La corrente “Mao” del Pd. Provenzano ragiona sulla fine del capitalismo

(Socialismo, stato regolatore. Continua la missione della brigata Piketty Carmelo Caruso- Il Foglio) Lo hanno chiamato il “mondo di dopo” ma ricorda le ossessioni di prima. Attenzione. Non è più, e solo, l’opinione di un vicesegretario, l’indigestione di Giuseppe Provenzano, che la notte si addormenta con i libri di Marx sul comodino e che immagina per Enrico Letta un futuro da “grande timoniere”. Nel Pd si sta facendo largo una nuova corrente che tifa contro il governo, che sogna di fare dell’Italia una specie di kolchoz, che profetizza la fine del capitalismo. E’ la corrente “indietro tutta”. E’ quella che ha preso come pretesto la nomina di due economisti liberali a Palazzo Chigi, Carlo Stagnaro e Riccardo Puglisi, ma solo per venire allo scoperto, solo per poter dire “ecco chi siamo”.

Dispiace dunque non poter offrire l’audio, ma restituire solo il senso, di questa preziosa lezione che, domenica 27 giugno, ha visto protagonista, ancora una volta, Provenzano, il fustigatore di papillon, l’addetto “cerimonie e corone”, l’associato in storia del comunismo che insegue la nuova internazionale con il “compagno” Gianni Cuperlo. C’è stata infatti una grande occasione per raccontare il Pd che deve essere, le battaglie da fare. E’ quello che viene definito, non a caso, il “mondo dopo” (questo era il titolo del seminario) e che nel caso di Provenzano è però il solito mondo in bianco e nero: un po’ di Botteghe Oscure e un po’ “quando c’era Giuseppe Conte …”. Fa parte, ormai si sa, dell’area vedovi di Volturara Appula, l’accolita dei “prima era meglio”. Ed è perfino grand master di queste lezioni-appuntamento a cui Letta tiene tanto, così come tiene alle agorà, corsi di politica che da quando è tornato dalla Francia ha favorito e animato.

Si è arrivati alla quarta sessione e il tema, questa volta, era nientemeno che “Pandemia e Costituzione: il nuovo modello di Stato”. Chi ha partecipato ha rischiato di addormentarsi non solo per il caldo, non solo perché la tavola addirittura era rotonda e la conclusione affidata a Provenzano. Diciamo le cose come stanno. Sono interventi, e lo spiega bene un dirigente del Pd, “dove si parla un po’ di tutto per non parlare di niente”. E’ la specialità della sinistra che fa finta di essere forbita. E’ quella che pretende di rappresentare il vicesegretario, quella che capisce ogni cosa in anticipo ma che ripropone il torniamo all’antico. Quando Provenzano ha infatti preso la parola ha cominciato a rileggere la pandemia, la crisi del 2008, come morte annunciata del capitalismo, come la fine dell’economia di mercato, la prateria verde per un ritorno allo stato regolatore, anzi, un si “riaprono spazi per una grande iniziativa di rafforzamento dello stato in economia”.

E’ quanto ripete da settimane. Basta guardare i suoi tweet. Non vede l’ora di scendere in piazza con i sindacati per fare la voce grossa contro lo “sblocco dei licenziamenti” perché, scrive, “quando le piazze chiedono centralità del lavoro e partecipazione, il governo ha il dovere di ascoltare”. Fino a prova contraria, al governo c’è il suo partito. E sarebbe inutile ripetere, ma non lo è, che Marco Leonardi, il pericoloso navigator di economisti liberali, è del Pd (ha lavorato nel governo Renzi, con Gentiloni, Gualtieri) quanto chi lo contesta per procura. Provenzano non lavora da solo. Ed è qui che si vuole arrivare. Nella stessa sessione, Cuperlo, altro socio, ha criticato “gli editorialisti del Corriere”. Si riferiva ad Antonio Polito e a Walter Veltroni colpevoli di aver ricordato, a questo partito, che firmare gli appelli contro i liberali è “lo sport della sinistra”. Si tratta, rispettivamente, di un ex senatore del Pd e del suo fondatore. Esiste insomma nel Pd un altro Pd che minaccia il governo come Conte minaccia la scissione da Grillo. E’ la cellula spin off, la brigata Piketty. E continua a straparlare. A Draghi preferisce “forza Mao”.