Conte, Vecchione, Renzi, Mancini, Gratteri/ Bonini sbugiarda Travaglio

Marco Travaglio per Il Fattoquotidiano – stralcio (Vecchione ha l’unica colpa di essere stato nominato da Conte)

…..Il caso 007 è emblematico: nessuno discute le capacità della nuova direttora Belloni, beatificata dai soffietti dei giornaloni come estranea alla politica, come se non navigasse alla Farnesina nel sistema dei partiti dalla notte dei tempi e l’ avesse portata la cicogna. La verità la conoscono tutti: Vecchione ha l’ unica colpa di essere stato nominato da Conte, dunque dava noia ai due Matteo. Infatti è l’ unico a saltare, senza uno straccio di spiegazione, mentre i capi di Aise e Aisi, trasversalmente protetti, restano. E resta incredibilmente pure il caporeparto del Dis Mancini, malgrado l’ incontro carbonaro con l’ Innominabile, o forse proprio per quello…

BONINI (Repubblica): L’audizione catastrofica di Vecchione

Il redde rationem nei Servizi è solo all’ inizio. E del prefetto Gennaro Vecchione, direttore del Dipartimento per le informazioni e la sicurezza fino alle 19 di mercoledì, e del suo dirigente ancora in servizio, Marco Mancini – per il quale il sottosegretario alla presidenza del consiglio Franco Gabrielli ha disposto l’ interruzione del servizio di scorta di cui godeva e di cui nessuno è stato in grado di giustificare le ragioni – sentiremo probabilmente parlare ancora per un po’.

La faccenda che li ha travolti – convincendo Palazzo Chigi ad accelerare la nomina di Elisabetta Belloni – è infatti tutt’ altro che chiusa. Ieri, il Copasir ha deciso formalmente di chiedere alla Presidenza del Consiglio di autorizzare un’ indagine interna al Dis che accerti le mosse sghembe di Mancini all’ interno del Dipartimento (raccontano, ad esempio, che nella sua veste di revisore delle spese delle due Agenzie, Aise e Aisi, sia solito a un ostruzionismo nelle autorizzazioni spesso strumentale) e la catena di anomalie che hanno accompagnato il suo infelicissimo e sfortunatissimo rendez vous in autogrill con l’ ex presidente del Consiglio Matteo Renzi il 23 dicembre dello scorso anno (filmato da una curiosa insegnante di passaggio e mandato in onda da “Report”). Detta altrimenti, un’ indagine che dia risposta a una domanda molto semplice e dalle implicazioni tutt’ altro che banali.

Chi ha consentito a Marco Mancini, naufrago della peggiore e più opaca stagione della nostra Intelligence (il Sismi di Pollari), di tornare a muoversi, almeno a partire dal 2018, in una incessante spola tra i palazzi della politica e quelli dell’ intelligence, con la disinvoltura di una spia agit-prop e la sicumera di un plenipotenziario?

È una domanda che interpella Vecchione e con lui l’ uomo che, nel novembre 2018, lo paracadutò come un alieno a capo dei Servizi: l’ allora premier Giuseppe Conte. Ed è una domanda che ha quale sua premessa il pomeriggio in cui Vecchione si è giocato l’ osso del collo.

Quello di martedì scorso 11 maggio, quando, alle 14.45, l’ allora ancora direttore del Dis prende posto di fronte al Copasir, il Comitato Parlamentare di controllo dei Servizi. È stato convocato – e ha per giunta avuto tempo una settimana per riordinare carte ed idee – per dare conto di quell’ incontro tra Mancini e Renzi in autogrill.

Ma non ha nulla da dire. O, almeno, questo dà ad intendere. Peggio, ha deciso di trasformare l’ audizione in uno spettacolo che offende l’ intelligenza di chi lo ascolta e che, alle 16.30, viene interrotto con una certezza condivisa da tutti i commissari presenti.

Vecchione non può restare al suo posto un minuto di più. E Mancini è un problema.

L’ audizione, del resto, comincia malissimo. Vecchione comunica che l’ abboccamento del 23 dicembre tra il suo dirigente e Renzi è «ascrivibile al rango di incontro privato». «Uno scambio di auguri con la consegna di Babbi Natale di cioccolato». Dalla cartellina che ha con sé estrae uno scartafaccio di appunti su norme che disciplinano il grado di segretezza degli atti e le immunità funzionali dei nostri agenti. Chi lo ascolta trasecola.

E abbozza le prime domande: esiste una relazione di Mancini sull’ accaduto e Vecchione è in grado di produrla? «No». Ancora: se è vero, come accredita anche Vecchione, che si trattava di un incontro privato, perché scegliere un luogo pubblico come un autogrill, perché andarci scortati e, soprattutto, perché Mancini ha una scorta?

