L’unica volta in cui parlai con Franco Battiato

Pochi sanno che a Lamezia tenne uno spettacolo Franco Battiato nel 1975. Ricordo solo che tra gli organizzatori c’era Giacinto Lucchino e che lo tenne a via Aldo Moro dove oggi c’è una palestra (se non sbaglio). Mi incaricarono di fargli firmare un foglio per la Siae e così parlai un pò con lui. Gli domandai: ma perché fai una musica così difficile? (la sua musica allora era d’avanguardia, e talvolta dodecafonica.). Mi guardò e disse: ti piacciono le canzonette? Ammutolii, e così lui continuò: -Non è detto che un giorno non le faccia pure io. Le sto studiando-. E mantenne la promessa. Con “L’era del cinghiale bianco” del 1979, cominciò una seconda carriera “commerciale”. A Malcom Pagani in una intervista ha detto:

Del successo non mi è mai importato nulla.  A essere più preciso, gli anni più difficili della mia vita hanno coinciso con il successo sfrenato. Dal ’78 all’82 ho sofferto.

Il Battiato degli anni Settanta era sperimentale, psichedelico, “progressive” e molto concettuale. Quello della “Bla Bla” Records di Pino Massara, di “Pollution”, “Fetus”, “Sulle corde di Ares”. Dischi pazzi, bellissimi, sgangherati. Pezzi che a volte durano diciotto minuti e si intitolano “Plancton”, “Areknames”, “Sequenze e Frequenze”. Un Battiato visionario che arriva a Milano per fare John Cage, si prende non pochi fischi dal pubblico del Leoncavallo, ma incredibilmente piazza anche un disco come “Pollution” al terzo posto in classifica. Era il 1972. Per alcuni, ancora oggi questo è il migliore e l’unico Battiato che c’è. (andrea minuz)

Lo voglio ricordare con quello che per me rimane il testo più bello di una canzone italiana. E’ “La cura”, una canzone del 1997 (album L’imboscata). Un inno meraviglioso alle donne. Nessun cantautore italiano o il presunto-poeta Mogol ha mai saputo fare altrettanto

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te

Vagavo per i campi del Tennessee
Come vi ero arrivato, chissà
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
Attraversano il mare

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza
I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi
La bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi

Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

Ti salverò da ogni malinconia
Perché sei un essere speciale
Ed io avrò cura di te
Io sì, che avrò cura di te

Come ha scritto Andrea Minuz è stato il più grande artista del sublime cazzeggio. Di Franco Battiato si prende tutto. E andrebbe preso tutto molto meno sul serio. Specie ora che si avvia a diventare un tema della maturità.

Però che tracce formidabili già pronte per quest’anno: “La mia parte assente si identificava con l’umidità”. Partendo da questa lirica di Franco Battiato, dal brano “Arabian Song”, proponi una tua riflessione sul percorso interiore del Maestro.