Mare sporco e incendi i problemi irrisolvibili di ogni santa estate. Draghi, chiama Dattilo

(8/8/2021) E la chiamano estate ogni estate con le stesse cose, mare sporco e incendi. Sessantanni e ancora scrivono e dicono le stesse cose. Se siete una persona perbene provate a tagliare un alberello in un vostro terreno. Vi arriva sicuro il Corpo Forestale che vi illustra leggi e circolari e verbali. Un alberello ed è un inferno. Se invece siete un piromane o un mafioso divertitevi che nessuno vi scopre mai. Ecco il Meridione. Ma adesso leggiamo cosa dice la stampa, cominciando con gli incendi (cit. Riccardo Bruno, corsera). L’Italia brucia, soprattutto in questi giorni di caldo e vento. Ma non è colpa della natura. I dati raccolti dai Carabinieri sono chiari: solo il 2% dei roghi ha una causa naturale, in pratica un fulmine; il resto sono provocati dall’uomo, e più della meta (57,4%) sono dolosi. Qualcuno ha appiccato il fuoco perché malato (l’ossessione dei piromani), per vendetta, per calcolo personale o economico.

I roghi in aumento
L’Italia è consumata dal fuoco, estate dopo estate. Dal 15 giugno i Vigili del Fuoco hanno effettuato 37.407 interventi, 16 mila in più rispetto all’anno scorso. Secondo il rapporto Ecomafia 2021 di Legambiente, che il Corriere ha letto in esclusiva, nel 2020 sono andati in fumo 62.623 ettari (+ 18% rispetto all’anno precedente); di fronte a 4.233 reati segnalati, solo 552 sono state le persone denunciate, appena 18 quelle arrestate. «Il reato di incendio boschivo è molto grave, con pene fino a 10 anni, anche 15 in caso di danno permanente. Resta però sostanzialmente impunito — osserva Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente, che chiede di contestare nei casi più gravi anche il disastro ambientale. Domanda: ma perchè al contrario la Forestale becca sempre uno che taglia un alberello?

Marco Di Fonzo, comandante del Nucleo informativo antincendio boschivo dei Carabinieri, lo definisce un «reato da vigliacchi». «Innescano le fiamme e quando divampa sono già altrove». Di Fonzo guida una task force che affianca gli investigatori sul territorio per individuare i responsabili. Un lavoro certosino che utilizza tradizionali strumenti d’indagine e adesso anche satelliti per localizzare il punto esatto da cui è partito il focolaio. «È un fenomeno socio-economico complesso, che varia da regione a regione, da provincia a provincia, anche all’interno di un comune — spiega il colonnello Di Fonzo —. Sicuramente c’è meno manutenzione dei boschi, in condizioni così estreme basta poco perché le fiamme saltino alle chiome, e l’incendio si propaghi in modo rapido e violento».

Gli interessi illegali
I veri piromani, chi ha un reale disturbo psichico, sono una minoranza, ma provocano danni enormi perché agiscono in modo seriale. Gli altri incendiari lo fanno per ritorsione, per un presunto torto subito, per rinnovare aree destinate al pascolo, oppure per interessi illegali. «Sono reati spia. Ad esempio, gli appetiti della ‘ndrangheta nella gestione del patrimonio boschivo sono dimostrati» avverte Fontana di Legambiente. Un dato fa riflettere: l’anno scorso, nelle quattro Regioni a tradizionale presenza mafiosa, si sono registrati il 54,7% dei reati e addirittura l’82% della superficie danneggiata. L’Antimafia siciliana ha anche raccolto l’allarme su un possibile collegamento tra i roghi e il business del fotovoltaico.

(cit. corriere della calabria) “Quello degli incendi, che puntualmente ogni estate si abbattono con intensità e danni sempre maggiori soprattutto sulle regioni del Centro-Sud (e su quelle che tradizionalmente primeggiano nelle classifiche sugli ecoreati stilate da Legambiente), è un fenomeno complesso da analizzare e altrettanto difficile da contrastare, di fronte al quale è necessario trovare soluzioni in grado di governare questi eventi estremi in un contesto di cambiamento climatico.

Il primo passo (lo diciamo da 21 anni ormai, ndr) è la completa ed effettiva attuazione della legge 353 del 2000, dedicata proprio agli incendi boschivi, che prevede, insieme al delitto di incendio boschivo doloso (423 bis del Codice penale), vincoli molto stringenti per le aree attraversate dal fuoco: 15 anni senza cambiamenti nella classificazione dei terreni, boschivi o a pascolo; 10 anni di divieto di edificazione; 5 anni in cui sono vietate anche le piantumazioni di nuovi alberi con risorse pubbliche, tranne eccezioni stabilite dal Ministero dell’Ambiente. Un sistema di vincoli che rispecchia alcune delle cause principali degli incendi dolosi e che, per essere efficace, richiede da parte di tutti i Comuni l’aggiornamento del Catasto delle aree incendiate”.

