Un altro col bollino di “destra”, il ministro Cingolani

(Nucleare, Cingolani: “Vogliono fermarmi per poi dire che ho fallito. Ma i tabù non salvano il clima” di Annalisa Cuzzocrea)

Il portatile di Roberto Cingolani si apre su un tramonto siberiano. Il ministro della Transizione ecologica è a Villa d’Este, a Cernobbio, per il Forum Ambrosetti, a pochi giorni delle uscite sul nucleare che gli hanno procurato critiche e attacchi. Il Powerpoint che ha davanti, elaborato con dati pubblici che arrivano dai maggiori think tank mondiali, mostra lo stato delle cose.

Quello che lo ha spinto a dire, davanti a duecento giovani della scuola politica di Italia Viva, che ci sono Paesi come Francia e Gran Bretagna che stanno investendo sul nucleare di nuova generazione e che se davvero si capisse, da qui a dieci anni, che si tratta di un’energia con poche scorie e l’impossibilità di dar luogo a disastri ambientali, sarebbe da folli non prenderla in considerazione.

Cingolani non ce l’ha con gli ambientalisti, “lavoro con Legambiente come con gli altri tutti i giorni, è con loro che mi confronto”. Quello che non sopporta, sono i ragionamenti che guardano al cortile di casa e non si basano sui numeri. I dati sono molto chiari e li mostrano grafici colorati in grigio, azzurro, giallo, verde, rosso: per ora, la gran parte di energia nel mondo si produce con fonti fossili. A produrre più anidride carbonica di tutti sono giganti come Stati Uniti e Cina (i più rossi di tutti sulla mappa), ma rispetto agli americani e gli europei Cina e India hanno una scusante non da poco: sono di più.

La produzione di anidride carbonica pro capite da loro è molto minore. Vogliono più tempo, per raggiungere gli obiettivi prefissati dal G20. Ma sono su quella strada. Il problema restano i 4 miliardi di persone che vivono tra Africa, centro e sud America che non hanno accesso all’elettricità in casa. Tutto quel che si è pensato finora, per abbassare le emissioni nocive, prescinde dall’esistenza di queste persone. Si fa finta che non vorranno anche loro migliorare le condizioni in cui vivono. “Ma è assurdo – spiega Cingolani – a meno che non si pensi di poterli sterminare. Quindi il punto centrale è questo: in quei Paesi bisogna investire oggi a livello di educazione demografica, di flussi migratori regolati e di infrastrutture energetiche innovative. Se non si fa questo, se non si pensa in modo globale, tutti gli obiettivi restano irraggiungibili”.

È in quest’ottica, quindi, che il ministro aveva spronato a non dire troppi no sulle politiche ambientali. “Negli Stati Uniti, ma anche in Germania, utilizzano la “carbon capture”, che per noi è tabù”. E non è con i tabù – ragiona – che si raggiunge lo scopo di contrastare il cambiamento climatico.

Fin qui, la geopolitica. Poi c’è l’Italia. Il timore che circola al Mite è che le ordinanze regionali sulle destinazioni d’uso dei terreni, i vincoli delle soprintendenze, rallentino quello che è stato scritto nel Pnrr: ci sono 70 miliardi di watt da produrre con energia rinnovabile in circa 9 anni. “Questo significa aumentare di dieci volte la nostra capacità annuale di installazione di impianti eolici o fotovoltaici. Stanno provando a fermarci, per dire che abbiamo fallito”.

E però: “Io queste cose voglio andare a spiegarle nelle scuole, questi concetti vanno portati all’opinione pubblica a partire dai ragazzi”. Quanto a lui, le reazioni accese della politica lo colpiscono, ma ripete: “Sono qui per le mie competenze. Non ho nessuno alle spalle, altro che poteri forti”. Con Conte ha avuto un dialogo telefonico molto cordiale che si è concluso con la proposta di un incontro: “Mi capisce perché anche a lui, sui talebani, è successo quel che è accaduto a me. Hanno estrapolato due frasi da un discorso molto più ampio”. Il rapporto con i 5 stelle, quindi, non sarebbe in pericolo: “Ma io sono un tecnico, non sono di nessuno. Mi ha chiamato Draghi. Finché mi permetteranno di fare il mio lavoro, lo farò”.