100 anni dalla nascita di don Saverio

L’11 gennaio 1922 nacque a Nicastro don Saverio Gatti, un sacerdote che molti di noi hanno conosciuto prima a scuola e poi in Cattedrale, frequentando uno dei gruppi di cui è stato promotore e anima. Quando scomparve, il 15 febbraio del 1983, come ha scritto Mario De Grazia “i poveri hanno perso un amico, i giovani un punto di riferimento e di ascolto, gli studenti un momento formativo e di incoraggiamento, i credenti un pastore illuminato e credibile , i non credenti un affettuoso interlocutore attento e sempre disponibile“. Come mi è capitato altre volte di scrivere e dire ricordandolo, col passare del tempo e cambiando prospettiva (come a me succede di fare, ad altri no) penso che ciascuno di noi sia figlio del suo tempo. Le cose che diciamo, quelle che facciamo, nascono in un determinato ambiente e momento storico, anche se magari qualcuno è più capace di altri di modificare quell’ambiente, di sovvertirlo, oppure di adagiarvisi come se fosse la più comoda delle coperte. Io, per esempio, non ripeterei oggi tante cose di quelle che mi è capitato di dire a don Saverio a scuola o in privato, perchè sono molto cambiato e non ho più sedici anni. Ma al netto delle parole e delle cose che abbiamo fatto insieme con lui, frutto degli anni che abbiamo vissuto assieme, il ricordo di quel sacerdote è ancora vivo in noi, è diventato un sentimento, personale ma anche comune a tante persone, ad una intera comunità. Tutti quelli che don Saverio ha benedetto, a distanza di molti decenni si ri-conoscono, si ri-trovano, anche se non si vedono o vivono in posti diversi, perchè li unisce un sentimento che qualcuno più bravo di me è riuscito anche a descrivere e a scandagliare. Tante volte, davanti a trasformazioni incredibili e inimmaginabili che ci capita di vivere, mi sono chiesto cosa avrebbe fatto don Saverio. Quando lui viveva c’erano ancora i “fatti”, i ragionamenti, le argomentazioni, cominciava a farsi largo l’ideologia che avrebbe pian piano come un tarlo oscurato le nostre menti e trasferito la fede da Dio agli uomini nuovi che avrebbero cambiato il mondo. Oggi invece ci sono solo opinioni, tocca vedere terrapiattisti che discutono con scienziati come se fosse normale. Ieri, era il 1965, cantavamo:
Perché è venuto ormai il momento di negare
Tutto ciò che è falsità
Le fedi fatti di abitudini e paura
Una politica che è solo far carriera
Il perbenismo interessato
La dignità fatta di vuoto
L’ipocrisia di chi sta sempre
Con la ragione e mai col torto.

Pensavamo di poter costruire un mondo più giusto e in effetti… Come ha scritto Rainer Zitelmann “Il sistema politico, economico, sociale in cui viviamo ha portato miliardi di persone fuori dalla povertà, ha ridotto il lavoro minorile, ha prodotto benefici diffusi in tutto il mondo. Ma ancora in molti si ostinano a considerarlo come l’origine di tutti i mali.

Prima della nascita del capitalismo, la maggioranza della popolazione mondiale viveva in estrema povertà: nel 1820 era il 90% delle persone; oggi è meno del 10%. E la cosa più notevole è che negli ultimi decenni, dalla fine del comunismo in Cina e in altri paesi, il declino della povertà ha accelerato ad un ritmo mai visto in qualsiasi periodo precedente della storia umana. Nel 1981, il tasso di povertà ammontava al 42,7%; nel 2000, era sceso al 27,8%, e nel 2021 era al 9,3%.

Ci sono altre buone notizie: il numero di bambini costretti a lavorare in tutto il mondo è diminuito significativamente, scendendo da 246 milioni nel 2000 a 160 milioni di bambini vent’anni dopo, nel 2020. E questo nonostante il fatto che la popolazione mondiale sia aumentata da 6,1 a 7,8 miliardi di persone negli stessi due decenni.

Alla maggior parte delle persone il capitalismo però non piace. L’Edelman Trust Barometer, un sondaggio condotto in 28 paesi, ha concluso che, in media, il 56% degli intervistati crede che «il capitalismo come esiste oggi faccia più male che bene nel mondo». ” Ecco, chissà se ci saremmo intesi con don Saverio discutendo di tutto questo. Perchè il “Che fare?” sono due domande e non una sola. Una cosa è avere a che fare con dei “poveri” che incontri, vedi, in carne e ossa (e allora ognuno fa quel che sente); un’altra discutere globalmente, da una prospettiva mondiale, del sistema. Si può, oggi, 2022, essere anticapitalista come lo si era nel 1965, oppure riconoscere che non è l’origine di tutti i mali. In fondo, tanti si sono ritrovati a stare dalla stessa parte (o a militare nella stessa area) perchè credevano di aver individuato l’origine del male. E si va avanti così, ci si ritrova anno dopo anno a stare insieme perchè si condivide lo stesso nemico politico (da Andreotti a Craxi, da Berlusconi a Salvini al neoliberismo). Ecco, il mio ricordo di don Saverio mi induce a pensare che vivendo oggi Egli ci incoraggerebbe ad individuare il Bene, piuttosto che a stare sempre dietro al nemico di giornata o al rinnegato di turno. Ci direbbe che i “puri” hanno fatto il loro tempo, perchè trovano sempre uno più puro che li epura, che il cattolicesimo di don Minzoni, di padre Balducci, di Livio Labor, di don Milani, è una lotta continua ed incessante per valorizzare il bene ovunque si nasconda.
Il compito educativo di don Saverio non era quello di far crescere dei “puri e duri”, in altre parole degli estremisti, sia pure antifascisti e anticapitalisti. Per quale ragione don Saverio pensava che lo scautismo avesse una validità educativa? “Attraverso questo tirocinio e disciplina della volontà e del corpo”, affermò don Emilio Faggioli, “noi intendiamo formare degli uomini di carattere”. Uomini di carattere, appunto, e non inflessibili militanti protesi a sconfiggere il Male che hanno individuato nella contingenza.