Muccino, Minoli, Bernabei, Spirlì. La fiction è la Calabria

Come se non bastasse il regalo fatto al regista Gabriele Muccino, noto agli addetti ai lavori per essere ormai fuori di testa («Diciamocelo, cari giurati dei premi David, è dal 2003 che snobbate il mio lavoro), la Calabria s’è “affissata” con il cinema.

Il regista Gabriele Muccino e la società di produzione Viola Film vincono, di fatto, il “braccio di ferro” con la Regione e si portano a casa oltre 1,25 milioni per il più inutile e sprecato corto promozionale che il marketing ricordi, “Calabria Terra mia”.

Dopo la Santelli, il suo ff Spirlì prima ha insediato Giovanni Minoli alla Calabria Film Commission e adesso nell’area industriale di Lamezia vuole fare gli Studios con 20 milioni.

Secondo il Fatto ” il progetto è pericolosamente simile a quello che Minoli voleva realizzare in Sicilia, anche quello con Studios, clamorosamente fallito e che ha bruciato circa 70 milioni di euro. Perdite rimaste sulle spalle della regione Sicilia e della stessa Rai. Per quel fallimentare progetto, un PM, aveva indagato e arrivato a chiedere finanche l’arresto del noto giornalista. Tutto poi finito nel porto delle nebbie della giustizia, e con il trasferimento dello stesso PM.

Ma la politica calabrese, così ben rappresentata di domenica da Giletti con gli interventi del Polimeni di turno, non sembra curarsene. Dalla Sir in poi sino agli Studios la nostra area industriale continua ad essere terra di conquista e noi lametini facciamo sempre la parte dei broccoletti falcidiati dal ddt.

Il giornalista Giovanni Minoli non è uno qualsiasi, è stato capace di farsi pagare la liquidazione dalla Rai in natura, con l’archivio di tremila ore di “La Storia siamo noi“. Il meglio della cineteca storica della Rai gli fu  ceduta da Mauro Masi nel 2010. Quelle immagini sono il servizio pubblico ma sembrerebbe, secondo Salvatore Merlo, che Egli stia tentando di utilizzare questo generoso contenzioso con la Rai, vecchio di dieci anni, come un “impercettibile strumento di persuasione” per mettersi in gioco nella imminente partita delle nomine in Rai.

Ma sono i rapporti commerciali ancora più pesanti che legano la tv pubblica alla casa di produzione Lux Vide di Matilde e Luca Bernabei, moglie e cognato di Gianni, ad incasinare il tutto. Così come ad aggrovigliare la recente nomina di Giovanni Minoli a commissario della Film commission Calabria.

Minoli (memore delle esperienze di “Un posto al sole” in Campania e “Agrodolce” in Sicilia) in Calabria sta completamente stravolgendo la natura della fondazione regionale calabrese. «Quello che mi è stato chiesto è di mettere in piedi l’industria della fantasia che potesse vivere attraverso la fiction seriale». La leva sono gli Studios da realizzare a Lamezia Terme, nel frattempo la Film Commission del vecchio socialista si è dotata di un elefantiaco staff, fatto di assunzioni di amici e compari del centro destra regionale e uno stuolo di consulenti storici. In tale apparato chiaramente, hanno trovato sistemazione i clientes di alcuni assessori regionali e l’ex capo della segreteria della defunta presidente Jole Santelli, Gianpaolo Calabrese. Il tutto condito dalla nomina del sovrintendente del Politeama di Catanzaro nonchè patron del Magna Grecia Festival Gianvito Casadonte. Un apparato da oltre mezzo milione di euro che con le apparizioni di Polimeni e il suo amico commissario Longo a “Non è l’Arena” fanno sembrare la Regione la Terra promessa (ad alcuni). Miliardi di perdite da ripianare per le Asp ancora senza bilanci, dieci anni di malasanità senza una sola inchiesta che faccia luce sui malfattori e, per converso, cinema e Muccino e Minoli. La frase «Se non hanno più pane, che mangino brioche» è tradizionalmente attribuita a Maria Antonietta che l’avrebbe pronunciata riferendosi al popolo affamato, ma pare davvero sia una bufala. Solo in Calabria infatti qualcuno avrebbe potuto pronunciarla ma non in francese, in dialetto.

Le Fiamme Gialle in ascolto annotarono “l’esistenza di contatti intercorsi tra Palamara e Giovanni Minoli, giornalista saggista e conduttore televisivo”. I due, secondo quanto emerso dalle intercettazioni captate, hanno rapporti stretti di confidenza, e si confrontano sugli articoli pubblicati nel periodo “caldo” del terremoto sulle toghe, prospettandogli la possibilità di rendere un’intervista per la trasmissione “Mezz’Ora in più” (RAITRE) condotta dalla giornalista Lucia Annunziata. Nel periodo monitorato dai finanzieri, tra il 13 marzo ed il 5 giugno 2019 , i due si parlano ben otto volte. In una telefonata Minoli fa addirittura i complimenti a Palamara per un’intervista. Telefonate durante le quali Minoli sembra essere lo “spin doctor” del magistrato. I due si sentono due volte il 29 maggio 2019. “’La Repubblica è la risposta al Fatto” afferma Palamara e chiede un consiglio a Minoli, poichè il giornalista di Repubblica Claudio Tito, gli aveva chiesto se volesse replicare ma il magistrato è dubbioso e non sa cosa rispondere.

Minoli con moglie e cognato (cioè la Lux vide) lavorano assiduamente con la Rai ( prodotti come Don Matteo, Un passo dal cielo, I Medici, Che Dio ci aiuti, Sotto copertura, C’era una volta Studio Uno).  Il ministro della Cultura Dario Franceschini (da anni il padrone di fatto del Pd)  starebbe valutando di spingere come prossimo amministratore delegato della Rai il suo uomo di fiducia (e segretario generale al Mibact) Salvo Nastasi. Nastasi è il genero di Minoli avendo sposato Giulia Minoli, figlia di Gianni e Matilde Bernabei. Vedremo come si evolveranno i rapporti Minoli-Bernabei-Rai, per adesso registro (ho aspettato diversi giorni dopo l’annuncio di Spirlì sugli Studios) il silenzio tombale della politica di qualsivoglia colore sull’operazione Minoli-Studios. Nemmeno il rivoluzionario ai maccheroni De Magistris sbarcato in Calabria dopo aver governato Napoli come nemmeno Masaniello, ha detto una parola. Tacciono tutti, dalle Sardine ai grillini e così si evidenzia che col cinema questa Calabria la riprendiamo per davvero, perchè la Calabria, lo ha capito Minoli, non è il luogo suggestivo dove girare fiction. La Calabria è una fiction.

La prova, involontaria e casuale, sta proprio nel corto girato da Muccino che da 1,7 milioni ci ha dovuto fare uno sconto. E sapete perchè ha dovuto farlo ? Perchè ha inserito il finocchietto nella soppressata, l’inflessione siciliana con le coppole e gli asini in giro per i paesi. Muccino in cambio di tanti soldi ci ha restituito le immagini incresciose di una Calabria inesistente, così come Minoli ha già in testa lo slogan per il nostro futuro. Gentilmente concesso dalla moglie Matilde sarà “Che Dio vi aiuti”. Dopo sei stagioni con una suora, la Calabria diventa una fiction per aiutare moglie, cognato e compari.