Per riformare questi magistrati serve la mano di Dio

Si dice in giro che trent’anni dopo sarebbe arrivata l’ora di riformare, andiamo al sodo, i magistrati. Già. Hanno fatto un Dio di quel furbastro ributtante di Di Pietro, adottato Falcone per massacrarne metodi e idee, trafficato alle spalle del Borsellino ucciso raccontando balle a destra e sinistra sul suo omicidio, salvo appenderne le foto in ufficio; hanno inventato moralizzazioni immorali e illegali facendole passare per benefiche rivoluzioni, massacrato Tortora e appeso una medaglia al merito sul petto dei colleghi delegati al massacro, provocato suicidi senza togliersi il cappello nemmeno davanti alle bare; hanno fatto e disfatto governi, presidenze della Repubblica, premiato infami e distrutto vite, creato segretari di partito, regalato il soffio della vita alle dicerie più unanimi e più invidiose, perciò più plebee. Sono stati, come categoria, perché singolarmente non si può azzardare, talmente ingiusti, talmente torvi e così volgari che, non essendo stati bloccati, né squartati, né fritti nell’olio bollente come carciofi, perfino a Hollywood hanno dovuto chiedersi: è stata la mano di Dio?