La pandemia ci chiede di coordinare il pubblico con il nostro privato

Cominciamo dall’inizio. La prima questione che la pandemia ha posto a ciascuno di noi è stata quella di chi fidarsi. Che, se ci pensate bene, è una vecchia domanda politica: a chi dare ascolto, a cosa credere, chi seguire? Quale bandiera sventolare in piazza? Oggi magari non vi ricordate più Zingaretti che nel 2020 per tranquillizzare si faceva l’aperitivo a Milano, o Formigli (La7) che si mangiava l’involtino primavera avendo invitato il ristoratore cinese, o la virologa Maria Rita Gismondo. Questi era la direttrice del dipartimento di microbiologia e virologia dell’ospedale Sacco di Milano, centro di riferimento per i contagi in Lombardia. Il 23 febbraio 2020 disse: “Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale”.

Se a Ferragosto nevicasse?
Da molti anni mi è capitato con gli amici, parlando del riscaldamento globale e del clima, di proporre loro questo paradosso: se a ferragosto un anno si mette a nevicare, cosa faremmo, cosa diremmo? Potremmo fare tantissime ipotesi del genere, anche perché lo scorso luglio in Canada le temperature sono arrivate improvvisamente a 50 gradi centigradi! Davanti a qualsiasi evento incredibile che ci si potrà presentare, da una navicella aliena che atterra sulla terra ad una improvvisa interruzione del funzionamento del web che rendesse i nostri devices del tutto inutili come ferraglia, a chi potremmo dare ascolto? A Letta, Conte & Travaglio, o a Cacciari?
Ecco, Cacciari, un nome che non faccio a caso perché la pandemia, in questa nostra ricerca di qualcuno che ci spiegasse cosa stesse succedendo, ci ha insegnato una seconda cosa che provo a sintetizzare così: la pandemia è stata l’ignoto che come uno specchio ci ha svelato il nostro vero volto politico. Ciascuno di noi attraverso questa esperienza inimmaginabile ha potuto conoscere meglio le persone che ci circondano, compresi familiari ed amici. Insomma, dopo il pubblico (a chi credere?) è toccato al privato, per cui abbiamo conosciuto meglio le persone che frequentiamo. Da quelli che hanno paura di una punturina al braccio a quelli che si sono seppelliti a casa, da quelli che hanno finalmente scoperto il castigo di Dio a quelli che ci hanno dimostrato di avere un coraggio da leoni.

