Il libro “Itaca” di Francesco Bevilacqua, la fine di un cammino ma anche l’inizio

(F. Bevilacqua, Turbare una stella. Spirito e materia. Storie e cammini, Rubbettino ed., 2020) Cos’è la materia, cos’è lo spirito? Sono entità separate o congiunte? Quali i loro rapporti? Qual è il posto dell’uomo sulla Terra? Cos’è l’uomo in relazione all’Universo? Perché oggi non ci resta che la mitezza?

Domande fondamentali sulle quali hanno lavorato filosofi e scienziati, religiosi e psicanalisti, artisti scrittori e intellettuali. Un libro coraggioso perchè prova a raccontare l’amore contrastato fra spirito e materia attraverso la narrativa: un alternarsi di “storie” (le tappe dello svolgersi di quella relazione nei secoli) e di “cammini” (i reportage dei viaggi a piedi dell’autore alla ricerca della propria interiorità, prima ancora che della bellezza della natura-materia). Un libro umile che è un diario, perchè il camminare, il guardare, il visitare, l’incontrare, produce l’esigenza di capire e studiare, di approfondire, di trovare le parole giuste per descrivere, per mettere ordine. Così il racconto-viaggio cominciato in cerca di risposte con gli anni rimbalza altre domande: perché la Terra ha subìto tante profanazioni? Cosa spinge l’uomo a far del male ai suoi simili? Qual è la causa dell’eclissi del sacro? Perché le nostre sono divenute civiltà del panico, dell’apparenza, della competizione, della bulimia edonistica e consumistica? E infine: ma davvero crediamo di poter sconfiggere la morte? Questo libro nasce dal desiderio di comprendere perchè materia e spirito siano come gemelli separati dalla nascita.

“Ho una visione olistica e sistemica del Cosmo, dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, penso cioè che il Tutto sia ben più che la sommatoria dei suoi elementi e che tutto sia profondamente interrelato”.

Un libro incantevole che riesce ad unire (nel mio immaginario) la storia della filosofia di Luciano De Crescenzo e la fisica quantistica con i grandi viaggiatori per le Calabrie, da Norman Douglas e Edward Lear ai francesi del XVI secolo al belga Jules Destrée del 1928; 44 cammini (reportage di viaggi) e 44 storie concatenate l’un l’altra da leggere con passo lento e senza fretta. Un libro che l’antropologo Vito Teti, il regista Michelangelo Frammartino e papa Francesco adoreranno. Sono le prime tre persone che mi vengono in mente, ma in cuor mio vorrei che tutti i calabresi potessero esser fieri di questo avvocato che illustra al mondo la nostra terra e la nostra anima.
Bevilacqua è innanzitutto un grande convincente scrittore al quale la Natura ha fatto dono del linguaggio adatto per descriverla in tutta la sua bellezza. Tu puoi arrivare al cospetto di qualsiasi bellezza ma se non hai le parole come la comunichi al mondo? E poi il suo stile originale corrisponde all’autenticità di un bambino:
“Sono a mio agio quando metto un pò di distanza tra me e gli altri bipedi. E per far questo devo camminare in montagna, dove bipedi ce ne sono pochi, e dove anche i loro segni sono meno invasivi, evidenti, protervi. Solo lì trovo pace. Solo lì percepisco il soffio vitale che pervade tutto.E da esso mi sento sfiorato, attraversato, invaso. Solo lì mi sento nel Tutto e avverto la presenza del Tutto dentro di me”.