Servono i decreti legge non i corazzieri

Il booster da somministrare alla democrazia italiana è il ritorno alle origini, alla formula del 1948 quando dalla sconfitta nella seconda guerra mondiale nacque la Repubblica con la Costituzione più bella del mondo, tutt’ora vigente tranne qualche peggioramento al titolo V ordito negli anni dell’Ulivo e che tanti danni ha fatto durante la prima ondata del virus corona.

Ma è stata la legge elettorale proporzionale, allora, a dare rappresentanza a tutte le forze politiche antifasciste, e poi anche a quelle post fasciste, allontanando così la possibilità di un uomo forte al comando con il vizio dei pieni poteri, cosa che ha portato uno degli italiani più europei del tempo, Alcide De Gasperi, a collocare l’Italia nell’alleanza atlantica e a guidare il paese verso la ricostruzione e il boom economico.

«Muoviti seguendo il boom», canta Jovanotti nella sua nuova canzone e, seguendo il boom necessario alla rinascita dell’Italia, oggi ci ritroviamo in una situazione simile a quella di allora, con la pandemia a fare da parallelo alla guerra e con Draghi al posto di De Gasperi.

Manca solo la legge elettorale con cui evitare la vittoria di uno dei due fronti del bipopulismo italiano e per consentire, dopo le elezioni del 2023, la nascita di un governo di ampia coalizione e di emergenza nazionale come l’attuale e, quindi, il ritorno di Mario Draghi a Palazzo Chigi per completare il lavoro.

È questo il booster che serve alla democrazia italiana, tutto il resto sono solo chiacchiere e retroscena, giochi pericolosi a danno del paese, con lodi infingarde a Draghi al solo fine di rimuoverlo da dove conta, perché a contare nei prossimi anni sarà l’esecuzione puntuale del PNRR, non tagliare nastri dal Quirinale, sempre che si voglia continuare a ricevere i soldi europei e con essi cercare di sostenere la transizione economica e digitale del paese.

L’esecuzione del piano nazionale di ripresa e resilienza è di competenza del potere esecutivo, non del Presidente della Repubblica. Servono i decreti legge, non i corazzieri.

L’alternativa a Draghi a Palazzo Chigi non è il semipresidenzialismo di fatto da Quirinale, che sarebbe una sgrammaticatura costituzionale e antidemocratica, ma metterci nella condizione di non riuscire a rispettare gli impegni europei sulle riforme, perdere i finanziamenti del NextGenerationEu, non avere la forza di negoziare il rinvio ulteriore del patto di stabilità e non rassicurare i mercati per il solo, semplice, fatto di non poter più contare sulla credibilità internazionale che garantisce Draghi al governo, nel luogo dove si prendono le decisioni.

L’alternativa a Draghi al governo è la bancarotta del paese, di cui sarebbe responsabile lo stesso Draghi che lascia Palazzo Chigi per essere eletto presidente con un mandato extra costituzionale che non può, e non deve, rispettare.

Senza dimenticare i guai possibili, visti i precedenti, che potrebbero arrivare dalla mala gestione della pandemia affidata ai campioni che verrebbero dopo: o ci siamo dimenticati il caos dei tempi di Conte e Casalino e Arcuri, dei banchi a rotelle e delle primule, e più di recente dei partiti succubi della Cgil, o il negazionismo irresponsabile di Salvini e Meloni, i cui modelli sul Covid sono Boris Johnson, Trump e Bolsonaro. Auguri!

La strada da percorrere fino all’ultimo giorno possibile è Draghi al governo fino a scadenza naturale della legislatura, Mattarella o altra figura di garanzia al Quirinale e legge elettorale proporzionale per garantire tutti.

Una legge proporzionale che anche per i maggioritaristi convinti (come me e altri che si sono impegnati a raccogliere firme per l’uninominale) è in ogni caso migliore del pastrocchio chiamato Rosatellum. Peraltro, al momento del folle cedimento ai populisti sulla riduzione del numero dei parlamentari, il Partito democratico aveva solennemente promesso che sarebbe intervenuto con decisione per cambiare le regole elettorali perché senza una legge proporzionale a moderare l’effetto distorsivo del taglio degli eletti, aveva detto il Pd, ci sarebbero stati gravi pericoli per la democrazia.

Eccoli, i pericoli. Eppure Enrico Letta e i riformisti del Pd, parlandone come se fossero un soggetto vivente, non corrono a salvare la democrazia dal pericolo che loro stessi prima hanno individuato e poi hanno contribuito ad accelerare. Niente, non fanno niente.

Draghi al Quirinale significa elezioni subito con l’attuale legge elettorale, come sanno tutti, anche quelli che fino a qualche giorno fa si illudevano di far nascere un governo Franco o Cartabia.

Tutto sommato sarebbe anche semplice cambiare la legge elettorale, salvare la democrazia e tenere Draghi dove conta fino alle elezioni e anche dopo le elezioni, se solo a dare le carte ci fossero leader illuminati anziché narcisi che non riescono ad andare oltre l’interesse personale misurato col numero dei like su Twitter.

Draghi ovviamente sarebbe anche un perfetto Presidente della Repubblica, serio e autorevole e anche argine migliore di altri nel caso di presa del potere dei sostenitori della democrazia illiberale, forse addirittura anche una copertura utile a Meloni o Salvini nel caso vincessero le elezioni, ma che cosa potrebbe fare Draghi o chiunque altro al suo posto se a giugno si votasse con l’attuale legge e Meloni e Salvini arrivassero primi e grazie anche alla riduzione dei parlamentari ottenessero la maggioranza in Parlamento?

Non potrebbe fare altro che affidargli il governo, a meno che la proposta dei sostenitori di Draghi al Quirinale sia che l’attuale premier debba fare una specie di colpo di Stato e decidere senza tenere conto dell’esito del voto chi nominare Presidente del Consiglio.

Non essendoci a disposizione due Draghi, meglio tenere l’unico che abbiamo dove può continuare a eseguire l’opera di riscatto dell’Italia, nel luogo esatto dove i partiti populisti e i loro complici, dal Pd ai Fratelli d’Italia, dalla Lega ai Cinquestelle, vorrebbero invece rimettere le mani.

Si riduce tutto a un’alternativa: affidereste la gestione del PNRR e della pandemia, insomma il paese malandato che ci ritroviamo, a Letta e Conte o a Meloni e Salvini, insomma a una delle due versioni del bipopulismo italiano, sapendo peraltro che è più probabile che prevalga la destra estrema? Oppure mettereste in sicurezza l’Italia con il booster democratico di una legge elettorale che escluda pieni poteri, consenta un’equa rappresentanza politica e permetta a Mario Draghi di continuare la missione che è stato chiamato a fare, fino al momento in cui saremo finalmente usciti dall’emergenza?