Il pubblico e il privato si mischiano
I complottisti, quelli che scendono in piazza e che parlano in tv, appartengono al pubblico, tutti gli altri fanno parte del nostro privato e chiunque ha reagito come sa, ha fatto quel che può, senza vergogna (un discorso a parte meriterebbero i giovani e i bambini lasciati in dad al loro destino). Naturalmente i due piani non restano distinti e separati, si mescolano, perché ciascuno di noi ormai frequenta soltanto interlocutori che confermino le nostre idee. Le tribù, spesso identificate con opzioni politiche, altro non sono che le vecchie ideologie tornate oggi sotto altre vesti e travestimenti, parole d’ordine, dogmi. Ma con una distinzione netta, che invece pensavamo superata dalla storia, su una sponda i fanatici e gli estremisti e sull’altra i moderati o liberali che dir si voglia. Correttamente Francesco Cundari ci ha ricordato che «la democrazia liberale, come prodotto della civiltà borghese, per funzionare al meglio richiede che abbiano raggiunto un certo grado di diffusione quelle che potremmo considerare le sue virtù cardinali: pazienza, tolleranza, apertura al confronto e metodo sperimentale, inteso come disponibilità a procedere per prova ed errore, senza considerare nessuna tesi come intangibile e nessuno sbaglio come imperdonabile. Non è un caso che la minaccia principale alla democrazia venga oggi da movimenti politici e culturali caratterizzati da una fortissima intonazione apocalittica, per non dire paranoica, nel senso inteso da Richard Hofstadter nel classico saggio del 1963 su “Lo stile paranoide nella politica americana”. Uno stile capace di fare appello alle «animosità» e alle «passioni» incontrollate di una minoranza e caratterizzato da «accesa esagerazione, sospettosità e fantasia cospiratoria».
In trincea non ci sono soltanto i no vax e i seguaci di QAnon, ma tutte le vecchie ideologie fasciste e comuniste che dalla caduta del muro si erano inabissate e ora tendono a riemergere come se la storia avesse dato loro una seconda change. Per cui abbiamo visto che tribù naziste inneggiano alla libertà di espressione e invece di bruciare libri fanno roghi di mascherine e odiano il green pass quanto la stella di David. I poteri forti, la finanza, il neoliberismo, le big Pharma rientrano in pieno nelle numerose teorie della cospirazione, accomunando i fanatici di tutto il mondo. Un bollito come Bersani (bollito quanto me, abbiamo la stessa età) l’unica cosa politica che ha saputo dire in tutte le sue comparsate tv da Floris sulla pandemia è stata: “i brevetti dei vaccini vanno espropriati alle industrie che li hanno prodotti”. Invece di ringraziare chi in 9 mesi ci ha dato qualcosa che pensavano avremmo avuto in 10 anni, l’esproprio proletario (come la patrimoniale e il giochino del “tassa e spendi”) dei comunisti alla Guareschi ritorna come se cantasse una canzone di Guccini o Contessa di Paolo Pietrangeli.
Già la testa ci girava saliti sulla giostra passando dalla Brexit a Trump, dal sovranismo al Parlamento riempito con deputati e senatori convinti che lo sbarco sulla Luna sia stato una gigantesca montatura. All’improvviso la pandemia ha arrestato la giostra e abbattuto il castello di carte, sconvolgendo i dati scientifici e il principio di realtà.

Se il noto falliva non mi restava che l’ignoto
Fate mente locale ad Annalisa Malara, l’anestesista dell’ ospedale di Codogno che ha individuato il paziente 1 in Italia. “Per la prima volta farmaci e cure risultavano inefficaci su una polmonite apparentemente banale. Il mio dovere era guarire quel malato. Per esclusione ho concluso che se il noto falliva, non mi restava che entrare nell’ignoto. Il coronavirus si era nascosto proprio qui”.
La pandemia, ecco la verità scientifica, tocca anche l’emotività, appellarsi solo alla ragione può essere controproducente. Non solo il confine tra realtà e paranoia si è rivelato sfuggente (Cacciari è stato sempre uno svitato e non lo sapevamo? No, solo un estremista) ma è la stessa realtà che non possiamo più ricostruire. Prendiamo una notizia riportata da molti media: (Agi, 27/12/21) «In Germania con il lockdown dei non vaccinati i contagi sono crollati, in 24 giorni da 74mila a 10 mila». Su twitter si sono scatenati i fanatici, è falso, ecco di cosa siete capaci. I fanatici hanno un solo imperativo in questo momento, dimostrare ad ogni costo che nonostante i vaccini ci si ammala lo stesso.

E se il fanatico fossi io?
I fanatici, per concludere, hanno sempre avuto e avranno solo certezze, in qualsiasi campo. Il fanatico sa sempre per chi votare, quale giornale leggere, quale disco comprare, quale libro leggere, quale film vedere, sempre, non ha mai dubbi. Un sincero democratico invece sa quanto le nostre conoscenze siano sempre imperfette, parziali e imprecise. E ne è cosciente a tal punto da non potere mai escludere del tutto che una volta o l’altra il fanatico accecato dai suoi pregiudizi sia proprio lui. Perché anche le fonti che giustamente consideriamo più attendibili, ogni tanto, possono sbagliare. Il democratico sa che deve avere la massima flessibilità su ciò che invece non sappiamo ancora con certezza.