Covid, pec e tamponi senza esito, perchè agli studi medici si sono preferiti gli hub?

Il comico Jimmy Carr dice che, dal momento che il covid non esiste, dovremmo disotterrare tutti i morti e dir loro: dai su, non fate i cretini, che fate là sotto che il covid è tutto una montatura? In Germania i contagi arrivati a 90mila al giorno stanno scendendo (sono a 10mila) con il lockdown dei non vaccinati. Da noi l’aumento dei contagi ha ormai mandato in tilt il sistema sanitario per cui alla quarta ondata abbiamo la consapevolezza che si raggiunge un punto in cui si intasa tutto e il tracciamento diventa impossibile. Facciamo un esempio concreto. Un medico di famiglia riceve la telefonata di un suo paziente che accusa febbre e tosse. Allora gli dice cosa deve prendersi e lo invita a stare in casa fino a quando un tampone molecolare (il sierologico è attendibile al 70%) non stabilisca se sia negativo.

All’uopo invia una pec (n.1) per richiedere di fare un tampone al suo assistito del quale indica recapito e telefono. Il paziente verrà poi contattato (non si sa quando) per andare a fare il tampone in un hub in un certo giorno. Il medico dovrà richiedere con un’altra pec (n.2) l’esito del tampone, l’ufficio con un’altra pec (n. 3) informerà alla fine il dottore. Ora consideriamo che tra la prima telefonata medico-paziente e la terza pec passano tanti giorni per cui il paziente dovrebbe restare in quarantena aspettando l’esito del tampone. Se è un dipendente pubblico poco importa, non lavora ma viene pagato lo stesso. Ma se è uno che guadagna solo se lavora come fa? Il medico come il suo paziente aspetta pure l’esito, ma se non riceve risposta replica la pec per cui esse diventano 4, 6, 8, in quanto il medico deve, non si sa mai, dimostrare di aver fatto formalmente il suo dovere. Può succedere infatti che il paziente-povero cristo ancora in attesa di esito vada a lavorare per necessità così magari è positivo ed infetterà altri. Il medico si è attivato ma quando le richieste di tampone aumentano minori sono le possibilità di esaudirle, per cui il sistema va in tilt. Le pec si accumulano e non servono più a nulla. Come ho detto altre volte il nostro sistema di vaccinazione in Europa è stato esemplare per merito di Draghi e Figliuolo, ma avrebbe potuto essere ancor più virtuoso se tutta la vaccinazione fosse stata impostata dall’inizio sui medici di famiglia che per fare una puntura e i documenti impiegano giusto un minuto. Lo abbiamo visto comparando i tempi tra la vaccinazione fatta all’hub (tempi a volte biblici, per la prima dose ho impiegato 3 ore a Vibo) e quella in uno studio medico. Il dottore ha bisogno giusto di un assistente al pc che impiega un minuto per registrare il paziente. Non ci sarebbe stata neppure bisogno di prenotazione perchè i medici sanno quali loro pazienti debbono chiamare prima e quali dopo. Purtroppo si è preferita un’altra strada dapprima marginalizzando i medici e adesso recuperandoli in una seconda fase insieme con i farmacisti. Quando un medico un anno fa chiedeva i vaccini alla farmacia comunale lo respingevano perchè le direttive non prevedevano di impiegare i medici singoli, adesso sono ben contenti di dargli tutti i vaccini che vuole. Gli stessi medici convinti all’inizio che tutto si sarebbe concluso con una sola vaccinazione stavano a guardare dalla panchina; adesso che hanno capito che le vaccinazioni si ripeteranno periodicamente per sempre si sono decisi e fatti avanti. Meglio tardi che mai, ma a pensare che potevamo aver già quasi finito la terza dose con un sistema diverso si resta interdetti. In Italia la linea più breve tra due punti è l’arabesco, diceva Flaiano.