E qui casca l’asino. Entro novanta giorni dalla data di approvazione del piano AIB regionale (nel 21 la regione Calabria l’ha approvato a maggio!), i Comuni devono provvedere al censimento annuale delle aree percorse dal fuoco, avvalendosi anche dei rilievi effettuati dal Corpo forestale dello Stato. Successivamente, tale elenco deve essere esposto per trenta giorni all’albo pretorio comunale, per eventuali osservazioni. Decorso tale termine, i Comuni hanno sessanta giorni di tempo per valutare le osservazioni presentate ed approvare gli elenchi definitivi e le relative perimetrazioni. Questo significa che dall’8 maggio ad oggi, molti Comuni non hanno ancora censito le aree percorse dal fuoco nel 2020, né hanno potuto implementare alcuna azione preventiva contro gli incendi verificatisi nel 2021, anche in zone facilmente prevedibili perché già interessate da incendi.

Ma adesso vediamo cosa propongono quelli bravi, quelli che studiano e ne capiscono, per esempio Lega Ambiente. Ecco:

“Gli incendi sono un fenomeno complesso la cui soluzione necessita un approccio scientifico e la conoscenza delle cause scatenanti – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Occorre più prevenzione a tutti i livelli a partire dall’informazione e dalla collaborazione dei cittadini, ma anche investimenti in uomini, mezzi e tecnologie innovative (questo lo potevo scrivere pure io che capisco solo di Juve). Serve inoltre verificare se tutta la filiera istituzionale e le responsabilità disegnate dalla legge quadro sugli incendi boschivi, la 353/2000, funziona e se viene applicata a dovere anche dopo il passaggio delle competenze dell’ex Corpo Forestale dello Stato ai Carabinieri e ai Vigili del Fuoco. L’aumento dei reati di incendio doloso e colposo, gli ettari di patrimonio boschivo che ogni vanno in fumo mettono a rischio le persone e il capitale naturale del Bel Paese, rischi che aumenteranno per effetto del cambiamento climatico su cui bisogna agire con decisione».

Avete capito? Legambiente: «Più prevenzione e investimenti»

Al prossimo anno, ma qualcuno mi spieghi (per carità) in termini concreti in cosa dovrebbe consistere la prevenzione, una parola che tutti siamo in grado di pronunciare ma non significa nulla se non si materializza in proposte concrete e fattibili. Per i grillini e gli assistenzialisti maoisti “prevenzione” significa assumere con un contratto un certo numero di persone alla quale affidare sulla carta generica attività di prevenzione (un concetto che viene da lontano, da bambino ricordo i “controllori dei fiumi”).  Il fatto è che in Italia siamo tutti buoni a risolvere sulla carta i problemi. Si chiama “sgancia soldi”. Vuoi la prevenzione contro gli incendi? Sgancia milioni che poi vediamo. Vuoi i depuratori funzionanti? Sgancia soldi che poi vediamo. Ma i cittadini non vedono niente. Ognuno di noi sa che se hai un’auto per la quale spendi spesso soldi per ripararla è il momento di cambiare auto. Come fece un illuminato ex presidente del Parco del Pollino, il prof. Tonino Perna, ora vicesindaco di Reggio Calabria, per far cessare gli incendi, i soldi devono arrivare non prima ma dopo aver visto i risultati (nel suo caso la mancanza di incendi). Leggete “Aspromonte, da modello a emergenza nazionale. Ha vinto il business degli incendi”(corriere della calabria, 12/8/21)

Si chiama: prima vedere cammello.

E’ troppo facile sganciare i soldi e poi non avere risultati per cui l’anno dopo la giostra ricomincia sganciando di nuovo soldi. Non vi siete stancati di questo gioco delle tre carte per cui i problemi si intenderebbe risolverli con i soldi di Pantalone? Solo che Pantalone non controlla nulla per cui i soldi li spreca. Ecco spiegato perchè nessun problema si risolve, e nessuna opera pubblica viene mai conclusa. Basterebbe copiare come fanno nei paesi civili, ma noi italiani non abbiamo mai da imparare nulla da nessuno.

Oddio, qualcuno lo avremmo anche in Italia. Se fossi Draghi chiamerei il nostro Fabio Dattilo, comandante del Vigili del Fuoco e mi farei dire come fare con gli incendi. Tutto qui.