanno condannato l’aggressione di Vladimir Putin e si sono schierati senza distinguo dalla stessa parte: quella dell’Unione europea e dell’Alleanza atlantica.

La costituzione di una posizione interna condivisa che riflette il fronte comune con Washington e Bruxelles pare un esito scontato, ma non lo era affatto. Perché mai nella storia repubblicana come in questa legislatura è stato messo in discussione il posto dell’Italia nel mondo,  il suo ruolo di paese fondatore della Nato, dell’Ue e dell’euro. Il 4 marzo 2018 è   una data che avrebbe potuto avere nella storia italiana il significato opposto del 18 aprile 1948. Probabilmente a molti sfugge, perché questa legislatura ha subìto diversi capovolgimenti politici, ma le ultime elezioni  avevano  dato al paese, per la prima volta dopo il secondo dopoguerra, una maggioranza anti-europeista e anti-atlantista.

Nei programmi elettorali di M5s e Lega, i partiti usciti vittoriosi dalle urne, il prodotto avariato di un malinteso concetto di “sovranità”, i “nemici” dell’Italia venivano individuati in Europa: a Bruxelles, Berlino, Francoforte e Parigi. Mentre i nuovi “amici” stavano fuori dai confini occidentali: a Mosca e Pechino. Dal 2018 al 2020, a Russia e Cina era chiaro che l’Italia rappresentasse il ventre molle dell’Europa e dell’Occidente: quasi non gli sembrava vero di poter fare affidamento su degli utili idioti così disponibili, al governo di uno dei più importanti paesi dell’Ue.

Ancor prima di arrivare al governo, M5s e Lega hanno portato avanti – si spera gratuitamente, sebbene non sia una giustificazione – il progetto politico di Putin. Prendiamo proprio la crisi ucraina. Il M5s era schierato contro l’Accordo di associazione tra l’Ucraina e l’Ue, all’origine della rivoluzione di Euromaidan, dai grillini definita un “colpo di stato” dell’Europa e della Nato ai danni della Russia. La Lega, allo stesso modo, era nettamente contraria all’abolizione dei dazi e agli aiuti all’Ucraina. Matteo Salvini è stato tra i primi a riconoscere non solo l’annessione illegittima alla Russia della Crimea, ma anche le due sedicenti repubbliche separatiste e di Donetsk e Lugansk (l’ha fatto ben otto anni prima di Putin!). Entrambi, Lega e M5s, all’epoca guidato dall’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio, si opponevano alle sanzioni alla Russia per l’annessione della Crimea e altrettanto strenuamente al Ttip e al Ceta: erano quindi favorevoli al libero scambio solo  con la Russia, ma contrari agli accordi commerciali dell’Unione europea con  Stati Uniti e  Canada.
Stesso atteggiamento con la Cina. L’Italia del governo Conte gialloverde è stato l’unico paese del G7 e l’unico tra i fondatori dell’Ue ad aver siglato con Xi Jinping il memorandum sulla  “Via della seta”. I ministri di quel governo, da Di Maio al leghista Centinaio, si esaltavano per un protocollo sull’export di arance in Cina come se si fosse trattato dei nuovi Trattati di Roma. I “sovranisti” hanno portato al governo personaggi sdraiati sulle posizioni di Pechino come Michele Geraci, sottosegretario al Mise in quota Lega, a cui venne affidata la “Task force Cina”, attraverso la quale si vagheggiava addirittura una sostituzione di Pechino al posto della Bce nell’acquisto dei titoli di stato italiani. Allo stesso modo questi sovranisti con il cappello in mano, all’apice dello scontro con Bruxelles, mentre minacciavano l’uscita dall’euro, sognavano un intervento di Mosca per stabilizzare lo spread e il debito pubblico. (“Putin: pronti a comprare Btp”, titolava in prima pagina il 25 ottobre del 2018 il Sole 24 Ore, in una specie di “Fate presto” filorusso).

Anche nel pieno della tragedia della pandemia il governo Conte, stavolta in versione rossogialla, ha trasformato l’Italia piegata dal Covid in un palcoscenico per la propaganda di Putin e Xi Jinping, tra mezzi militari russi che scorrazzavano per il paese e video tarocchi celebrativi degli “aiuti” cinesi.

Ora che c’è il governo Draghi e che il paese sembra tornato su un binario di normalità tutto è stato dimenticato, quasi rimosso, come si fa con le esperienze traumatiche. Ma i cittadini dovrebbero ricordarsene alle prossime elezioni, perché se gli eletti sono responsabili di quei folli programmi loro sono responsabili di averli votati.