“Perchè” il virus secondo Francesco Bevilacqua

Francesco Bevilacqua, avvocato e naturalista molto conosciuto non solo in Calabria, è un mio amico e ai miei occhi è uno degli intellettuali calabresi più grandi. Lo metto insieme con Marramao, Ordine, Teti, gente di questa levatura. Sulla pandemia sta svolgendo una serie di riflessioni molto acute. L’ultima che ha pubblicato su “Il corriere della Calabria” dice: “Sin dall’inizio, ho pensato (e scritto) che il virus è venuto fra noi per dirci qualcosa. Se gli scienziati, come è giusto che facciano, si chiedono “come” sconfiggere il virus, guardando al contingente, io, invece, da uomo comune, mi chiedo, invece, “perché” accade tutto questo. Per capire come questo possa essere percepito dall’opinione pubblica, ho fatto un piccolo esperimento. Ho interrogato quattro amici di diversa cultura ed estrazione di cui trascriverò qui le risposte, brevemente, senza offrire alcun indizio, per non far capire di chi si tratta.
Il primo di essi è un chirurgo, docente universitario: «Vedremo se il genio umano sarà in grado, anche questa volta, di risolvere il problema». Come in un gioco competitivo fra intelligenze: quella della natura da un lato, quella dell’uomo dall’altro, quest’ultima avvertita come superiore.
Il secondo è uno storico, anch’esso docente universitario: «La storia ci insegna che ogni crisi, anche grave, ha ispirato una grande voglia di riscatto nell’Umanità, alla quale ha fatto sempre seguito una fase di ripresa». Una tesi basata sui cicli storici che non coglie novità in quanto sta accadendo, come se si trattasse di un evento ordinario per quanto “temporaneamente” molto fastidioso.
Il terzo è un imprenditore, ma anche uno studioso di scienze sociali: «Ho fiducia nel genio dell’uomo. Non posso non credere in una via d’uscita prodotta dalla scienza. Ogni posizione diversa non solo è pessimistica ma, direi, oscurantista». Orientamento che definirei neoilluminista, razionalista.
Il quarto è un prete cattolico: «Se l’uomo comprendesse che è parte del tutto, si approccerebbe al problema con maggiore umiltà». Visione ecologica ed olistica, in linea con l’enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco”.
Dopo aver dato conto di questo piccolo sondaggio, Bevilacqua  spiega il suo “perché” iniziale. Lo fa attraverso la lezione di Konrad Lorenz (1903/1989), premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1973, che condusse una dura battaglia contro quello che lui stesso chiamava riduttivismo ontologico ossia la pretesa di ridurre la realtà esclusivamente a ciò che è calcolabile, misurabile, sperimentabile.
«Mio caro sapiens, prova a nutrire più dubbi che certezze, dì ai tuoi scienziati di fare tesoro delle critiche, anzi di autocriticarsi, impara ad ammettere i tuoi errori, accetta, una volta per tutte, l’idea che non sei affatto il padrone del creato ma ne sei solo una parte paritaria e, proprio in ragione del tuo genio, dovresti divenirne attento custode. Laddove per custode s’intende la responsabilità del servo che prima o poi dovrà dar conto all’effettivo padrone (la natura o Dio, per chi ci crede) di come ha trattato ciò che gli è stato affidato. Per questo sono venuto fra voi: per guarirvi, non per distruggervi».

Essendo in buona sostanza d’accordo con Francesco Bevilacqua (infatti ho già scritto che questa pandemia non la si comprende soltanto attraverso le categorie del “razionale” e del “già noto”), vorrei soltanto aggiungere una postilla per tutti noi “interpreti”. Il “perchè” della pandemia ciascuno di noi, in fondo, lo rinviene nella sua ideologia. Il cattolico ci vede un castigo di Dio, il comunista  il disastro del capitalismo e del neoliberismo, il nazista non si vaccina perchè pensa sia la selezione della razza eletta, l’ambientalista pensa sia una lezione della natura sottomessa. Sotto questo aspetto con ironia concludo che non dobbiamo prenderci troppo sul serio e la citazione che vorrei fare non è colta ma a me pare istruttiva.

C’è un episodio del cartone animato I Simpson (Lisa la scettica) che si occupa del rapporto tra fede e scienza. Gli abitanti di Springfield si sono convinti che ad una data ora ci sarà la fine del mondo. Ognuno aspetta la sua morte e fra di loro ci sono Patty e Selam Bouvier, le due gemelle sorelle maggiori di Marge. Le gemelle sono due note incallite fumatrici, per cui l’ultima cosa che sanno dire prima dell’ora fatale è: “Abbiamo sconfitto il cancro”, e lo dicono assaporandosi l’ultima sigaretta. Poi però non muore nessuno, ma l’umorismo dei Simpson ci spiega così che ciascuno di noi sino all’ultimo suo respiro resta con (o in balìa del) le sue convinzioni.