Vecchione, che dovrebbe sapere perché un suo dirigente non operativo (quale Mancini è) giri scortato, farfuglia: «Non so. Mi informerò con Aisi, che è l’ Agenzia che provvede. Forse per il caso Abu Omar». Vecchione non sa, o finge di non sapere, come le ragioni di quell’ incontro del 23 dicembre abbiano cessato di essere un segreto per molti. Sia a Palazzo Chigi che al Copasir.

In quei giorni di vigilia di festa, ballano infatti le nomine di 3 vicedirezioni nei Servizi. E Mancini, cui una di quelle vicedirezioni è stata promessa da Conte, bussa a qualunque porta. Anche a quella di un vecchio amico, il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri.

È il magistrato a chiamare Renzi (con cui ha un rapporto di confidenza dai tempi in cui lo aveva immaginato ministro di giustizia) pregandolo di incontrare Mancini che, evidentemente, in quella vigilia di Natale, comincia a sentire puzza di morto a Palazzo Chigi e ritiene utile un appoggio per la nomina anche da chi ha di aperto la crisi di governo mettendo in mora Conte.

Eppure, Vecchione tira dritto verso la sua personale catastrofe. Dice: «Renzi e Mancini? So che hanno un rapporto molto stretto e che Mancini ha lavorato anche per Renzi, in passato ». Il Comitato è esterrefatto. Ha lavorato per Renzi? Vecchione realizza l’ enormità che ha appena detto.

E rincula: «Mah, che posso dirvi Io sono arrivato al Dis solo nel 2018 e dunque sul prima non so essere preciso». Conferma tuttavia al Copasir di aver appoggiato lui, «avendone parlato personalmente con Conte» la nomina di Mancini alla vicedirezione del Dis o di un’ Agenzia.

Ed è disarmante la risposta che consegna a chi gli chiede se la circostanza che un suo dirigente del Dis si sia fatto riprendere da una insegnante in un autogrill non lo abbia fatto riflettere. In fondo, al posto di quella signora ci sarebbe potuto essere un agente straniero con un microfono direzionale.

«In effetti, capisco la sua domanda». Il Comitato insiste. È almeno possibile sapere se dietro quel video non ci sia un’ operazione di spionaggio interna al Servizio? «Mi informerò», dice lui.

Palazzo Chigi non gliene lascerà il tempo.

MANCINI VOLEVA SALVARE CONTE? (dagospia 18/5/21) (…) Mancini, ecco un “reietto” che non sa più a chi santo affidarsi. Non rimane che bussare alla porta di Renzi. Su chi ha sollecitato l’incontro, Matteuccio non fa il nome, da una parte. Dall’altra, il magistrato antimafia Nicola Gratteri, grande amico di Mancini, ha smentito di aver fatto la telefonata.

Torniamo all’autogrill di Fiano. Cosa diavolo aveva da chiedere lo spione? Ovviamente, l’agente dei Servizi ha chiesto un “sostegno” al senatore di Rignano per diventare vicedirettore del Dis. Secondo richiesta: ha provato a convincerlo a non far cadere il governo Conte-bis.

Curiosa supplica: chi ha sollecitato l’interessamento di Mancini alla questione della possibile crisi di governo? Qualcuno in alto si è mosso? Ci sono “mandanti” politici?

Gli “addetti ai livori” ritengono che la spiegazione sia più semplice di quanto non si pensi. Come ha spiegato Carlo Bonini su Repubblica: “Il metodo Mancini, del resto, è infallibile. Perché antico quanto il lavoro delle spie. Crea un problema e candidati a risolverlo”.

L’ipotesi più accreditata è appunto questa: Mancini avrebbe provato a fermare la caduta del governo giallo-rosso così da potersi presentare a Conte e al direttore del Dis, Gennaro Vecchione, con una “medaglia”, un successo personale, con cui reclamare la tanto agognata promozione.

Altro nodo è chi abbia girato il video. “Report” sostiene di averlo ricevuto da una professoressa capitata lì per caso. Ma è una versione che non convince fino in fondo.

“Le versioni accreditate – scrive Tommaso  Ciriaco su Repubblica – da chi è nel cuore di questa storia sono due. La prima è che sia stato lo stesso Mancini a far registrare l’incontro.

La seconda è che la registrazione sia stata effettuata da apparati dell’intelligence e all’insaputa del capocentro. In entrambi i casi, ne discende che Renzi sarebbe finito in mezzo a una resa dei conti dell’intelligence”.

Nella denuncia-querela presentata dai legali di Matteo Renzi sono evidenziate tutte le contraddizioni del racconto di “Report” e della famigerata professoressa.